Pakistan: il governo istituisce un numero telefonico per le minoranze perseguitate
A pochi giorni dalla nuova fiammata di violenze anti cristiane, il Presidente del
Pakistan, Ali Zardari, ha annunciato l'istituzione di un numero telefonico d'emergenza
per aiutare le minoranze religiose oppresse. Zardari ha annunciato l'avvio di questa
linea direttamente collegata al Ministero delle Minoranze. I membri delle minoranze
religiose del Paese vittime della violenza potranno usarla per denunciare gli atti
che subiscono e chiedere aiuto alle autorità. Secondo quanto riferisce l’agenzia Zenit,
Ali Zardari ha chiesto al Ministro delle Minoranze, Shahbaz Bhatti, che è cattolico,
che i contatti tra il Ministero e il suo gabinetto si realizzino in modo molto stretto
per favorire la rapida reazione delle autorità in caso di necessità. A questo si aggiunge
la creazione di una commissione nazionale interreligiosa incaricata di discutere con
il governo i temi che impediscono l'armonia interreligiosa nel Paese. Per i responsabili
della comunità cristiana del Pakistan, questi annunci sono benvenuti e vanno nella
giusta direzione, soprattutto se permettono alle minoranze religiose di farsi ascoltare
dalla polizia, che molto spesso rifiuta di registrare le denunce delle vittime di
questo tipo di violenza. Tuttavia gli stessi responsabili considerano che la reazione
delle massime autorità è debole e giunge in ritardo rispetto ai fatti degli ultimi
giorni. Il segretario esecutivo della Commissione giustizia e pace della Conferenza
dei vescovi cattolici del Pakistan ha lamentato in particolare il silenzio del Ministro
Shahbaz Bhatti, segnalando che il Governo "finora non ha preso le misure necessarie
per prevenire la violenza commessa contro le minoranze e perseguire chi la commette".
Negli ultimi tempi, gli atti di violenza contro i cristiani sono stati numerosi ed
efferati. Il 22 gennaio, una bambina cattolica di 12 anni è morta per i maltrattamenti
inflitti dal suo datore di lavoro, un potente avvocato musulmano di Lahore, che in
seguito è stato accusato del delitto. Un'altra giovane cristiana è stata uccisa il
10 marzo da una donna che gestisce un bordello e che l'aveva venduta a un musulmano
tentando di convertirla a forza all'islam per fargliela sposare. Il 23 marzo è stata
spezzata la vita di un'intera famiglia di cristiani al servizio di un ricco musulmano
di Rawalpindi. Arshed Masih e sua moglie Martha lavoravano da cinque anni per lo sceicco
Mohammad Sultan, lui come autista e lei come domestica. Sultan ha chiesto loro di
convertirsi all'islam se volevano restare al suo servizio. Di fronte al rifiuto dei
coniugi, si sono succedute le minacce e la coppia è stata accusata del furto di alcuni
oggetti di valore. Arshed Masih è stato bruciato vivo dal suo datore di lavoro il
19 marzo, sua moglie è stata violentata da alcuni agenti di polizia che vivono di
fronte alla residenza di Mohammad Sultan. Dopo tre giorni di agonia, Arshed Masih
è morto nell'ospedale della Sacra Famiglia di Rawalpindi. Aveva 38 anni e ha lasciato
tre figli tra i 7 e i 12 anni, che hanno assistito al calvario dei genitori. E non
va meglio nelle zone tribali che confinano con l'Afghanistan, dove alcuni esponenti
delle minoranze religiose hanno subito atti violenti. Alla fine di febbraio, due fedeli
sikh sono stati sequestrati e poi decapitati, visto che le loro famiglie, di poveri
agricoltori, non potevano pagare il riscatto richiesto. Il 10 marzo, nella provincia
della frontiera del nord-est, un commando sospettato di appartenere ai talebani ha
fatto irruzione in alcuni locali occupati dal personale di World Vision. Sei
impiegati pakistani di questa ONG di ispirazione cristiana sono morti e altri sette
sono rimasti feriti. (M.G.)