Nuove divergenze tra Usa e Israele per gli insediamenti ebraici a Gerusalemme
Si raffreddano ulteriormente i rapporti tra Stati Uniti e Israele dopo il colloquio,
ieri a Washington, tra il presidente Obama ed il primo ministro Netanyahu. Il nodo
della questione rimane quello degli insediamenti ebraici nelle zone palestinesi. Oggi
il premier israeliano si trova a Bruxelles. Anche con la Gran Bretagna si parla di
crisi diplomatica, dopo la vicenda di 12 passaporti britannici clonati da parte del
Mossad, il servizio segreto israeliano, utilizzati per l’eliminazione di un leader
palestinese a Dubai. Il servizio di Giancarlo La Vella:
Nuovo
strappo nei rapporti Usa-Israele. Mentre i colloqui a Washington facevano già intravedere
un nulla di fatto sull’accettazione da parte dello Stato ebraico del blocco degli
insediamenti, così come chiesto dai palestinesi per la ripresa dei colloqui di pace,
le autorità israeliane a Gerusalemme autorizzavano la costruzione di 20 nuove abitazioni
nella parte est della città. Oggi si è saputo che questa iniziativa fa parte di un
piano più generale che prevede la costruzione di ben 100 case. Lo hanno rivelato oggi
fonti municipali a Gerusalemme. Imbarazzo da parte statunitense, che rischia di vedere
svuotato il ruolo di massimo mediatore nella crisi israelo-palestinese. E mentre si
attendono le reazioni palestinesi, c’è la vibrata protesta dell’Arabia Saudita che
investe della questione direttamente il Quartetto dei mediatori Onu, Unione Europea,
Stati Uniti e Russia. Non è possibile – si afferma – avviare negoziati senza che Israele
faccia concessioni. Anche tra Stato ebraico e Regno Unito forti frizioni sulla questione
dei passaporti falsi, denunciata ieri dal ministro degli Esteri, Miliband, e immediato
decreto di espulsione del diplomatico israeliano, capo del Mossad a Londra. Israele
si rammarica per la misura adottata, respingendo le accuse, per mancanza di prove,
sul blitz di Dubai. Intanto nella Striscia di Gaza prosegue lo scontro armato tra
palestinesi, che lanciano razzi sul territorio ebraico, e Israele, che risponde con
raid aerei. Si segnalano alcuni feriti.
Ma perché lo Stato ebraico
ha deciso di portare avanti anche a Washington la sua linea dura. E che conseguenze
reali avrà sul già difficile percorso dei colloqui di pace tra israeliani e palestinesi?
Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Giorgio Bernardelli, esperto di Medio
Oriente:
R.
- La cosa più importante da dire è che questo incontro l’ha voluto Netanyahu. E' stato
lui a volere fortemente questo faccia a faccia con Obama dopo la crisi dei giorni
scorsi. Lui ha cercato di andare là per sostenere la sua posizione ma evidentemente,
al di là delle dichiarazioni ufficiali, la posizione di Washington è molto ferma in
questo momento. Lo strappo consumato nei giorni scorsi è stato uno grave e, almeno
per il momento, l’amministrazione americana ha intenzione di mantenere ferma la sua
posizione di opposizione a nuove costruzioni a Gerusalemme est.
D.
- Prima dell’incontro con Obama, Netanyahu ha incassato l’appoggio del Congresso americano
che ha ribadito gli stretti legami tra i due Paesi. Molti osservatori parlano però
di dichiarazioni distensive che celano in realtà un forte clima di sfiducia: Washington
avrebbe, insomma, perso il suo ruolo di mediatore. E’ davvero così?
R.
– Io non credo che Washington abbia perso particolarmente il ruolo di mediatore. Forse
proprio quello che sta succedendo in queste settimane lo sta rafforzando da un certo
punto di vista. Il problema è che questa mediazione nasceva su basi molto precarie.
I colloqui che Baiden avrebbe avviato erano tra due parti che, fondamentalmente, non
credevano nel negoziato. Questa vicenda ha portato allo scoperto le ambiguità di questo
processo e, a questo punto, Washington si trova a dover rimettere un po’ in carreggiata
il processo di pace, ma in una situazione difficilissima.
D.
– La minaccia di Netanyahu di ritardare di un anno i colloqui non potrebbe portare
ad una vera e propria rottura con Washington?
R. – Credo
che questa minaccia alla fine rientrerà, perché oggi Netanyhau è in una posizione
molto debole. L’isolamento internazionale del governo israeliano è davvero impressionante.
Proprio ieri c’è stata questa notizia che è arrivata dalla Gran Bretagna dell'espulsione
di un funzionario del Mossad dopo quello che è successo sui passaporti in occasione
dell’uccisione del leader di Hamas a Dubai. E’ un altro segnale molto forte dell’isolamento
nella comunità internazionale nei confronti d’Israele. Non si ricordano atti così
forti in tempi recenti. La verità è che Netanyahu si trova in una posizione molto
debole. Lui sta tenendo duro su questa posizione perché ha bisogno di non perdere
l’appoggio delle forze che tengono insieme il suo governo ma non si vede quanto questa
posizione possa durare nel tempo.