Banca Mondiale: migliaia di bambini africani uccisi dalla crisi economica
In Africa la crisi economica continua a mietere vittime, tra le decine di migliaia
di persone morte sotto la falce della povertà, soprattutto bambini. Almeno 50 mila,
per lo più ragazzine che spesso non arrivano al compimento del primo anno di età,
secondo una ricerca condotta dalla Banca Mondiale, hanno perso la vita nel 2009 nell'Africa
subsahariana in conseguenza della crisi economica e finanziaria globale. L'istituto
finanziario internazionale conferma cioè come la crisi, che nei Paesi del nord del
mondo che l'hanno provocata ha significato un relativo impoverimento generale e forti
difficoltà per i ceti più deboli, in Africa abbia già riscosso un pesante tributo
di vite umane. Gli autori della ricerca, hanno stimato il numero di morti infantili
nell’Africa subsahariana dovute alla crisi raccogliendo dati sulla natalità in tutte
le nazioni dell’area e in particolare su 639 mila nati da 264 mila donne in trenta
Paesi. Utilizzando complessi modelli statistici, i ricercatori sono riusciti a stimare
la probabilità di morti infantili in funzione delle oscillazioni del reddito nazionale,
delineando una situazione che viene ad aggravare la già spaventosa dimensione del
fenomeno. Secondo le statistiche, infatti, ogni anno in Africa muoiono tre milioni
di minori: in particolare si tratta di bambini poveri, nati da donne poco istruite
che vivono in aree rurali. Ad aggravare la loro situazione le continue carestie, il
declino delle esportazioni e altri problemi di natura economica causa principale dell’abbandono
scolastico, o della perdita di accesso ai servizi sanitari, come emerge da una serie
di ricerche sull’impatto delle crisi economiche. Se la crisi peggiorerà, avverte la
Banca Mondiale, «il numero di morti potrebbe crescere di molto, specie quello delle
bambine». Tutti questi fattori, secondo gli esperti, porranno quei bambini in una
condizione di svantaggio, anche per molto tempo dopo la fine della crisi, poiché i
piccoli che soffrono di malnutrizione, specie dal concepimento all’età di due anni,
saranno probabilmente più bassi di statura da adulti, saranno meno istruiti e guadagneranno
meno nel corso della loro vita. «Il prodotto interno lordo va giù un anno e poi alla
fine recupera, ma un bambino malnutrito non si riprende. E un bambino che lascia
la scuola probabilmente non ci ritornerà più», ha spiegato Harold Alderman, un economista
che ha studiato l’impatto di precedenti crisi in Paesi come la Tanzania e lo Zimbabwe.
(C.S.)