Il Papa all’udienza generale: non si conosce Dio solo con la ragione ma con la forza
dell’amore. Annunciata una lettera alla Chiesa irlandese sugli abusi ai minori
L’udienza generale di questa mattina, la prima da molti mesi celebrata in Piazza San
Pietro, ha visto Benedetto XVI tornare sulla figura di San Bonaventura da Bagnoregio
e sul suo approccio alla teologia, in confronto alla concezione che ne ebbe San Tommaso
d’Aquino. Al termine, nel saluto ai fedeli di lingua inglese, il Papa è tornato sul
tema scottante degli abusi sui minori nella Chiesa irlandese, annunciando la prossima
pubblicazione di una lettera e auspicando che essa aiuti “nel processo di pentimento,
di guarigione e rinnovamento”. Il servizio di Alessandro De Carolis:
La vita cristiana
è una scalata verso Dio. Così la percepiva 800 anni fa San Bonaventura da Bagnoregio.
Una salita “verso le altezze di Dio” che può essere compiuta con la forza della ragione,
della ricerca teologica, fino a un certo punto, oltre il quale resta possibile solo
con la luce dell’amore. E proprio sulla capacità e sui limiti della teologia Benedetto
XVI ha impostato la catechesi mettendo a confronto le convinzioni di Bonaventura da
Bagnoregio e di Tommaso d’Aquino riguardo alla teologia, se sia essa solo speculativa
– che cioè porti primariamente alla conoscenza di Dio – o anche pratica, che induca
l’uomo al bene. In sostanza, ha riassunto il Papa:
“Per
san Tommaso il fine supremo, al quale si dirige il nostro desiderio è: edere Dio.
In questo semplice atto del vedere Dio trovano soluzione tutti i problemi: siamo felici,
nient’altro è necessario. Per san Bonaventura il destino ultimo dell’uomo è invece:
amare Dio, l’incontrarsi ed unirsi del suo e del nostro amore. Questa è per lui la
definizione più adeguata della nostra felicità”. Al
primato della teoria o a quello della pratica, San Bonaventura aggiunge un terzo aspetto
che, ha detto il Papa, “abbraccia gli altri due”: quello della sapienza. Difendendo
questo tipo di “riflessione metodica e razionale della fede”, lo studioso francescano
si sofferma su una errata concezione della teologia del suo tempo – ma anche dei nostri,
ha puntualizzato Benedetto XVI – secondo la quale... “…la
ragione svuoterebbe la fede, sarebbe un atteggiamento violento nei confronti della
parola di Dio, dobbiamo ascoltare e non analizzare la parola di Dio. A questi argomenti
contro la teologia, che dimostrano i pericoli esistenti nella teologia stessa, il
Santo risponde: è vero che c’è un modo arrogante di fare teologia, una superbia della
ragione, che si pone al di sopra della parola di Dio. Ma la vera teologia, il lavoro
razionale della vera e della buona teologia ha un’altra origine (...) Chi ama vuol
conoscere sempre meglio e sempre più l’amato (…) Per san Bonaventura è quindi determinante
alla fine il primato dell’amore”. A influenzare
Bonaventura nella sua concezione della teologia è senza dubbio, afferma il Papa, il
“primato dell’amore” proprio del carisma francescano. Ma in questa idea della conoscenza
di Dio come di una progressiva salita interiore si coglie anche l’influsso di un più
antico teologo siriaco, cosiddetto Pseudo-Dionigi, colui che aveva suddiviso gli angeli
in nove ordini:
“San Bonaventura interpreta questi
ordini degli angeli come gradini nell’avvicinamento della creatura a Dio. Così essi
possono rappresentare il cammino umano, la salita verso la comunione con Dio”. E
tuttavia, lo Pseudo-Dionigi sostiene che esista un gradino ulteriore, più in là di
quel “vedere con la ragione ed il cuore” che per Sant’Agostino, ha ricordato il Papa,
“è l’ultima categoria della conoscenza”: “Nella salita
verso Dio si può arrivare ad un punto in cui la ragione non vede più. Ma nella notte
dell’intelletto l’amore vede ancora – vede quanto rimane inaccessibile per la ragione.
L’amore si estende oltre la ragione, vede di più, entra più profondamente nel mistero
di Dio (...) Proprio nella notte oscura della Croce appare tutta la grandezza dell’amore
divino”. “Tutto questo – ha spiegato Benedetto XVI – non
è anti-intellettuale e non è anti-razionale: suppone il cammino della ragione, ma
lo trascende nell’amore del Cristo crocifisso”: “Con
le nostre sole forze non possiamo salire verso l’altezza di Dio. Dio stesso deve aiutarci,
deve ‘tirarci’ in alto. Perciò è necessaria la preghiera. La preghiera - così dice
il Santo - è la madre e l’origine della elevazione”. Al
momento della sintesi della catechesi in lingua inglese, è seguito un annuncio di
particolare delicatezza, che il Papa ha rivolto in modo specifico ai pellegrini irlandesi,
oggi in festa per il loro Patrono, San Patrizio:
“As
you know, in recent months the Church in Ireland… Come sapete, negli
ultimi mesi, la Chiesa in Irlanda è stata messa a dura prova dalla crisi degli abusi
sui minori. Come segno della mia profonda preoccupazione ho scritto una Lettera pastorale
per affrontare questa situazione dolorosa. La firmerò nella Solennità di San Giuseppe,
Custode della Sacra Famiglia e Patrono della Chiesa universale, e la invierò subito
dopo. Chiedo che la leggiate voi stessi, con cuore aperto e in uno spirito di fede.
La mia speranza è che possa aiutare nel processo di pentimento, di guarigione e rinnovamento”. Quindi,
fra i molti saluti, il Pontefice ne ha indirizzato uno alla delegazione reduce dalla
diocesi americana di Trenton dove è stata accesa la "Fiaccola Benedettina per la pace”.
“Possa tale impresa – è stato il suo augurio – contribuire alla formazione di una
coscienza attenta alla solidarietà ed alla cultura della pace, seguendo l'esempio
di San Benedetto, apostolo infaticabile tra i popoli dell'Europa”. E ancora, il caloroso
rivolto ai giovani, in particolare sintonia con l’arrivo della nuova stagione: “Incontrarvi
– ha detto – è sempre per me motivo di consolazione e di speranza, perché la vostra
età è la primavera della vita. Siate sempre fedeli all'amore che Dio ha per voi”.