Riunione del Consiglio di sicurezza Onu sull'Afghanistan
Il Consiglio di sicurezza dell'Onu si riunisce oggi a New York per esaminare un rapporto
sull’Afghanistan preparato dal segretario generale Ban Ki-moon in cui si raccomanda,
fra l'altro, l'estensione per altri 12 mesi del mandato della Missione delle Nazioni
Unite a Kabul. La comunità internazionale torna dunque a discutere della crisi afghana
mentre sul terreno si moltiplicano le operazioni militari per sottrarre ai talebani
il controllo della provincia di Kandahar, considerato loro storico feudo. A preoccupare
le Nazioni Unite sono le ripercussioni della guerra in Afghanistan a livello regionale,
in particolare lungo il confine con il Pakistan. Stefano Leszczynski ha intervistato
Margherita Paolini, coordinatrice scientifica di Limes.
R. – Io credo
che la questione della normalizzazione dei rapporti tra India e Pakistan sia fondamentale,
assolutamente fondamentale “conditio sine qua non”, per risolvere il problema dell’Afghanistan.
E’ una proxy war praticamente, che continuerà ad avvelenare i rapporti tra questi
due Paesi e, in fondo, ad alimentare alla fine non solamente un terrorismo da parte
pakistana, ma anche a suscitare delle risposte incontrollabili da parte indiana.
D.
– Uno degli argomenti che emergono in questi giorni sull’Afghanistan è quello di un
possibile processo di riconciliazione nazionale. Questo è possibile?
D.
– La condizione sine qua non per la reintegrazione dei talebani o assimilati, o genericamente
così definiti, è che loro rompano i rapporti con Al Qaeda. Allora, Al Qaeda non esiste
più da un pezzo ed è invece il nome che si vede affibbiato alle operazioni dei gruppi
terroristici pakistani. Quindi, questo è il primo aspetto. In questo caso, la comunità
internazionale si troverebbe a dover spendere una cifra considerevole per una reintegrazione,
in termini di milizie, reintegrazione dentro l’esercito e la polizia, di elementi
che restano ancora inaffidabili. Il problema è che tutti questi gruppi devono dire
che non hanno rapporti non con Al Qaeda, che non esiste, ma bensì con i gruppi jihadisti
pakistani, che sono quelli effettivamente che non devono assolutamente più mettere
piede in Afghanistan e che l’India o il Pakistan si devono impegnare a mettere fuori
gioco.
D. – In sostanza, cosa possiamo aspettarci
nei prossimi mesi per quanto riguarda l’Afghanistan?
R.
– Quello che è importante, se la comunità internazionale si vuole impegnare anche
a spendere un notevole impegno finanziario, è appunto risolvere il problema alla radice.
La radice è la normalizzazione, come dicevo, dei rapporti India-Pakistan, e soprattutto
la fine della copertura che non solo il Pakistan ma che anche la comunità internazionale
continua a dare a questi gruppi, chiamandoli Al Qaeda e non chiamandoli con i loro
veri nomi.