I vescovi del Burkina-Niger in visita ad Limina: una Chiesa in crescita, impegnata
sul fronte della giustizia e della pace
I vescovi del Burkina Faso-Niger hanno iniziato ieri in Vaticano la loro visita “ad
Limina”. Portano al Papa le gioie e le sofferenze di due Paesi tra i più poveri del
mondo, afflitti dal dramma della siccità. La comunità cristiana è minoritaria e cerca
di convivere armoniosamente con la maggioranza musulmana. Sulla situazione della Chiesa
in Burkina Faso ascoltiamo mons. Séraphin François Rouamba, presidente della
Conferenza episcopale del Burkina Faso-Niger. L’intervista è di Jean-Baptiste Sourou:
D. - Registriamo
una crescita costante del numero dei fedeli battezzati. Solo nella mia diocesi ogni
anno abbiamo circa 5mila battesimi di bambini e 4.800 battesimi di adulti e questo
avviene ormai da diversi anni. La Chiesa in Burkina Faso è in buona salute ma deve
affrontare oggi delle grandi sfide. C’è innanzitutto la necessità di promuovere le
Comunità cristiane di base, perché è in queste piccole comunità che i cristiani si
sentono una famiglia e possono condividere insieme la loro fede, il loro amore e le
loro speranze. C’è poi il problema dell’inculturazione: siamo convinti che se non
evangelizziamo la nostra cultura non potremo mai evangelizzare in profondità i nostri
fedeli, resterebbe un’evangelizzazione superficiale. C’è anche il problema dei catechisti
che hanno una responsabilità molto grande nell’evangelizzazione. I catechisti in molti
luoghi sono l’unica espressione della Chiesa, per l’assenza di sacerdoti, ma urge
un aggiornamento nella loro preparazione. E questo vale per tutti i laici il cui ruolo
è sempre stato molto importante nella nostra Chiesa come testimoni del Vangelo ovunque
si trovino e fermento di questo nuovo mondo che nasce con Gesù Cristo. Se vuole continuare
a crescere, la Chiesa deve essere missionaria: dobbiamo annunciare la nostra fede
ovunque, anche fuori dal Paese. La Chiesa-Famiglia del Burkina - che tanto ha ricevuto
- deve sapere che adesso deve dare altrettanto.
D.
– Come sono i rapporti con la maggioranza musulmana e con i seguaci delle religioni
tradizionali?
R. - Devo dire che i cristiani, i musulmani
e i seguaci delle religioni tradizionali vanno d’accordo. Basti pensare che i musulmani,
talvolta, addirittura assistono alle nostre Messe. Certo, abbiamo qualche paura quando
vediamo sorgere alcuni movimenti, ma allo stato attuale c’è una buona intesa interreligiosa.
Succede per esempio che commercianti musulmani siano venuti a trovarmi per chiedermi
di contribuire alla costruzione di una parrocchia. Il motivo è semplice: dove si costruisce
una parrocchia si sa che ci sarà una scuola e un dispensario e, siccome i cattolici
non fanno discriminazioni, ne beneficia tutta la popolazione.
D.
- Che riflessi ha avuto il secondo Sinodo per l’Africa sulla vita delle vostre diocesi
in Burkina Faso?
R. - All’inizio eravamo un po’ scettici,
perché non abbiamo ancora attuato le indicazioni del precedente Sinodo per l’Africa.
Ma poi ci siamo resi conto che era opportuno, perché quando vediamo l’Africa oggi,
i problemi della giustizia e della pace sono veramente molto attuali. Credo che il
Papa abbia avuto una buona idea nello scegliere questo tema per la nostra Chiesa.
Occorre dire che il ruolo della Chiesa è fondamentale in questo ambito: ci sono state
delle iniziative ecclesiali di riconciliazione di fronte a terribili fratture a cui
nessuno credeva e poi abbiamo visto che le comunità sono riuscite a superare le loro
divisioni. Quindi il Sinodo ha confortato le convinzioni dei cristiani e ha dato sostegno
alle loro iniziative. Credo che sia molto importante che la Chiesa sia presente ovunque
ci sia bisogno di riconciliazione.