Nel mondo si celebra la Giornata della meteorologia
Si celebra oggi la Giornata mondiale della Meteorologia per festeggiare la Convenzione
che il 23 marzo 1950 istituì l’Organizzazione meteorologica mondiale, un’agenzia specializzata
delle Nazioni Unite, la cui sede è tuttora a Ginevra in Svizzera. In tale occasione
si vuole ricordare l’importanza delle scienze atmosferiche nella vita sociale ed economica
del pianeta. Carla Ferraro ha chiesto al prof. Luca Mercalli, presidente
della Società Meteorologica Italiana, con quale spirito è vissuta questa Giornata:
R. – Con
lo spirito di 60 anni di servizio alla conoscenza delle previsioni del tempo e, soprattutto,
alla fornitura di informazioni per la collettività in grado di salvare delle vite
o di ridurre l’impatto dei disastri. Infatti, i grandi obiettivi dell’Organizzazione
meteorologica mondiale sono quelli di salvare delle vite soprattutto nei Paesi in
via di sviluppo, che sono quelli talora più soggetti ai grandi disastri meteorologici.
D. – Quale contributo ha dato la Chiesa allo sviluppo
della meteorologia?
R. – E’ una storia che comincia
da lontano. Anche se l’Organizzazione meteorologica mondiale, che è un’espressione
delle Nazioni Unite, celebra questo sessantennio, perché la sua convenzione è iniziata
a funzionare nel 1951, in realtà ha radici più lontane, ha radici ottocentesche. Il
primo nucleo dell’Organizzazione meteorologica internazionale data verso il 1874 e
aveva, tra l’altro, una fortissima componente di scienziati ecclesiastici. L’Italia
viene rappresentata nel primo nucleo dell’Organizzazione meteorologica internazionale
da padre Francesco Denza, Barnabita, fisico dell’atmosfera e fondatore della Società
meteorologica italiana che, tra l’altro, grandissima parte ebbe nel costituire quegli
osservatori meteorologici ancora attivi oggi, che con più di cento anni di dati sono
la base fondamentale per capire il clima.
D. – La
temperatura del pianeta è cambiata: rispetto alle visioni apocalittiche, secondo cui
tutti i ghiacciai dell’Himalaya potrebbero scomparire entro il 2035, qual è la sua
opinione e cosa effettivamente si prospetta per il futuro?
R.
– Lascerei prima di tutto perdere le visioni apocalittiche. Abbiamo invece bisogno
di molta serenità e di molta tranquillità nel considerare i dati, nel prendere delle
decisioni concrete. L’errore della previsione di fusione totale dei ghiacciai dell’Himalaya
nel 2035 è, a mio avviso, assolutamente trascurabile ed è stato strumentalizzato.
Infatti, si tratta di un’imprecisione in un rapporto di oltre 3300 pagine, con decine
di migliaia di riferimenti a lavori scientifici sul clima di tutto il mondo. Forse,
non c’è solo quest’errore, ce ne saranno anche di più, così come ci sono errori in
qualsiasi attività fatta dall’uomo. Quello che dobbiamo guardare è se invece il messaggio
fondamentale sia corretto o no. Allora, i ghiacciai stanno comunque arretrando tanto
in Himalaya, quanto sulle Alpi, quanto in tutte le montagne del pianeta e non ha importanza
dire se sarà il 2035 piuttosto che il 2052. Concentriamoci invece sul segnale generale
di aumento della temperatura del pianeta Terra. E’ su quello che dobbiamo prendere
le decisioni per garantire il benessere dell’umanità. Questo è l’obiettivo fondamentale.