Tensione Israele-Usa: revocato il blocco alla Cisgiordania
Dopo gli scontri degli ultimi giorni tra polizia israeliana e manifestanti palestinesi,
le autorità ebraiche hanno stamattina riaperto la Spianata delle Moschee a Gerusalemme,
dove però restano schierati migliaia di agenti nel timore di nuovi disordini. Revocato
anche il blocco ai valichi della Gisgiordania. Il servizio di Giancarlo La Vella:
L’attenzione
internazionale è puntata sulle tensioni a Gerusalemme ma, a livello diplomatico, anche
sui rapporti tesi fra Israele e Stati Uniti, a causa dell’annuncio di nuovi insediamenti
ebraici, fatto proprio durante la visita del vicepresidente americano, Joe Biden,
che ha praticamente per ora annullato qualsiasi risvolto positivo della mediazione
statunitense. Nelle prossime ore, il segretario di Stato americano, Hillary Clinton,
telefonerà al premier israeliano, Benjamin Netanyahu, proprio per ottenere la revoca
delle ultime misure che rischiano di compromettere seriamente i negoziati con i palestinesi.
Ma come valutare la decisione dello Stato ebraico? Francesca Sabatinelli
ne ha parlato con Meron Rapoport, giornalista israeliano del
quotidiano Haarètz: R. – Netanyahu crede veramente che Israele
non possa lasciare Gerusalemme, non possa rinunciare a questi territori per ragioni
ideologiche. Per questo, si trova in una situazione veramente molto, molto difficile.
Da un lato, sa che le cose in America sono cambiate ma dall’altra non sa come comportarsi
…
D. – Si sta dicendo ormai da più parti che i bulldozer
stanno spianando ogni trattativa di pace. Quale carta può restare ai palestinesi?
R.
– I palestinesi credo che in questo momento sentano di essere forti perché hanno il
sostegno internazionale da una parte, e dall’altra credo che ci sia una nuova politica
in Palestina, dove hanno capito che l’uso di un'intifada armata non è utile!
D.
– Resta il fatto che Gerusalemme Est rischia di essere stritolata dagli insediamenti
…
R. – Sì: il problema, veramente, è che nell’opinione
pubblica israeliana, da un lato c’è un consenso molto alto sul fatto che non sia possibile
dividere Gerusalemme, ma dall’altro lato non si comprende – in Israele – quanto sia
importante per i palestinesi, per il mondo musulmano la questione di Gerusalemme! Intanto,
sul terreno è sempre alto il rischio di una nuova “intifada”. Gli estremisti palestinesi
di Hamas chiamano ripetutamente la popolazione alla rivolta contro Israele. Più prudente
la posizione di Fatah, il movimento del presidente Abu Mazen. Su questa eventualità
Rosario Tronnolone ha interpellato Janichi Cingoli,
direttore del Cipmo, Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente:
R.
– Io non credo che siamo alla vigilia della terza intifada, perlomeno non ancora.
Tuttavia, siamo in presenza di una rivalità tra Hamas e Fatah: entrambi tendono a
sfruttare la situazione di tensione creatasi con gli Stati Uniti, e di fatto gli incidenti
sono stati sostanzialmente contenuti anche per la capacità delle forze di sicurezza
israeliane di non creare provocazioni e morti. Peraltro, da parte di Abu Mazen e dell’Anp
si parla di “intifada bianca”, cioè di forme di lotta come dimostrazioni di massa,
sit-in, per denunciare la persistente occupazione e il blocco degli accessi ai Luoghi
Santi: peraltro, gli accessi ai Luoghi Sacri sono stati riaperti, anche per i giovani
e non solo per le persone sopra i 50 anni.