A tre mesi dal terremoto, conclusa la missione umanitaria italiana ad Haiti
A tre mesi dal terremoto, si è conclusa ieri a Civitavecchia, con il rientro della
portaerei “Cavour”, la missione italiana di soccorso alla popolazione di Haiti. In
due mesi di attività, sull’isola caraibica sono stati distribuiti 12mila chili di
generi alimentari, 36mila litri di acqua potabile, e circa 180mila chili di medicinali.
150 i pazienti soccorsi. Notevole il supporto logistico dei militari nel fronteggiare
l’emergenza. Massimiliano Menichetti ha intervistato sorella Orietta Nicolini,
del Corpo delle infermiere volontarie della Croce Rossa italiana, che ha partecipato
alla missione:
R. – Per
me è stato scioccante vedere come queste persone vivono: per le strade distrutte,
esistono soltanto bidonville, fogne a cielo aperto, mucchi di spazzatura, di detriti
e di rottami difficili da smaltire. I bambini sono per la strada. In questi posti
circolano animali di ogni genere: vivono tutti insieme. Ci sono persone che non hanno
niente, ma quello che è peggio è vedere che sono persone rassegnate.
D.
– Avete operato con i militari. In concreto, qual è stata la vostra attività?
R.
– Noi abbiamo offerto il supporto sanitario. In alcune zone non lo aveva dato nessuno,
quando siamo arrivati noi. Hanno dovuto usare gli elicotteri per raggiungere persone
che erano state traumatizzate e di cui nessuno si era preso cura. Gli interventi giornalieri
sono stati circa 40-50 al giorno. Ad Haiti c’è anche una situazione di assistenza
molto carente o meglio non esiste assistenza pubblica per cui quando sono arrivate
queste forze che hanno potuto offrire medici, ma anche medicinali, è stato importantissimo
per loro.
D. – Praticamente la popolazione, oltre
a fronteggiare ciò che il terremoto ha comportato, ha iniziato a curarsi per patologie
pregresse?
R. – Senz’altro e soprattutto gli ultimi
15-20 giorni è stato un vero e proprio servizio ambulatoriale di patologie pregresse.
D. – A dare assistenza sanitaria ad Haiti c’è anche
un ospedale dei salesiani che, peraltro, è stato aiutato dai militari del Genio, trasportati
dalla "Cavour"…
R. – C’era un muro di separazione
tra questo ospedale dei Salesiani ed una bidonville che era crollato. I militari hanno
aiutato a ricostruire questo muro, anche con l’aiuto delle forze della Marina: con
loro sono scese anche due suore della Croce Rossa, perché una è architetto e l’altra
ha fatto lavori di manovalanza. Si sono alternate in questi turni per la ricostruzione.
D. – Tra le tante cose che l’hanno colpita, dei
disegni dei tanti bambini di Haiti che avete soccorso...
R.
– Erano disegni che riportavano delle navi. Questi bambini aspettavano che qualcuno
tendesse loro una mano. Hanno dei volti molto tristi, ma abbiamo potuto vedere che
stando a contatto con noi in breve era tornata loro una spinta a vivere, era ritornata
la speranza.
D. – Di cosa c’è bisogno ancora sull’isola?
R.
– Questo ritengo che sia solo l’inizio, perché lì bisogna ricostruire da capo. Noi
abbiamo soltanto "gettato un mattone", ma adesso bisogna tirare su le mura.