Elezioni in Sri Lanka: il partito del presidente si proclama vincitore
Il giorno dopo le elezioni legislative in Sri Lanka, la Commissione elettorale di
Colombo ha annunciato di aver sospeso la pubblicazione dei dati nazionali riguardanti
il voto. La decisione è da ricondurre ad un nuovo conteggio delle preferenze in varie
sezioni dove ci sono state irregolarità. Il partito di governo, l'Alleanza per la
libertà del popolo unito, del presidente Mahinda Rajapakse, ha comunque già proclamato
la vittoria: in base ai dati provvisori resi noti prima della sospensione, lo schieramento
del capo dello Stato è in testa con il 63,2 per cento delle preferenze, mentre il
Partito di unità nazionale all'opposizione è attestato al momento al 27,6 per cento.
Con un’affluenza alle urne di poco superiore al 50% degli oltre 14 milioni di aventi
diritto, si attendono anche notizie sulle zone a maggioranza Tamil, per quelle che
sono state le prime elezioni dopo oltre 30 anni di guerra con un bilancio di oltre
80 mila vittime. Di queste legislative e dell’affermazione dello schieramento presidenziale,
prevista alla vigilia del voto, Giada Aquilino ha parlato con Emilio Asti,
docente di Culture orientali all’Università Cattolica di Milano:
R. – Era
prevista, in quanto le forze dell’opposizione non erano ben organizzate e c’era molta
divisione. Quindi chiaramente la vittoria è andata al partito meglio organizzato.
Inoltre, il partito del presidente poteva vantarsi di aver posto termine alla guerra
civile fra le Tigri Tamil e il governo singalese. Poi, con l’uccisione di Prabhakaran,
è stato posto termine al conflitto. Purtroppo, però, la situazione della popolazione
Tamil, nel nord e nell’est dell’isola, rimane ancora drammatica.
D.
– Proprio Rajapakse, prima delle elezioni, aveva promesso di discutere con
i Tamil una forma di condivisione del potere nelle zone del nord-est. Come è possibile?
R.
– Da parte del governo dello Sri Lanka deve esserci la disponibilità ad una devolution,
cioè a concedere un’ampia autonomia alle zone abitate in maggioranza dai Tamil e a
garantire l’uguaglianza tra le varie comunità e le varie religioni presenti nell’isola.
Lo Sri Lanka, ricordiamo, è uno Stato multietnico.
D.
– Alle presidenziali di gennaio Rajapakse è stato riconfermato per altri sei anni
alla guida del Paese e non ha nascosto di puntare in questo voto ai due terzi dei
seggi parlamentari necessari per modificare la costituzione, che al momento limita
a due i mandati presidenziali...
R. – In questo caso
si creerebbero problemi abbastanza seri, in quanto il Paese avrebbe bisogno di un
ricambio veramente profondo a tutti i livelli, un ricambio che poi potrebbe permettere
anche un dialogo più serio e credibile con i rappresentanti dei Tamil. Fino a quando
i diritti della popolazione Tamil non vengano garantiti, rimarranno sempre motivi
di scontento e potranno sorgere anche gruppi che possono decidere di riprendere le
armi contro il governo dello Sri Lanka.
D. – Quindi,
dopo oltre 30 anni di guerra tra forze governative e Tigri Tamil, oggi lo Sri Lanka
che Paese è?
R. – E’ ancora profondamente diviso,
impoverito da tutti questi anni di conflitto. Un Paese, inoltre, in bilico tra tradizione
e modernità, che non riesce a garantire un assetto istituzionale, in grado di garantire
un futuro più tranquillo per le varie etnie presenti nel Paese. Molto dipenderà dall’atteggiamento
del governo dello Sri Lanka, dalla maggioranza singalese, che potrebbe intraprendere
iniziative per un dialogo veramente sincero con tutte le forze rappresentative dei
Tamil. Quindi, è necessario che venga trovato un accordo. Adesso le varie forze Tamil
non rivendicano più uno Stato autonomo: si accontenterebbero di una larga autonomia.
Quindi, toccherebbe adesso al governo singalese compiere il primo passo in questa
direzione.