Giornalismo senza notizia: intervista col prof. Baggio
Di fronte all’escalation mediatica che, in questi giorni, ha cercato di attaccare
Benedetto XVI ad ogni costo, è necessario riproporre con forza un’etica della responsabilità
dei mass media. E’ quanto sottolinea il prof. Antonio Maria Baggio, docente
di Filosofia Politica all’Università Sophia di Loppiano, intervistato da Alessandro
Gisotti:
R. – Io ho
letto attentamente gli interventi del New York Times e dello “Spiegel”; certamente
c’è una irresponsabilità etica perché ci si trova di fronte – questa è l’impressione
– non tanto ad un lavoro giornalistico di inchiesta, cosa che sarebbe apprezzabile,
perché conviene a tutti che venga fuori davvero la verità, fino in fondo, e possibilmente
solo quella, però: non delle invenzioni! Quello che si nota è, appunto, la difesa
di una tesi, precostituita: attaccare il Papa significa andare ad attaccare il frutto
più visibile e migliore di una Chiesa che, peraltro, è ricca di molte altre cose.
In questi interventi io troverei però non soltanto irresponsabilità etica: c’è anche
l’ideologia! Cioè, un progetto di attacco alla Chiesa nella persona del Papa. E questi
due elementi si trovano mescolati diversamente in varie altre pubblicazioni. Il problema
è che questo si traduce in una incapacità professionale, cioè non è giornalistico
fare queste cose, tanto più che la notizia è un’altra: la notizia è che Benedetto
XVI non ha né approvato – figuriamoci! – né coperto i casi di pedofilia! Quindi, New
York Times, Spiegel e gli altri che li hanno imitati fanno giornalismo nonostante
la notizia. D. – La Chiesa non ha mai affrontato in modo così
rigoroso come con Benedetto XVI lo scandalo della pedofilia, eppure ora è oggetto
di attacchi anche feroci. Forse fa comodo tacitare chi, come la Chiesa, difende quei
valori come vita, famiglia sempre più sotto attacco? R. – Certamente!
In questo periodo, oltretutto, i valori cosiddetti “irrinunciabili” per i quali la
Chiesa si spende, sono essenzialmente tutti i valori umani rilevanti! Cioè, la Chiesa
è una forza che sta battendosi per tutti gli aspetti della vita umana, quindi la difesa
della vita che nasce e che muore, la questione della giustizia sociale … Se noi vediamo
l’insieme di ciò che la Chiesa fa, vediamo che c’è una lotta radicale a favore dell’uomo.
Poi ci sono gli errori che le persone che sono nella Chiesa possono commettere: per
questo è giusto andare fino in fondo, e mi pare che questa sia la linea che il Pontefice
ha dettato a tutti: cercare la verità. Ma perché soltanto la verità? Perché c’è il
pericolo di pesanti manipolazioni. I dubbi sulla strumentalità, sull’invenzione di
molte denunce sono forti, e questo non da ora, ma fin da quando scoppiò lo scandalo,
per la prima volta con forza, negli Stati Uniti! D. – A leggere
i giornali di questi giorni, sembra quasi che valga l’equazione “sacerdoti=pedofili”.
Si avverte anche quasi il tentativo di voler cancellare il contributo che il cristianesimo
ha offerto in particolare alla civiltà occidentale. Per esempio, si critica radicalmente
l’educazione cattolica … R. – Questo è molto vero e mette il
dito in una piaga ulteriore! C’è la critica ai sacerdoti che tende a coprirli con
un sospetto: in quanto sacerdoti sono sospettabili. Questa è veramente una infamia,
perché va contro la realtà dei fatti e di tutto ciò che i sacerdoti danno alla Chiesa
ma soprattutto alla società, perché il sacerdote vive dentro all’umanità, non vive
isolato o separato. E sotto a questa critica c’è l’attacco all’educazione cattolica
in generale ed ai valori che essa comunica, perché tiene in conto la purezza e il
culmine, uno dei possibili culmini di questa vita di purezza e dunque di libertà,
è il celibato. E invece, attaccando i sacerdoti, si vuole anche – sotto sotto – dire
che il celibato è una realtà insostenibile. Invece, non è così!