2010-04-16 15:22:35

Haiti: il dramma dei bambini a tre mesi dal terremoto


Sono oltre un milione e 500 mila i bambini ancora a rischio ad Haiti, a tre mesi dal terremoto. Più di 4.300 strutture scolastiche e 50 centri sanitari sono inagibili. Lo denunciano l’Ong Save the Children insieme all’Unicef. Secondo i loro ultimi rapporti, la situazione sta lentamente migliorando. Rimangono però molti problemi che minacciano il futuro della popolazione dell’isola, come la mancanza di adeguati servizi igienici e il rischio di violenze contro le donne nei campi di sfollati. Ma a quanti bambini Save the Children è riuscita a portare aiuto finora? Al microfono di Valeria Mura ce ne parla il direttore generale dell’associazione, Valerio Neri:RealAudioMP3

R. – Siamo riusciti ad oggi - in tre mesi - a portare aiuto ad almeno 550 mila di questi bambini e alle relative famiglie. Abbiamo costituito vari campi tendati, in cui i bambini – sia che abbiano famiglie vicine, sia che abbiano adulti di riferimento, ma anche che non li abbiano – vengono accolti. Via via, col passare delle settimane, questi centri vanno sempre più migliorando, da un punto di vista logistico e con l’ausilio di tende dedicate soprattutto agli ambienti scolastici. Piano piano, tutto sta procedendo per il meglio.
 
D. – In che senso lei dice che il lavoro sta procedendo “pian piano”?
 
R. - Io dico “piano piano”, perché bisogna ammettere che lavorare ad Haiti continua ad essere molto difficile. Si tratta di uno Stato che era povero già prima, senza strutture amministrative efficienti e quindi la ricostruzione stessa sta prendendo molto più tempo di quel che sarebbe stato augurabile e sperabile. Anche noi di "Save the Children" stiamo incontrando più difficoltà di quel che avremmo voluto nel riuscire ad implementare tutti i nostri programmi. All’inizio, tutto si è concentrato su Port-au-Prince e le cittadine intorno erano state un po’ abbandonate: adesso, a tre mesi dal terremoto, gli aiuti sono arrivati ovunque.
 
D. – Quali sono i problemi più gravi che ancora rimangono irrisolti?
 
R. - Il problema è che ci sono ancora molti dispersi, probabilmente persone ormai morte. Rimane poi il problema degli orfani, che sono veramente tanti: è un problema molto grande, perché ovviamente bisogna cercare di dare un futuro a questi bambini e questo al di là della possibilità di sistemarli in altri Paesi attraverso le adozioni internazionali, che pure – augurabilmente – potranno riprendere correttamente e seriamente in una fase un po' più avanzata. Il problema, ancora, è curare i tanti feriti. Ci sono tantissimi bambini che hanno perso gli arti e si trovano, quindi, in una situazione di handicap fisico molto forte. Ci sono bambini che hanno avuto stress psicologici fortissimi. Questi aspetti psicologici oggi stanno emergendo sempre più, così come è normale che sia in queste situazioni di emergenza, mano a mano che la situazione pratica va migliorando. Tengo a dire proprio questo: la situazione va migliorando, non si sta certo mettendo tutto a posto, perché la situazione ad Haiti continua ad essere difficile, molto difficile, logisticamente parlando.
 
D. – Dal punto di vista logistico quali sono le cose più importanti da fare, ancora?
 
R . - Le ricostruzioni non sono partite, i campi tendati non sono ancora accettabili e bisogna aumentare la capacità di portare tende, di dare servizi alla popolazione concentrata nei campi. Bisogna far ripartire l’economica: anche noi stiamo offrendo denaro alla popolazione per fare tutti i lavori che ci servono, proprio come "Save the Children", e questo per aiutarla a ripartire economicamente, almeno con la gestione familiare. Anche questo, però, sta tardando: tutto è molto, molto, molto difficile in quello scenario. Bisogna, però, anche essere ottimisti, perché è vero, sì, che le cose stanno andando troppo piano per quello che noi vorremmo, ma certamente stanno andando nel verso giusto. (Montaggio a cura di Maria Brigini)







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