Repubblica Centrafricana: l'odissea di una tredicenne nelle mani dei ribelli ugandesi
dell'Lra
Mons. Juan José Aguirre Muños, vescovo di Bangassou, ha inviato all'agenzia Fides
una drammatica testimonianza su Marlene, una ragazzina di 13 anni che ha trascorso
540 giorni nella mani dei guerriglieri ugandesi dell’Lra (Esercito di Resistenza del
Signore) una formazione che imperversa tra il nord-est della Repubblica Democratica
del Congo, il Sud Sudan e l’estremo sud-est della Repubblica Centrafricana. “Nel marzo
2008, centinaia di soldati sono entrati ad Obo, nell’est della Repubblica Centrafricana.
Lì i ribelli hanno saccheggiando i granai, hanno violentato le donne nei loro letti
in tre o quattro soldati alla volta, e seminato la disperazione, lasciando decine
di famiglie in lutto. Quella notte hanno preso Marlene insieme a molti altri giovani
di Obo, ed è così iniziato il suo calvario con l'Lra. È stata costretta - continua
il presule - a 15 giorni di marcia forzata, assistendo alla morte di alcuni rapiti
che non sono riusciti a tenere il ritmo degli altri e sono stati finiti a colpi di
machete. Un anno e mezzo di orrore, 18 mesi attraverso la foresta. Marlene è stata
costretta, insieme agli altri ostaggi, a formare un muro umano quando gli elicotteri
ugandesi hanno sparato missili contro il campo Kony, nella foresta congolese di Garamba.
Per tutto il tempo ha dormito sdraiata sul terreno, legata ad un albero, fingendo
di dormire mentre qualcuno abusava di un'altra ragazza legata allo stesso tronco.
Marlene - scrive mons. Aguirre Muños - è stata impiegata come sguattera, costretta
a servire i soldati, lavando i loro panni nel fiume, mentre assisteva all’indottrinamento
dei suoi compagni di scuola, rapiti come lei, che imbracciando una mitraglietta ,
venivano formati alla guerra. Dopo il terzo tentativo di fuga, nel luglio scorso,
Marlene è riuscita a tornare a Obo dopo aver camminato attraverso la giungla per 10
giorni. È giunta con i piedi distrutti, in stato di shock, con una ferita aperta sulla
guancia. Sua madre si è fatta in quattro per nutrirla, abbracciandola di notte, quando
gridava, e confortandola durante i suoi lunghi silenzi. Un mese dopo - scrive ancora
il vescovo - l'LRA ha razziato di nuovo Obo: saccheggi, violenze, furti e brutalità.
Pochi giorni fa hanno bruciato un'automobile di una Ong italiana, uccidendo l'autista
e il suo assistente africani. Così il nome di Obo è comparso su Internet, perché vi
era un collegamento con l’Italia. Ma ad Obo e dintorni vivono 15.000 persone, schiacciate
dalla fame e dalla paura. Sono stato costretto a ritirare le suore da quell’inferno,
ma i sacerdoti centrafricani sono rimasti per dare coraggio e forza al popolo. Marlene
è ora a Bangassou, presso un centro per studentesse nei pressi della cattedrale. Un
mese più tardi, la giovane è tornata a sorridere, - conclude mons. Aguirre Muños -
a raccontare timidamente le sue sventure e ad essere una persona come tutte le altre”.
(R.P.)