Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo di Pasqua
La liturgia del giorno di Pasqua ci presenta il passo del Vangelo in cui Maria di
Màgdala, recandosi al sepolcro di mattino, vede che la pietra è stata tolta dal sepolcro.
Corre allora da Pietro e Giovanni dicendo:
«Hanno portato via il Signore
dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».
"Infatti
non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti".
Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin,
professore di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:
La giornata
di Pasqua comincia con il grido angosciato di Maria di Magdala: “Hanno portato via
il mio Signore”, ripetuto fra le lacrime. E si sviluppa con un gran correre di qua
e di là, fino a notte fonda. Il cuore di tutti i discepoli e le discepole danza tra
paura e sorpresa, gioia e nostalgia, presenza ed assenza. Il sepolcro vuoto non è
il punto essenziale, ma solo la circostanza: centrale è il Vivente, il Maestro che
non giace più nella morte, e a cui il Padre ha donato vita nuova, costituendolo fonte
di vita per tutti. Non c’è bisogno di aromi e profumi: la sua risurrezione è il balsamo
eterno di novità e grazia. Mancano perfino le parole per dire e spiegarsi: perché
ciò che è avvenuto è nuovo, unico, divino. Le parole sono incapaci di dirlo con compiutezza.
Solo la nostra vita risorta, trasfigurata, saprà fornire il vocabolario adeguato e
convincente: perché la risurrezione non è una formula linguistica, o una ricompensa
benefica, ma è una grazia di trasformazione. Un dono di immortalità: da Cristo a noi,
a tutta l’umanità.