Sulle intimidazioni al priore di una Confraternita di Sant'Onofrio, ferma condanna
dell'arcivescovo di Reggio Calabria, mons. Mondello
La vicenda dell'Affruntata di Sant'Onofrio, in provincia di Vibo Valentia,
la rappresentazione religiosa sospesa dopo l'intimidazione subita dal priore della
confraternita del SS. Rosario che l'organizza, Michele Virdò - per il divieto alla
partecipazione ad affiliati alle cosche - approda alla procura antimafia di Catanzaro.
Gli inquirenti sospettano che i due colpi di pistola sparati contro il cancello dell'abitazione
del priore, alla vigilia di Pasqua, giorno dell'Affruntata, siano opera della
‘ndrangheta. Tra gli indizi anche una trentina di proiettili trovati in una nicchia
del cimitero in una perquisizione eseguita dopo il fatto. Dopo gli interrogatori del
priore e del parroco del paese, a Sant’Onofrio ci s’interroga sull’opportunità di
replicare la processione domenica prossima. Dura la condanna da parte dell’arcivescovo
di Reggio Calabria – Bova, e presidente della Conferenza episcopale calabra, mons.
Vittorio luigi Mondello, raccolta da Fabio Colagrande:
R. – Le chiese
di Calabria non sopportano più che gente appartenente a gruppi mafiosi debba dirigere
le nostre feste religiose. Io da anni vado dicendo che sono proprio i mafiosi ad essersi
impossessati delle nostre feste religiose. Ora, quello che è successo a Sant’Onofrio
è che i mafiosi volevano continuare a dirigere, a governare, a guidare le processioni
e giustamente la comunità si è ribellata e anche il vescovo ha sospeso la processione.
Finalmente si prende coscienza che è impossibile andare avanti con quel sistema, che
rendeva le nostre feste una contro testimonianza, anziché una testimonianza di fede.
D.
– Quello che succede, dunque, in alcuni centri della Calabria è che la ‘ndrangheta
vuole far sentire il suo peso, la sua forza, anche nell’organizzazione delle feste
religiose...
R. – Certo. Non è soltanto questo: un
far sentire la sua forza. Sono persone che non vanno in chiesa, ma che dal punto di
vista ancestrale, per una tradizione di generazione in generazione, erano impegnati
a guidare le feste religiose. Pur non sentendo niente del cristianesimo, hanno dentro
di loro questo desiderio verso quel Santo. Non gli interessa niente di Gesù Cristo,
ma guai a toccargli quel Santo o quella Santa. Loro devono manifestare la loro devozione,
il loro amore, guidando loro le processioni. Cosa che non è accettabile, evidentemente.
D.
– Una processione come l’Affruntata di Sant’Onofrio ha anche un vero e proprio significato
religioso...
R. – Molte di queste feste religiose,
direi quasi tutte, sono nate in tempi in cui la fede era vera, autentica, e sono espressioni
di fede. E’ successo che durante i secoli e le varie generazioni, questa fede iniziale
si è perduta. In questi “nipoti” di oggi, chiamiamoli così, non c’è più la fede degli
antenati, per cui quella manifestazione veniva vista come un atto di fede vero. Oggi
viene visto come un atto folkloristico. Evidentemente questo non è più nello spirito
cristiano con cui è nata quella festa e con cui noi vogliamo che continui ad esistere.
D.
– I sacerdoti, i vescovi che si impegnano a lottare contro la criminalità organizzata,
anche impedendo manifestazioni di questo genere, danno una testimonianza molto importante,
molto forte...
R. – E’ da decenni che noi lottiamo
perché vengano purificate queste processioni. Bisogna che passi tanto tempo in dialogo
sereno, fraterno, anche con queste persone, perché le cose possano cambiare in bene
secondo la visione della Chiesa.
D. – Una Chiesa
quella calabrese che non si lascia intimorire anche da attentati come quello al priore
a Sant’Onofrio...
R. – No, grazie a Dio no. Andiamo
avanti. Purtroppo queste manifestazioni, questi tentativi di intimorire ci possono
essere, ma sono frutto – ripeto – di vecchi modi di agire, che oggi non hanno più
grande presa. (Montaggio a cura di Maria Brigini)
Ma
per quale ragione i mafiosi ritengono importante presenziare alle cerimonie religiose?
Don Giuseppe Fiorillo, parroco del duomo di Vibo Valentia, lo spiega al microfono
di Francesca Sabatinelli:
R. – Penso
che non abbiano altro interesse a presenziare a queste manifestazioni, se non per
dire “ci siamo”, soprattutto parlando di questa “Affruntata”. I vescovi hanno voluto
che fosse un fatto di comunità, se nonché in qualche paese – probabilmente anche a
Vico Sant’Onofrio – c’è questa consuetudine antica che una delle “famiglie” abbia
questo senso di dominio. A questa gente non interessa tanto il discorso di fede quanto
il discorso di apparire, di essere applauditi …
D.
– Don Giuseppe, secondo lei questa azione della Chiesa è efficace?
R.
– Io penso di sì. Inciderà, a lungo andare, ma probabilmente la Chiesa – la Chiesa
del Sud – dovrebbe compiere anche dei gesti forti. Se queste processioni, se queste
“Affruntate” non dovessero essere trasparenti, limpide, penso che la Chiesa dovrebbe,
con un atto di coraggio, dire che per un po’ di anni si debbano abolire queste manifestazioni
se non sono veramente manifestazioni di comunità.
D.
– Quindi non riferendoci soltanto alle “Affruntate”, secondo lei la Chiesa dovrebbe
andare oltre?
R. – Andare oltre: andare oltre! Dovremmo
potenziare di più l’aspetto della Parola, l’aspetto religioso del messaggio, di qualsiasi
festa sia! In senso positivo, bisogna coltivarlo e curarlo. Penso che chi ha nell’animo
qualcosa di malvagio non pensa al messaggio di perdono, di amore; non pensa a Cristo
che è morto per noi fino all’ultima goccia di sangue, ma pensa a spargere il sangue.
Noi non dobbiamo prestarci assolutamente alla ‘vanitas’, alla vanità di queste persone
che magari portano queste statue quale gesto di dominio. Dovremmo interpellare veramente
i nostri vescovi, i vescovi di tutta la Calabria, di tutto il Sud, che diano un segnale
forte, loro stessi, perché un povero parroco che può fare, se è solo?