Lettera della Cei sul rinnovamento della catechesi nell'attuale clima d'indifferenza
e soggettivismo
“Il rinnovamento della catechesi”: questo il titolo documento di base (Db), che la
Conferenza episcopale italiana, a 40 anni dalla sua pubblicazione, nel 1970, ripropone
all’attenzione di tutte le componenti della comunità ecclesiali, ad evidenziare “gli
effetti positivi” che ne sono conseguiti nell’azione pastorale. Da qui la lettera
della Commissione episcopale per la dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi,
rivolta “alle comunità, ai presbiteri e ai catechisti”, intitolata “Annuncio e catechesi
per la vita cristiana”. Nel testo – diffuso stamane dall’agenzia Sir - la Cei segnala
“le sfide con cui devono fare i conti oggi l’evangelizzazione e la catechesi, e le
nuove esigenze a cui devono rispondere nel contesto del nostro Paese, profondamente
mutato rispetto a quarant’anni fa”. “Non rassegniamoci a lasciare che l’uomo viva
solo in superficie, o che diventi schiavo del conformismo”, l’invito della lettera,
in cui si afferma che “nel cammino della Chiesa italiana il Db ha soprattutto messo
in evidenza il primato dell’evangelizzazione”. Il Db, è stato “la prima strada attraverso
la quale i documenti conciliari sono arrivati alla base”: in Italia, “ha favorito
il nascere e l’impiantarsi di una nuova sensibilità missionaria, ha introdotto nuove
tematiche, un nuovo linguaggio, un nuovo metodo di lavoro”, elaborato “con la collaborazione
di tutte le Chiese in Italia”. Sul piano dei contenuti della fede, il Db “ci ha insegnato
che il centro vivo della catechesi è la persona di Gesù” ed “ha aiutato a veicolare
una visione rinnovata della fede”, per cui “la catechesi ha la finalità non solo di
trasmettere i contenuti della fede, ma di educare la ‘mentalità di fede’, di iniziare
alla vita ecclesiale, di integrare fede e vita, insegnandoci a leggere il nostro tempo
alla luce della parola di Dio”. In questa nuova prospettiva, i catechisti “sono maestri,
educatori e testimoni della fede”, ma “nella Chiesa ogni cristiano, in forza del battesimo
e della cresima, è responsabile dell’evangelizzazione: una responsabilità differenziata,
ma comune”. Questo “impegno di evangelizzazione”, che “deve raggiungere le persone
nella loro concreta situazione di vita”, che “non sono semplici destinatari della
catechesi, ma protagonisti del proprio cammino di fede”. Anche il contesto sociale
“va guardato con gli occhi della fede”: di qui la necessità di “essere fedeli alla
parola di Dio e alle esigenze della persona”. Quella di oggi – si legge ancora nella
lettera della Cei - è un’Italia con “larghe tracce di tradizione cristiana”, ma in
cui “si diffonde una concezione della vita, da cui è escluso ogni riferimento al Trascendente”.
Razionalismo, scientismo, relativismo, materialismo consumista: sono questi, per la
Chiesa italiana, gli “influssi culturali” che hanno caratterizzato, in questi 40 anni,
il “processo di secolarizzazione” che ha investito l’Italia, dove “sorti scenari culturali
e religiosi nuovi che, se da una parte richiedono costante fedeltà agli orientamenti
del Db, dall’altra esigono scelte pastorali e catechistiche nuove”, poiché “la Chiesa
si trova in Italia di fronte a una situazione profondamente mutata rispetto a quella
del 1970”. L’indifferenza religiosa, l’irrilevanza attribuita alla fede, in base alla
quale giovani e adulti “non negano Dio, semplicemente non sono interessati”, il soggettivismo,
che “induce molti cristiani a selezionare in maniera arbitraria i contenuti della
fede e della morale cristiana”. Tutti fenomeni, questi, grazie ai quali la religione
“viene relegata nella sfera del privato, con la conseguente relativizzazione dei contenuti
storici e dottrinali del messaggio cristiano e dei modelli di comportamento che ne
derivano”. Senza contare il “crescente pluralismo culturale e la pervasività della
comunicazione multimediale”. (R.G.)