Il Papa alla Messa in Coena Domini: l'annuncio degli Apostoli non potrà mai cessare
nella storia
La Chiesa nasce dalla preghiera di Gesù: garanzia che l’annuncio degli Apostoli non
potrà mai cessare nella storia. Così Benedetto XVI, ieri pomeriggio, nella Basilica
di San Giovanni in Laterano durante la Messa in Coena Domini, inizio del Triduo Pasquale.
Nel corso della celebrazione il Papa ha lavato i piedi a dodici sacerdoti, rinnovando
il gesto che Cristo compì verso i suoi discepoli, mentre al momento dell’offertorio
ha ricevuto la somma raccolta dai fedeli che sarà devoluta per la ricostruzione del
seminario di Port-au-Prince in Haiti. Il servizio è di Paolo Ondarza:
(canto)
La
preghiera sacerdotale pronunciata da Cristo al termine della lavanda dei piedi è stata
il filo conduttore dell’omelia di Benedetto XVI durante la Messa in Coena Domini.
“Non prego solo per questi – diceva Gesù, riferendosi agli apostoli – ma anche per
quelli che crederanno in me mediante la loro parola: perché tutti siano una sola cosa”:
“Che
cosa chiede precisamente qui il Signore? Innanzitutto Egli prega per i discepoli di
quel tempo e di tutti i tempi futuri. Guarda in avanti verso l’ampiezza della storia
futura. Vede i pericoli di essa e raccomanda questa comunità al cuore del Padre. Egli
chiede al Padre la Chiesa e la sua unità. Così questa preghiera è propriamente un
atto fondante della Chiesa”. “Il Signore ha chiesto la Chiesa
al Padre – ha spiegato il Papa – ha pregato perché l’annuncio dei discepoli prosegua
lungo i tempi”. Quindi le parole di Gesù sono una garanzia: l’annuncio degli apostoli
non cesserà mai nella storia e susciterà sempre la fede e raccoglierà nell’unità gli
uomini”. Ma la preghiera del Figlio di Dio – ha proseguito il Pontefice – è sempre
anche un esame di coscienza per tutti noi:
“In
quest’ora il Signore ci chiede: vivi tu, mediante la fede, nella comunione con me
e così nella comunione con Dio? O non vivi forse piuttosto per te stesso, allontanandoti
così dalla fede? E non sei, forse, con ciò colpevole della divisione, che oscura la
mia missione nel mondo, perché preclude agli uomini l’accesso all’amore di Dio?”. Aver
visto tutto ciò che minaccia e distrugge l’unità – ha detto Benedetto XVI – è stata
e rimane una componente della Passione di Gesù:
“Quando
noi meditiamo sulla Passione del Signore, dobbiamo anche percepire il dolore di Gesù
per il fatto che siamo in contrasto con la sua preghiera, che facciamo resistenza
al suo amore, che ci opponiamo all’unità, che deve essere per il mondo testimonianza
della sua missione”. Gesù parla della vita eterna – ha proseguito
il Papa – vita autentica, vera, non semplicemente quella che viene dopo la morte,
ma che deve iniziare già in questo mondo. Essa – ha spiegato il Santo Padre, parafrasando
il Vangelo - è conoscenza di Dio e di Gesù Cristo. Vita, dunque, è relazione nella
verità e nell’amore, la relazione rende bella, piena la vita. Già nella filosofia
greca – ha ricordato Benedetto XVI – esisteva l’idea che l’uomo può trovare la vita
eterna se si attacca a ciò che è indistruttibile: riempiendosi di verità, dunque,
può portare in sé la sostanza di eternità. “Ma solo se la verità è persona - ha proseguito
– può portarmi attraverso la notte della morte. Ci aggrappiamo al Risorto e siamo
così portati da Colui che è la Vita stessa”.
Secondo
le Sacre Scritture – ha spiegato ancora Benedetto XVI – conoscere è diventare una
cosa sola con l’altro, amarlo. La nostra vita, dunque, diventa eterna se conosciamo
Colui che è la fonte di ogni essere e di ogni vita:
“Cerchiamo
di conoscerLo sempre di più! Viviamo in dialogo con Lui! Impariamo da Lui la vita
retta, diventiamo suoi testimoni! Allora diventiamo persone che amano e allora agiamo
in modo giusto. Allora viviamo veramente”. Gesù porta a
termine ciò che era iniziato con Mosè presso il roveto ardente: mostra il suo Volto.
L’immagine del “Dio con noi” si manifesta nell’incarnazione di Cristo, uomo – e quindi
vicino - ma anche Dio, eterno e infinito:
“In
quest’ora deve invaderci la gioia e la gratitudine, perché Egli si è mostrato, perché
Egli - l’Infinito e l’Inafferrabile per la nostra ragione - è il Dio vicino che ama,
il Dio che noi possiamo conoscere ed amare”. (canto)