Mons. Marchetto: no ai respingimenti di immigrati se c'è il rischio di violazione
dei diritti umani
“Le intercettazioni e i decentramenti operati dalle autorità europee in molti casi
rende impossibile a migliaia di persone raggiungere la costa nord del Mediterraneo,
o persino di lasciare il loro Paese di origine o di transito”. E’ quanto afferma mons.
Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti
e gli Itineranti, nel suo discorso, anticipato alla stampa e previsto domani a Roma
in occasione della II Conferenza Europea del Consiglio Nazionale Francese-Scuola Superiore
dell'Avvocatura. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Nel Mediterraneo
sono entrati in relazione, grazie anche ai migranti, mondi vicini nello spazio, ma
lontani dal punto di vista culturale, religioso e sociale. Ogni anno decine di migliaia
di persone cercano di eludere i controlli alle frontiere terresti e marittime. E le
notizie su questi flussi irregolari – afferma il presule - hanno fomentato in diversi
Paesi una sorta di “panico” per una presunta invasione di immigrati. Per arginare
l'immigrazione irregolare è emersa l’urgenza di collaborare “nella lotta” contro tale
fenomeno, incoraggiando la promozione di accordi di riammissione nei Paesi di partenza.
Ma va comunque ricordato – osserva mons. Agostino Marchetto – che tali accordi devono
rispettare la Convenzione di Ginevra del 1951 e quella del 1950 sui Diritti Umani.
L’arcivescovo ribadisce poi la propria posizione di condanna per chi non osserva il
principio di non respingimento, "che sta alla base del trattamento da adottare per
coloro che fuggono da persecuzioni". “Un altro diritto violato nell'atto di
intercettare e respingere i migranti sulle coste africane del Mediterraneo è quello
al giusto processo”. I respingimenti – sottolinea l'arcivescovo – “vanno contro lo
stesso ‘Codice frontiere Schengen', dove si dichiara che tutte le persone alle quali
è stato negato l'ingresso al territorio avranno il diritto di appello”. "Il
fatto tragico – sottolinea inoltre l’arcivescovo – è che non tutti coloro che partono
dalle coste nordafricane e affidano il loro destino al Mediterraneo, arrivano alla
sognata Europa”. In migliaia sono stati trovati senza vita o risultano dispersi. Auspicando
che il Mediterraneo sia realmente un Mare di diritti umani, mons. Agostino Marchetto
si sofferma quindi sull’attuale scenario proponendo alcuni significativi e drammatici
esempi. Il presule ricorda, in particolare, il rapporto di Human Rights Watch del
settembre del 2009 che denunciava l’intercettazione, da parte di guardie costiere
italiane, di migranti africani respingendoli forzatamente in Libia, come previsto
da un accordo bilaterale tra i governi di Tripoli e Roma, senza valutare però la possibilità
che vi fossero tra loro rifugiati o persone vulnerabili. “In Libia – aggiunge
l’arcivescovo - esistono centri di detenzione e di rimpatrio dove le condizioni variano
da accettabili a disumane e degradanti". L’accesso a questi centri è difficile per
cui “è arduo monitorare il rispetto dei diritti umani”. Nessuno – conclude
mons. Agostino Marchetto - può essere “trasferito, espulso o estradato verso uno Stato
dove esiste il serio pericolo che la persona sarà condannata a morte, torturata o
sottoposta ad un trattamento disumano”.