Cinque anni fa i funerali di Papa Wojtyla celebrati dal cardinale Ratzinger: grazie
all'amore per Cristo portò un peso oltre le forze umane
L’8 aprile del 2005, una moltitudine di fedeli rendeva, in Piazza San Pietro, l’ultimo
commosso saluto a Giovanni Paolo II. Un evento che, anche grazie ai mass media, assunse
una dimensione planetaria e che, ancora oggi, resta scolpito nella memoria di milioni
di persone. A rendere ancor più straordinario, provvidenziale, quel momento la circostanza
che a presiedere la celebrazione dei funerali fu l’allora cardinale decano Joseph
Ratzinger. Quasi un ideale passaggio di testimone. Nel servizio di Alessandro Gisotti
ripercorriamo le intense emozioni di quel giorno: Il
vento che sfoglia il Vangelo. La folla di fedeli che grida “Santo Subito”. Le bandiere
polacche listate a lutto. Il suono della campane. La porpora dei paramenti dei cardinali
celebranti. Le strette di mano tra leader di Paesi nemici. Immagini e suoni indelebili
di un evento che è stato innanzitutto una testimonianza di fede. Per un quarto di
secolo, Giovanni Paolo II aveva percorso le vie del mondo per annunciare la Buona
Novella. Ed ora, sembra che il mondo si sia raccolto in Piazza San Pietro per abbracciare
ancora una volta il Papa “venuto da lontano”. Per ringraziare il sacerdote, il pastore,
l’uomo che a tutti ed ognuno ha ripetuto instancabilmente: “Non abbiate paura. Aprite,
anzi spalancate le porte a Cristo”. Nel riascoltare le testimonianze dei fedeli convenuti
a Roma in quei giorni, si coglie la consapevolezza che Karol Wojtyla è sì tornato
alla Casa del Padre, ma è ancora, anzi di più, vivo in mezzo a noi:
R.
– Ci ha fatto conoscere direttamente la persona di Gesù, non valori astratti, ma una
persona e questo sicuramente rimarrà per sempre.
D.
– Cosa rappresenta per te questa perdita?
R. – Rappresenta
un punto di partenza verso una fede più matura, più consapevole anche senza il Papa,
ma soprattutto con il suo appoggio, adesso che è vicino a Cristo e può aiutarci molto
di più e indirizzarci con più forza verso il cammino che ci ha indicato durante la
sua vita.
R. – Noi stiamo qui a Roma dalle 4 di questa
mattina. Stiamo in fila perché vogliamo dire grazie al Papa.
R.
– Il disagio è sopportabile perché se consideriamo quello che lui ha dato a noi, questo
è il minimo che noi possiamo fare per lui.
R. – Per
me è il Santo di tutti!
R. – Ha parlato al cuore
di tutti, ma con un linguaggio universale: il linguaggio di Cristo.
E
Giovanni Paolo II “è diventato una sola cosa con Cristo”. Lo sottolinea il cardinale
Joseph Ratzinger, che, nell’omelia esequiale, ricorda il tragitto terreno di Karol
Wojtyla. Il Successore di Pietro, ma anche l’amico fraterno con il quale ha condiviso
l’amore senza riserve per Cristo e la Chiesa. “Seguimi”. Per tutta la sua vita, afferma
il futuro Pontefice, Giovanni Paolo II ha risposto alla chiamata del Signore. E’ questo
il segreto, il mistero della sua forza:
“L’amore
di Cristo fu la forza dominante nel nostro amato Santo Padre; chi lo ha visto pregare,
chi lo ha sentito predicare, lo sa. E così, grazie a questo profondo radicamento in
Cristo ha potuto portare un peso, che va oltre le forze umane: Essere pastore del
gregge di Cristo, della sua Chiesa universale”.
Il
cardinale Ratzinger conclude la sua omelia rivolgendosi direttamente a Karol Wojtyla.
Le sue parole, pronunciate con voce commossa, interpretano i sentimenti del popolo
di Dio e manifestano con forza il legame in Cristo tra Giovanni Paolo II e Benedetto
XVI:
“Possiamo essere sicuri che il nostro amato
Papa sta adesso alla finestra della Casa del Padre, ci vede e ci benedice. Sì, ci
benedica, Santo Padre. Noi affidiamo la tua cara anima alla Madre di Dio, tua Madre,
che ti ha guidato ogni giorno e ti guiderà adesso alla gloria eterna e del Suo Figlio,
Gesù Cristo nostro Signore”.