Gli interventi di Benedetto XVI sullo scandalo degli abusi
La Lettera ai cattolici d'Irlanda è solo l’ultima presa di posizione di Benedetto
XVI sullo scandalo degli abusi sessuali sui minori all’interno della Chiesa. Con sofferenza
e determinazione, specie negli ultimi quattro anni, il Papa ha affrontato in diverse
circostanze il grave fenomeno, con parole di netta condanna per i colpevoli e di pietà
per le vittime. Alessandro De Carolis le ricorda in sintesi in questo servizio:
“Profonda
vergogna” per gli abusi e per un tradimento così ignominioso da parte di un ministro
consacrato. Schiettezza nel riconoscere l’errata gestione del fenomeno nel passato,
rigore nel colpirlo, ma soprattutto solidarietà e “assistenza” alle vittime, accompagnate
da una volontà di “riconciliazione” e da un deciso lavoro di rinnovamento morale del
clero e della società. Sono questi i concetti-cardine che Benedetto XVI ha messo in
chiaro in questi anni, ogniqualvolta la situazione di Chiese particolari – in Irlanda,
Stati Uniti, Australia, Canada – ha reso necessario un suo intervento sui temi degli
abusi sui minori. E’ un sabato, il 28 ottobre 2006, quando proprio al cospetto dei
vescovi irlandesi che sono in Vaticano in visita ad Limina, il Papa si sofferma su
casi di abuso – tanto più “dolorosi”, ammette, quando a “compierli è un ecclesiastico”
– delineando una linea di comportamento: “It is important
to establish the truth… E’ importante stabilire la verità di ciò
che è accaduto in passato, prendere tutte le misure atte ad evitare che si ripeta
in futuro, assicurare che i principi di giustizia vengano pienamente rispettati e,
soprattutto, guarire le vittime e tutti coloro che sono colpiti da questi crimini
abnormi”. Il 15 aprile 2008, Benedetto XVI è in volo verso gli Stati
Uniti dove è consapevole che ad attenderlo vi sono una Chiesa in “crisi” per lo scandalo
e una società che aspetta da lui parole di giustizia. E il Pontefice non si sottrae
fin dalle risposte offerte ai cronisti che lo interpellano sull’aereo papale: “We
will absolutely exclude paedophiles from... Escluderemo rigorosamente
i pedofili dal sacro ministero: è assolutamente incompatibile e chi è veramente colpevole
di essere pedofilo non può essere sacerdote. Ecco, a questo primo livello possiamo
fare giustizia ed aiutare le vittime, che sono profondamente provate (…) Poi, c’è
il piano pastorale. Le vittime avranno bisogno di guarire e di aiuto e di assistenza
e di riconciliazione”. Il giorno successivo, il 16
aprile, incontrando i vescovi statunitensi a Washington, Benedetto XVI afferma pubblicamente
di provare “profonda vergogna” per quanto è successo. Confessa un “enorme dolore”
per il “comportamento gravemente immorale” di tanti sacerdoti e riconosce che la pur
non facile vicenda “è stata talvolta gestita in pessimo modo”. La pietà del Papa è
tutta per le vittime degli abusi e lo sprone per i vescovi è perché adottino “misure
e strategie” a tutela dei soggetti più “vulnerabili”, i bambini: “Children
deserve to grow up with… I bambini hanno diritto di crescere con
una sana comprensione della sessualità e il ruolo che le è proprio nelle relazioni
umane. Ad essi dovrebbero essere risparmiate le manifestazioni degradanti e la volgare
manipolazione della sessualità oggi così prevalente; essi hanno il diritto di essere
educati negli autentici valori morali radicati nella dignità della persona umana". C’è
in queste parole un’eco nemmeno troppo lontana per quella dura frase di Gesù del Vangelo
di Marco – “Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono, meglio sarebbe per
lui che gli passassero al collo una mola da asino e lo buttassero in mare – rievocata
dal Papa l’8 febbraio di quest’anno nell’udienza alla plenaria del Pontificio Consiglio
per la Famiglia. Un’eco presente anche il 17 aprile 2008, nella Messa celebrata al
Nationals Stadium di Washington, quando dopo averlo fatto con i vescovi per il Papa
arriva il momento di esprimere la propria sofferenza e il proprio desiderio di rinascita
al cospetto dell’intera America: “No words of mine could
describe the pain... Nessuna mia parola potrebbe descrivere il dolore
ed il danno recati da tale abuso. È importante che a quanti hanno sofferto sia riservata
un’amorevole attenzione pastorale. Né posso descrivere in modo adeguato il danno verificatosi
all’interno della comunità della Chiesa. Sono già stati fatti grandi sforzi per affrontare
in modo onesto e giusto questa tragica situazione e per assicurare che i bambini –
che il nostro Signore ama così profondamente e che sono il nostro tesoro più grande
– possano crescere in un ambiente sicuro”. Un momento delicato e toccante
matura nel pomeriggio di quella giornata. Nella Cappella della Nunziatura a Washington,
Benedetto XVI riceve alcune vittime di abusi sessuali da parte del clero, ascolta
le loro storie, li consola, incoraggia le loro famiglie. Una scena che si ripete in
modo analogo tre mesi dopo. Lo scenario questa volta è l’Australia, dove il Pontefice
si è recato per gli atti conclusivi della Gmg. L’incontro avviene a Sydney il 21 luglio,
durante una Messa che il Papa celebra alla presenza di un gruppo rappresentativo di
vittime. Ma anche in questo caso, già sull’aereo che il 12 luglio è in viaggio per
l’Australia, Benedetto XVI condanna la pedofilia e quella corrente di pensiero che
a metà del secolo scorso aveva tentato di affrancarla: “Now, it must
be stated clearly... Ora, chiariamo che la dottrina cattolica non
ha mai fatto sua questa idea. Esistono cose che sono sempre cattive, e la pedofilia
è sempre cattiva. Nella nostra educazione, nei seminari, nella formazione permanente
che offriamo ai sacerdoti dobbiamo aiutarli a essere veramente vicini a Cristo (…)
quindi, faremo tutto il possibile per chiarire qual è l'insegnamento della Chiesa
e per aiutare nell'educazione, nella preparazione al sacerdozio (...) Penso che questo
sia il senso fondamentale del ‘chiedere scusa’.” E il Papa
non si stanca di manifestare il proprio dispiacere una settimana più tardi, nella
Messa concelebrata con il clero locale, condannando “in modo inequivocabile” quelli
che definisce “misfatti che costituiscono un così grave tradimento della fiducia”.
E ancora, quello degli abusi è un dolore che si rinnova il 29 aprile 2009, quando
Benedetto XVI riceve in udienza una delegazione di aborigeni canadesi. Durante l’incontro
si parla, tra l’altro, delle violenze fisiche e sessuali inflitte ad alcuni dei bambini
autoctoni che frequentavano le scuole cosiddette “residenziali” istituite a fine Ottocento
dal governo federale canadese e in parte gestite dalla Chiesa locale.