2010-03-24 14:44:16

Nuove divergenze tra Usa e Israele per gli insediamenti ebraici a Gerusalemme


Si raffreddano ulteriormente i rapporti tra Stati Uniti e Israele dopo il colloquio, ieri a Washington, tra il presidente Obama ed il primo ministro Netanyahu. Il nodo della questione rimane quello degli insediamenti ebraici nelle zone palestinesi. Oggi il premier israeliano si trova a Bruxelles. Anche con la Gran Bretagna si parla di crisi diplomatica, dopo la vicenda di 12 passaporti britannici clonati da parte del Mossad, il servizio segreto israeliano, utilizzati per l’eliminazione di un leader palestinese a Dubai. Il servizio di Giancarlo La Vella:RealAudioMP3



Nuovo strappo nei rapporti Usa-Israele. Mentre i colloqui a Washington facevano già intravedere un nulla di fatto sull’accettazione da parte dello Stato ebraico del blocco degli insediamenti, così come chiesto dai palestinesi per la ripresa dei colloqui di pace, le autorità israeliane a Gerusalemme autorizzavano la costruzione di 20 nuove abitazioni nella parte est della città. Oggi si è saputo che questa iniziativa fa parte di un piano più generale che prevede la costruzione di ben 100 case. Lo hanno rivelato oggi fonti municipali a Gerusalemme. Imbarazzo da parte statunitense, che rischia di vedere svuotato il ruolo di massimo mediatore nella crisi israelo-palestinese. E mentre si attendono le reazioni palestinesi, c’è la vibrata protesta dell’Arabia Saudita che investe della questione direttamente il Quartetto dei mediatori Onu, Unione Europea, Stati Uniti e Russia. Non è possibile – si afferma – avviare negoziati senza che Israele faccia concessioni. Anche tra Stato ebraico e Regno Unito forti frizioni sulla questione dei passaporti falsi, denunciata ieri dal ministro degli Esteri, Miliband, e immediato decreto di espulsione del diplomatico israeliano, capo del Mossad a Londra. Israele si rammarica per la misura adottata, respingendo le accuse, per mancanza di prove, sul blitz di Dubai. Intanto nella Striscia di Gaza prosegue lo scontro armato tra palestinesi, che lanciano razzi sul territorio ebraico, e Israele, che risponde con raid aerei. Si segnalano alcuni feriti.



Ma perché lo Stato ebraico ha deciso di portare avanti anche a Washington la sua linea dura. E che conseguenze reali avrà sul già difficile percorso dei colloqui di pace tra israeliani e palestinesi? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Giorgio Bernardelli, esperto di Medio Oriente:RealAudioMP3



R. - La cosa più importante da dire è che questo incontro l’ha voluto Netanyahu. E' stato lui a volere fortemente questo faccia a faccia con Obama dopo la crisi dei giorni scorsi. Lui ha cercato di andare là per sostenere la sua posizione ma evidentemente, al di là delle dichiarazioni ufficiali, la posizione di Washington è molto ferma in questo momento. Lo strappo consumato nei giorni scorsi è stato uno grave e, almeno per il momento, l’amministrazione americana ha intenzione di mantenere ferma la sua posizione di opposizione a nuove costruzioni a Gerusalemme est. 

D. - Prima dell’incontro con Obama, Netanyahu ha incassato l’appoggio del Congresso americano che ha ribadito gli stretti legami tra i due Paesi. Molti osservatori parlano però di dichiarazioni distensive che celano in realtà un forte clima di sfiducia: Washington avrebbe, insomma, perso il suo ruolo di mediatore. E’ davvero così?

 

R. – Io non credo che Washington abbia perso particolarmente il ruolo di mediatore. Forse proprio quello che sta succedendo in queste settimane lo sta rafforzando da un certo punto di vista. Il problema è che questa mediazione nasceva su basi molto precarie. I colloqui che Baiden avrebbe avviato erano tra due parti che, fondamentalmente, non credevano nel negoziato. Questa vicenda ha portato allo scoperto le ambiguità di questo processo e, a questo punto, Washington si trova a dover rimettere un po’ in carreggiata il processo di pace, ma in una situazione difficilissima.

 

D. – La minaccia di Netanyahu di ritardare di un anno i colloqui non potrebbe portare ad una vera e propria rottura con Washington?

 

R. – Credo che questa minaccia alla fine rientrerà, perché oggi Netanyhau è in una posizione molto debole. L’isolamento internazionale del governo israeliano è davvero impressionante. Proprio ieri c’è stata questa notizia che è arrivata dalla Gran Bretagna dell'espulsione di un funzionario del Mossad dopo quello che è successo sui passaporti in occasione dell’uccisione del leader di Hamas a Dubai. E’ un altro segnale molto forte dell’isolamento nella comunità internazionale nei confronti d’Israele. Non si ricordano atti così forti in tempi recenti. La verità è che Netanyahu si trova in una posizione molto debole. Lui sta tenendo duro su questa posizione perché ha bisogno di non perdere l’appoggio delle forze che tengono insieme il suo governo ma non si vede quanto questa posizione possa durare nel tempo.








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