Intervista a padre Brundage: accuse al New York Times, ricostruzione del caso Murphy
imprecisa, sciatta e basata su menzogne
Un duro attacco contro il New York Times per l'inattendibilità e l'imprecisione dei
suoi articoli contro il Papa è stato lanciato da padre Thomas Brundage, vicario giudiziale
dell'arcidiocesi di Milwauke dal 1995 al 2003 e dunque presidente del collegio giudicante
che avviò il processo contro il prete pedofilo Lawrence Murphy, morto nel 1998. Padre
Brundage accusa il quotidiano di aver fatto una ricostruzione assolutamente imprecisa
e sciatta della vicenda fondandosi tra l’altro sulle menzogne di mons. Rembert Weakland,
il grande accusatore, una persona fatta passare per testimone credibile, costretto
a lasciare la guida dell’arcidiocesi di Milwaukee dopo il coinvolgimento in una storia
omosessuale con un’ex studente di teologia. Mons. Weakland – dice padre Brundage –
mente quando afferma, come dichiarato dal New York Times, che dal Vaticano era partito
l’ordine di sospendere il procedimento contro padre Murphy. Una cosa assolutamente
falsa. “Se mi fosse stato chiesto di sospendere la procedura - afferma - certamente
avrei insistito che si facesse appello alla Corte suprema della Chiesa, o a Giovanni
Paolo II se necessario''. Il procedimento contro padre Murphy è dunque andato avanti
fino a quando è sopraggiunta la sua morte. L’allora cardinale Ratzinger, che come
prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede era competente sui casi di
abuso, voleva andare assolutamente a fondo di tali vicende: mai nessuno nella Chiesa
ha fatto quanto lui contro i casi di abusi. Padre Brundage accusa inoltre il New York
Times di non averlo mai sentito – e ciò è piuttosto strano da un punto di vista professionale
– in quanto lui è uno dei principali esperti del caso che ha seguito come presidente
del collegio giudicante. Ma il quotidiano ha pensato bene di citarlo da fonti internet
totalmente inaffidabili, facendogli dire cose che non ha mai detto. Imprecisa, inaccurata
e basata su menzogne: ecco come, secondo padre Brundage, è stata costruita la campagna
del New York Times contro il Papa. Il sacerdote affida queste sue parole al settimanale
della diocesi dell'Alaska dove oggi risiede, il Catholic Anchor, dicendo di essere
intervenuto per raccontare la vera storia del processo contro padre Murphy spinto
dal dovere della verità. D’altra parte, l'attuale arcivescovo di Milwaukee, mons.
Jerom E. Listecki, in una nota pubblicata dal sito della diocesi, sottolinea che nella
vicenda Murphy gli errori sono stati fatti non in Vaticano, ma a Milwaukee da parte
della Chiesa locale e delle autorità civili. Ma ascoltiamo l’intervista di Chris
Altieri a padre Brundage che parte da una domanda sulla durata del procedimento
contro padre Murphy:
R. – From 1996 until 1998...
Dal
1996 al 1998, il processo ha avuto una durata di 18 mesi e si è concluso con la morte
di padre Murphy.
D. – A quei tempi, ha ricevuto pressioni
di qualsiasi tipo da Roma, durante il processo, perché i procedimenti giudiziari venissero
sospesi, per nasconderli o cose del genere?
R. – No,
never. If anything...
No, mai, semmai il contrario. Roma ha rinunciato
alla prescrizione in questo caso. Stavamo trattando questioni canoniche estremamente
complesse, perché a quei tempi la legge canonica stava avendo un’evoluzione e, quindi,
io ho dovuto sostenere delle discussioni pubbliche e private con esponenti ecclesiastici
a Roma, per cercare di capire come giudicare un caso del genere, e, come ho detto,
quindi, ho avuto degli incontri con i membri della Chiesa, a Roma e a Washington,
e ho ricevuto un’assistenza completa. E neppure una volta mi è stato detto di interrompere
il caso o di fare qualsiasi altra cosa che non quella di procedere verso la sua conclusione.
Sfortunatamente, la morte di padre Murphy ha concluso il caso.
D.
–In questo quadro, qual è stato all’epoca il ruolo, secondo lei, dell’allora cardinale
Ratzinger? Per dirla più semplicemente, è stato parte del problema o parte della soluzione?
R.
– He was part of the solution....
E’ stato parte della soluzione. Probabilmente
è stata la figura religiosa di spicco più attiva nel cercare di occuparsi degli abusi
sessuali nei confronti dei bambini in termini di prevenzione, nel cercare di riparare
il più possibile dopo il fatto, e nel trovare giustizia per le vittime. C’è stato
un notevole cambiamento dopo il 2001. Prima di quella data, la maggior parte dei casi
di abuso sessuale in appello andavano a finire alla Sacra Rota Romana e i casi tendevano
a restare sospesi lì a lungo e spesso non sembrava venissero risolti. Dopo il 2001,
i casi sono stati inviati alla Congregazione per la Dottrina della Fede e c’è stata
subito un’immediata differenza. I casi sono stati trattati velocemente e correttamente,
rispettando i diritti di tutti. Come Papa nessuno ha fatto quello che ha fatto Benedetto
XVI, parlando pubblicamente della vergogna della Chiesa a causa di tutto questo, dello
schifo dell’intera questione dell’abuso dei bambini, specialmente da parte di un prete,
e penso che storicamente, sarà apprezzato come figura straordinariamente forte, nell’aiutare
la Chiesa a riprendersi da tutto questo.
D. – Cosa pensa
di ciò che riporta il New York Times, che ha pubblicato la notizia, e degli altri
che l’hanno ripresa?
R. – I have to admit...
Devo
ammettere di essere rimasto indignato, particolarmente per il New York Times e per
l’Associated Press. Nella versione online del New York Times si sono sentiti liberi
di citarmi in un documento preso da Internet, che io alla fine ho trovato. Ho guardato
attentamente il documento e le citazioni, che presumibilmente dovevano essere mie:
la grafia era bellissima, la mia invece è orribile. Infatti, è persino difficile leggerla.
Così, sono rimasto indignato dal fatto che non abbiano nemmeno avuto il senso giornalistico
di cercare di contattare la fonte di una citazione come questa. Sono anche ben consci,
avendo il file del caso in mano, del mio ruolo nel caso stesso, ed è stato incredibile
per me, dato il ruolo che avevo, che nessuno abbia nemmeno tentato di contattarmi.