"Cristo è il miglior alleato delle donne vittime della violenza": così padre Cantalamessa
nella celebrazione della Passione
Il dramma della violenza sulle donne, spesso consumato al riparo delle mura domestiche,
è stato al centro dell’omelia del predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero
Cantalamessa ieri pomeriggio nella celebrazione della Passione del Signore, presieduta
da Benedetto XVI nella Basilica Vaticana. Cristo, nel sacrificio della Croce, è il
“migliore alleato” delle vittime di tali abusi, ha detto il sacerdote francescano.
“Metà dell’umanità deve chiedere perdono all’altra metà, gli uomini alle donne” -
ha proseguito – “Il sacrificio di Cristo ricorda che la violenza è sempre perdente”.
Il servizio è di Paolo Ondarza:
Il valore
moderno della difesa delle vittime, dei deboli, della vita minacciata è nato sul terreno
del cristianesimo, è un frutto tardivo della rivoluzione operata da Cristo, “vincitore
perché vittima”. Lo ha notato padre Cantalamessa constatando però come purtroppo “la
stessa cultura odierna che condanna la violenza, per altro verso, la favorisce e la
esalta”. “Violenza e sangue sono diventati ingredienti di maggior richiamo in film
e videogiochi” e "una generazione di giovani che ha avuto il rarissimo privilegio
di non conoscere una vera guerra si diverte a inventare piccole guerre negli stadi,
nel bullismo delle scuole e in certe manifestazioni di piazza". Ma c’è una violenza
ancora più grave ha sottolineato il predicatore della Casa Pontificia:
"Non
parlo qui della violenza sui bambini, di cui si sono macchiati sciaguratamente anche
elementi del clero; di essa si parla già abbastanza fuori di qui. Parlo della violenza
sulle donne. Molta di questa violenza è a sfondo sessuale. È il maschio che crede
di dimostrare la sua virilità infierendo contro la donna, senza rendersi conto che
sta dimostrando solo la sua insicurezza e vigliaccheria".
Le
vittime si ritrovano disperatamente sole e indifese, solo alcune grazie al sostegno
di tante associazioni trovano la forza di denunciare violenze che spesso si svolgono
all’insaputa di tutti e che addirittura vengono giustificate con pregiudizi pseudo-religiosi
e culturali.
"La violenza contro la donna non è mai
così odiosa come quando si annida là dove dovrebbe regnare il reciproco rispetto e
l'amore, nel rapporto tra marito e moglie. È vero che la violenza non è sempre e
tutta da una parte sola, che si può essere violenti anche con la lingua e non solo
con le mani, ma nessuno può negare che nella stragrande maggioranza dei casi la vittima
è la donna".
"Ci sono famiglie – ha rilevato padre
Cantalamessa – dove l’uomo si ritiene autorizzato ad alzare le mani sulle donne di
casa":
"A questi tali bisognerebbe dire amabilmente:
'Cari colleghi uomini, creandoci maschi, Dio non ha inteso darci il diritto di arrabbiarci
e pestare i pugni sul tavolo per ogni minima cosa. La parola rivolta a Eva dopo la
colpa: Egli (l'uomo) ti dominerà (Gen 3,16), era una amara previsione, non una autorizzazione".
Quindi
il religioso cappuccino ricordando la pratica delle richieste di perdono per torti
collettivi, inaugurata da Giovanni Paolo II, ha esortato gli uomini a chiedere perdono
alle donne con “gesti concreti di conversione, parole di riconciliazione all’interno
delle famiglie e della società”. Poi alle donne violate ha indicato Cristo, “il migliore
alleato”, colui che “ha conosciuto in tutta la sua crudezza “la situazione delle vittime,
le grida soffocate e le lacrime silenziose”.
"In
ogni vittima della violenza Cristo rivive misteriosamente la sua esperienza terrena.
Anche a proposito di ognuna di esse egli dice: 'L'avete fatto a me'".
In
Cristo viene spezzato il meccanismo del capro- espiatorio: è cioè Dio che si sacrifica,
non l’uomo che offre sacrifici a Dio – ha spiegato il sacerdote francescano. "Il sacrificio
di Gesù grida al mondo che la violenza è un residuo antico, una regressione a stadi
primitivi e superati della storia umana e che la violenza è perdente".
"Gesù
ha cambiato segno alla vittoria. Ha inaugurato un nuovo genere di vittoria che non
consiste nel fare vittime, ma nel farsi vittima. 'Victor quia victima!', vincitore
perché vittima, così Agostino definisce il Gesù della Croce".
Infine
un pensiero è andato ai fratelli ebrei, che per esperienza sanno cosa vuol dire essere
vittima della violenza collettiva: ricordando tra l’altro la coincidenza, quest’anno,
tra la Pasqua ebraica e quella cristiana padre Cantalamessa ha letto il seguente
passo di una lettera ricevuta da un amico ebreo in cui quest’ultimo esprime la propria
solidarietà al Papa, oggetto di recenti attacchi:
"Dice:
‘Sto seguendo con disgusto l'attacco violento e concentrico contro la Chiesa, il Papa
e tutti i fedeli da parte del mondo intero. L'uso dello stereotipo, il passaggio dalla
responsabilità e colpa personale a quella collettiva mi ricordano gli aspetti più
vergognosi dell'antisemitismo. Desidero pertanto esprimere a lei personalmente, al
Papa e a tutta la Chiesa la mia solidarietà di ebreo del dialogo e di tutti coloro
che nel mondo ebraico (e sono molti) condividono questi sentimenti di fratellanza.
La nostra Pasqua e la vostra hanno indubbi elementi di alterità, ma vivono ambedue
nella speranza messianica che sicuramente ci ricongiungerà nell'amore del Padre comune.
Auguro perciò a lei e a tutti i cattolici Buona Pasqua’".