La sfida di Dio in Occidente: intervista con il cardinale Ruini
È già in ristampa il volume sull’evento internazionale “Dio oggi: con Lui o senza
di Lui cambia tutto” promosso a Roma lo scorso dicembre dal Comitato per il Progetto
culturale della Conferenza episcopale italiana. Nel libro sono raccolti gli interventi
più significativi che hanno animato le giornate del convegno. Quali i frutti di questo
importante appuntamento? Fabio Colagrande lo ha chiesto al cardinale Camillo
Ruini, presidente del Comitato per il Progetto culturale:
R. – Il frutto
è stato certamente quello di porre all’attenzione di tutti il tema di Dio, come tema
centrale e non eludibile. Poi, ci sono i frutti che man mano si vedranno, un segno
dei quali è che questo volume, appena pubblicato, è già praticamente esaurito ed è
in corso di ristampa.
D. – Ci sono state reazioni
interessanti a questa riaffermazione culturale e spirituale della centralità del discorso
di Dio?
R. – Direi che in Italia grandi reazioni
non ci sono state; vi è stato certamente qualche intervento critico, ma direi non
molto approfondito. Penso che dobbiamo insistere su questa tematica per mostrare meglio
a tutti le implicazioni che il tema ha, dato che ha tre versanti. Il primo è quello
evidente dell’esistenza di Dio, cioè cercare di offrire motivazioni per le quali noi
crediamo anzitutto che Dio esiste. Il secondo, è quello dell’importanza che Dio ha
per noi, per il presente e per il futuro, per la vita terrena e per la vita eterna:
con Lui o senza di Lui cambia tutto. E il terzo aspetto, quello di cui forse si parla
meno, è che bisogna davvero conoscere questo Dio e la ragione umana – certo – può
darci alcune grandi coordinate riguardo al fatto che Dio esiste, riguardo al fatto
che Dio supera infinitamente questo mondo. Ma entrare più in profondità nella vita
di Dio e, soprattutto, nel suo mistero e, soprattutto, nel suo atteggiamento verso
di noi, questo la ragione da sola non riesce a farlo. Si parla giustamente del fatto
che Gesù ci ha insegnato ad amare Dio sopra ogni cosa, e ad amare il prossimo come
noi stessi. Ma prima ancora, Gesù ci ha testimoniato – non solo insegnato - ha testimoniato
con tutta la sua vita, che Dio ci ama, che Dio è nostro amico che, come ripete spesso
Benedetto XVI, Dio è amico dell’uomo: Padre e amico. Al di là di tutte le contraddittorie
esperienze umane, resta questo punto fermo che Dio ci ama, che vuole il nostro bene
e sa ricavare il bene anche dal male.
D. – Qual è
oggi, secondo lei, lo stato di salute o – come ha detto lei stesso – il grado di infermità
della fede in Dio?
R. – Già da molti anni, ormai,
c’è un grande cambiamento. Credere in Dio o invece non credere in Dio sono due opzioni,
due scelte, entrambe aperte davanti a noi. In questo senso, la fede in Dio è diventata
una scelta più personale, più libera e anche più impegnativa. E questo comporta anche
un cambiamento nella pastorale della Chiesa che deve diventare pastorale più missionaria.
E’ questo il senso profondo della nuova evangelizzazione di cui parlava Giovanni Paolo
II e anche della costante preoccupazione per la presenza di Dio nel mondo, sempre
richiamata da Benedetto XVI che dice, appunto: la questione di Dio è, oggi, la questione
centrale. Quindi tutto l’impegno della Chiesa in una missione rivolta qui, in Occidente
- perché è in Occidente innanzitutto che si è creata questa nuova sfida - è offrire
alle persone tutte le motivazioni – che sono motivazioni razionali ma anche motivazioni
spirituali, motivazioni testimonianza di vita – per comprendere e accogliere la fede
in Dio.(Montaggio a cura di Maria Brigini)