Regalare un sorriso, una parola di conforto a chi soffre: è la missione che porta
avanti ogni giorno padre Mario Puppo, da sette anni cappellano dell’Ospedale
Pediatrico Bambino Gesù di Roma. Nonostante le malattie, i piccoli pazienti del nosocomio
vivono con grande gioia e partecipazione la Pasqua, come conferma lo stesso padre
Mario al microfono di Isabella Piro:
R. – Quest’anno
abbiamo fatto una bella cosa, che è piaciuta a tutti e che ha lasciato il segno nei
bambini e in noi: al termine della Via Crucis solenne che facciamo l’ultimo venerdì
di Quaresima per le vie dell’ospedale, i bambini hanno fatto fiorire la Croce. Hanno
costruito insieme alle assistenti della ludoteca alcuni fiori di carta, di stoffa
e hanno decorato questa Croce che era presente lì, al centro della nostra assemblea.
E questo ci ha spiazzati tutti, con queste gioie, con questi colori … un segno che
resterà nel cuore di molti, sia dei bambini, sia nei nostri. Anche due bambini non
cristiani hanno voluto portare il fiore: un bambino con la carrozzella si è accostato
a questi fiori ed altri genitori subito si sono prodigati per aiutarlo! È stato un
gesto molto intenso, molto bello. D. – Padre Mario, lei è cappellano
del Bambino Gesù da sette anni. Cosa ha imparato da questa esperienza? R.
– Tante cose. La cosa più importante è che la vita è un grande mistero. Sappiamo
veramente poco di cosa sia la vita, e la dobbiamo vivere giorno per giorno facendo
tesoro dell’esperienza del passato. Dobbiamo portare avanti questa esistenza. Ognuno
con il suo ruolo, ognuno con la sua responsabilità, e insieme possiamo scoprire, possiamo
costruire delle belle cose. D. – Tra i tanti piccoli malati
che lei ha incontrato personalmente, ce ne è uno che ricorda con particolare affetto? R.
– La prima bambina che ho battezzato. Si chiamava Sara. È stato il primo battesimo,
è stata la prima famiglia che ho conosciuto, con la quale ho scoperto il grande mistero
della vita, e l’abbiamo fatto insieme. Sara purtroppo aveva una malattia che non si
conosceva e ci ha lasciato dopo pochi mesi. Non dimenticherò mai il momento del suo
battesimo e nemmeno quello del suo funerale: il padre che mi ha portato questa piccola
cassetta bianca di fronte all’altare, mi ha guardato negli occhi e l’ha deposta lì,
proprio ai piedi dell’altare. E quella è stata la grande offerta da parte di questi
genitori. D. – Qual è il suo augurio per questa Pasqua 2010,
non solo per i piccoli pazienti del Bambin Gesù ma anche per tutti i nostri ascoltatori? R.
– Di avere questo sguardo nuovo sulla realtà, lo sguardo della fede che non cambia
la realtà perché la realtà, oggettivamente, è quella, ma ce la fa vedere, ce la fa
vivere in modo nuovo, diverso. Sappiamo vedere la vita dalla morte, impariamo a vedere
il bene dal male e impariamo a vedere la malattia non come una maledizione, ma veramente
come una possibile sorgente di bene e di benedizione. Questo riusciamo a viverlo quando
anche noi, uomini cristiani, riusciamo ad assicurare la presenza del Risorto che cammina
ancora con gli uomini, bisognosi di luce, di pane e di pace. D.
– Padre Mario, in questi giorni ricorre il quinto anniversario della scomparsa di
Giovanni Paolo II, un uomo che ci ha dimostrato che la malattia del fisico non incide
sullo spirito. Un suo ricordo di questo grande Papa … R. – Ricordo
il suo sguardo con i bambini, lo sguardo sorridente, questi baci e questi abbracci
con i bambini malati… Lo sguardo che lui aveva per i bambini penso che sia lo sguardo
che Gesù aveva con i bambini del suo tempo.