Mostra dedicata a Cima da Conegliano, poeta del paesaggio
Poeta del paesaggio e dell’atmosfera, padre dell’arte di Giorgione e Tiziano: è Giovanni
Battista Cima da Conegliano, pittore veneto del Quattro- Cinquecento, cui nella prestigiosa
sede di Palazzo Sarcinelli a Conegliano, in provincia di Treviso, fino al 2 giugno
è dedicata una mostra monografica, la prima dopo 50 anni. Sono 38 le opere provenienti
dalle maggiori istituzioni pubbliche mondiali che documentano il percorso del primo
artista che ha lasciato l’utopia del paesaggio ideale per giungere attraverso una
pennellata liquida ad una resa concreta dei colli trevigiani. In mostra alcuni dei
più celebri capolavori d’arte sacra come la serie di Madonne con Bambino o la Sant’Elena
di Washington. Al microfono di Paolo Ondarza il curatore Giovanni Carlo
Federico Villa.
R. – Cima
da Conegliano è quell’artista fondamentale che, alla fine del Quattrocento e nel primo
Cinquecento, si pone il problema di rendere in un modo nuovo, in un modo diverso,
il colore delle ombre: inventa il colore veneto, la natura veneta, il tonalismo, cioè
quelle tre grandi caratteristiche che faranno la pittura veneta del ‘500, ‘600, ‘700.
Giorgione, Tiziano e Sebastiano del Piombo hanno proprio il passo d'avvio da Cima
da Conegliano. D. – Cima da Conegliano un po’ dà quella che
è l’impronta della pittura della Laguna, che differisce da quanto accadeva in Toscana,
dove forse la pittura era più legata al disegno che al colore... R.
– Assolutamente sì, anche se c’è un dettaglio molto interessante: Cima da Conegliano
è uno dei più straordinari disegnatori del ‘400 italiano. La grande differenza con
la pittura toscana è che ad esempio Cima è colui che fa il passo successivo ad Andrea
Mantegna. Cioè vuol rendere la classicità della scultura in dipinti che siano completamente
fusi dall’atmosfera, quella fusione atmosferica che manca in buona sostanza alla pittura
toscana. D. – Se dovesse utilizzare un aggettivo o un sostantivo
che evoca quello che trasmette un’opera di Cima da Conegliano? R.
– Cima da Conegliano è il pittore della coscienza tranquilla, è l’uomo che riesce
a rendere il sentimento più profondo del sacro in modo squisitamente umano e sereno. D.
– Effettivamente c’è molto idealismo, ma anche tanto di umano, di carnale nel divino.
Penso alle Madonne con bambino, ad esempio... R. – Dei bambini
che si divincolano dall’abbraccio materno, delle madri che sono delle popolane, delle
contadine della nativa Conegliano. Quindi, vediamo un’istantanea di una fanciulla
sedicenne della fine del ‘400, che riesce proprio a comunicare una serenità e un’emotività
assolutamente straordinaria. D. – E anche il paesaggio partecipa
a questo senso del divino e della quiete, della tranquillità, che emana da tutte le
opere di Cima da Conegliano... R. – E’ un paesaggio in cui il
sacro si trova nelle piccole cose, nelle piccole meraviglie: sia un fiore, sia una
foglia, un tramonto o un’alba... D. – Questa mostra restituisce
al pubblico uno dei grandi maestri della storia dell’arte italiana... R.
– Sì, noi andiamo alla National Gallery di Londra e l’Incredulità di San Tommaso di
Cima da Conegliano è scelta come opera più rappresentativa del ‘400 europeo e penso
che questo sia sufficiente a sottolineare la grandezza assoluta di un artista, che
abbiamo dimenticato a favore di personaggi dalla vita più affascinante. D.
– Non è inquadrato come il cosiddetto artista maledetto... R.
– Anzi, è l’artista assolutamente sereno, tranquillo, dalla vita molto legata alla
famiglia: ebbe sei figli amatissimi. Tutto questo ha fatto sì che non si potesse celebrarlo
con il “tremendismo” con cui siamo andati a volte a raccontare artisti come Caravaggio
o lo stesso Michelangelo.