Violenze anticristiane in Pakistan: la Chiesa invoca un intervento internazionale
“In Pakistan i cristiani soffrono e vedono la loro vita in pericolo ogni giorno. In
alcune aree i credenti sono trattati come bestie, in condizioni di schiavitù, o sottoposti
a vessazioni, violenze e conversioni forzate”: lo afferma in un colloquio con l’agenzia
Fides padre John Shakir Nadeem, segretario della Commissione per le Comunicazioni
sociali nella Conferenza episcopale del Pakistan, direttore di Radio Veritas e del
Centro televisivo “Rabita Manzil” a Lahore. Come spiega padre Nadeem, il contesto
in cui avviene questa sofferenza è una islamizzazione crescente, la diffusione di
gruppi fondamentalisti, un quadro normativo che consente e legittima discriminazioni
e anche atti di persecuzione, un governo debole, sottoposto al ricatto degli estremisti.
Per questo il sacerdote sollecita che “la questione dei diritti umani entri nel vertice
in corso a Washington fra Usa e Pakistan”. Ai cristiani è giunta la solidarietà della
Commissione nazionale per i Diritti Umani del Pakistan, che ha deplorato i recenti
casi di “conversioni forzate all’islam”, registrando negli ultimi 9 anni 50 casi di
conversioni forzate all’islam nel Paese. “Ma la percentuale ufficiale è molto bassa
rispetto all’incidenza reale dei casi. Solo pochissimi casi di violenze e intimidazioni
vengono segnalati alla Commissione, poiché spesso i cristiani hanno paura. La stessa
Commissione, inoltre, subisce le pressioni degli estremisti e poi ha decisamente scarso
potere”, nota padre Nadeem. “C’è il fenomeno diffuso del rapimento di fanciulle cristiane
(come nei recenti casi di Shazia e di Kiran George) con minacce di morte alle famiglie
più povere. Al rapimento seguono la conversione e il matrimonio forzati. E’ uno stigma
che molte Ong denunciano, nell’indifferenza delle istituzioni”, continua il sacerdote.
Padre Nadeem spiega che “la situazione è, certo, differente fra le aree urbane e le
aree rurali. Nelle città i cristiani – pur in un quadro generale di discriminazione
– vivono riuniti in quartieri detti ‘colonie’, hanno accesso all’istruzione, ai servizi
sociali, al lavoro. Il 30% della popolazione cristiana riesce anche a farsi strada
nella società. Anche se qui siamo esposti agli attacchi terroristici contro le chiese
e i quartieri cristiani. Nei villaggi remoti, nelle zone rurali, la situazione è molto
diversa: sparuti gruppi cristiani, spesso poveri, emarginati e analfabeti, subiscono
l’oppressione della maggioranza musulmana: sono sotto schiaffo di altri cittadini
che ne approfittano per compiere prepotenze, fino allo stupro, alla schiavitù, all’omicidio”.
In tali contesti, rimarca padre Nadeem, “si consumano spesso quegli episodi che nella
vita sociale ordinaria vedono i cristiani soccombere per false accuse di blasfemia,
per minacce di conversione, per violenze sulle donne, sulle proprietà e sui beni”.
L’unica soluzione per tali problemi, aggiunge, è “la democratizzazione reale del Paese,
che garantisca i diritti umani per tutti. Ma per questo urgono le pressioni internazionali”.
Anche l’intervento della Chiesa universale, “in particolare del Papa, ci incoraggia,
ci rafforza nella fede, ci consola”, conclude padre Nadeem. (R.P.)