Netanuahu convoca una consultazione dei ministri sull'incontro avuto con Obama
Il primo ministro israeliano Netanyahu ha convocato stasera a Gerusalemme una consultazione
urgente dei ministri per riferire sull’incontro avuto con il presidente degli Stati
Uniti Obama. Questa notte, prima di lasciare Washinghton, Netanyahu ha incontrato
l’emissario dell’amministrazione Usa per il Medio Oriente George Mitchell, per tentare
di sbloccare il processo di pace. Secondo quanto riportano i principali media americani
l'incontro non ha ammorbidito le tensioni diplomatiche tra Israele e Usa, Netanyahu
si è detto invece ottimista sul possibile superamento della crisi. Sul viaggio statunitense
di Netanyahu e sulla posizione assunta dall’Amministrazione americana, ascoltiamo
il parere di Marcella Emiliani, docente di Storia e Istituzioni del Medio Oriente
all’Università di Bologna. L’intervista è di Salvatore Sabatino:
R.
– Quello che sta facendo il governo israeliano è puntare sul momento delicato dell’amministrazione
Obama, sul fatto che questo è l’anno delle elezioni di medio-termine. Quindi, il voto
della comunità ebraica americana è importante per Obama per portare avanti questo
programma di insediamenti e per ribadire, ancora una volta, che per quello che riguarda
Gerusalemme questo governo non è disposto a trattare a nessun livello. D.
– Israele in questo momento si trova sempre più isolato a livello internazionale… R.
– Sì, credo che un isolamento di questa gravità sia quasi inedito, perché tutti i
rappresentanti del "Quartetto" hanno insistito ormai sul congelamento degli insediamenti
ebraici nei territori come non avveniva da decenni. Se il governo israeliano ritiene,
invece, di dover perseguire ancora la linea dura, significa che il calcolo politico
è già stato fatto e si ritiene che la comunità internazionale non arriverà mai ad
applicare a Israele sanzioni di alcun genere. D.
– In questi giorni abbiamo assistito a tensioni con gli Stati Uniti, tensioni che
adesso riguardano anche l’Unione Europea. Si apre, però, anche un altro fronte, cioè
quello della Siria: il presidente Bashar al-Assad ha detto che il suo Paese resta
impegnato nella ricerca della pace con Israele ma ha aggiunto di non avere fiducia
nell’attuale governo dello Stato ebraico… R. – Assad
è stato “convinto” ad intervenire sostanzialmente per due motivi: da una parte perché
Israele, negli ultimi tempi, ha compiuto diversi raid aerei contro Gaza. In genere
quando partono azioni da Gaza cui Israele risponde, si collegano poi operazioni di
Hezbollah a partire dal Libano. Infatti, Assad ha sottolineato, in maniera molto chiara,
che Israele non deve compiere atti contro Hezbollah in Libano. E’ una maniera – e
questo è il secondo motivo – molto chiara per qualificare la Siria a livello internazionale
come una potenza determinante nell’area ed anche come una potenza di pace. Per far
dimenticare, insomma, che la Siria è l’alleato numero uno dell’Iran e degli ayatollah. D.
– A questo punto quali saranno le prossime mosse di Netanyahu, anche sul fronte interno? R.
– Questo viaggio per lui è un successo, perché dimostra all’opinione pubblica israeliana
che nessuno ha strumenti di pressione nei confronti di Israele. Questo ovviamente
rassicura tutta la popolazione dei coloni, rassicura la destra ortodossa e ultra-ortodossa,
per cui la posizione di Netanyahu da tutto questo non può che venirne rafforzata. Con
29 voti a favore e 6 contrari il Consiglio dell'Onu sui diritti umani ha approvato
oggi a Ginevra una risoluzione sull'operazione militare israeliana ''Piombo fuso'':
il testo chiede la creazione di un comitato di esperti indipendenti incaricato di
valutare le procedure giudiziarie di Israele e Palestinesi sulle gravi violazioni
del diritti umani segnalate nel cosiddetto rapporto ''Goldstone''. Ma a poco più di
un anno dall’operazione sono ancora vive a Gaza le conseguenze della guerra. Al microfono
di Giada Aquilino suor Alicia Vacas, missionaria comboniana di Betania, vicino Gerusalemme.