Un'aberrazione che mortifica la dignità umana: così, “Scienza e Vita” sull’asta
di ovuli in una clinica londinese
“Notizie aberranti, servono leggi specifiche a livello internazionale”: così, Lucio
Romano, presidente dell’associazione “Scienza e Vita” in merito alla decisone di una
clinica londinese, specializzata in inseminazioni artificiali, di mettere all’asta
ovuli di giovani donatrici americane che poi saranno impiantati negli Stati Uniti,
aggirando così la legge britannica che ne vieta la commercializzazione. L’iniziativa
è stata pensata per promuovere un servizio che permette, intervenendo geneticamente,
di determinare il sesso e i caratteri somatici del nascituro. Massimiliano Menichetti
ha intervistato lo stesso Lucio Romano:
R. – E’ aberrante
la volontà di voler designare e preordinare le caratteristiche di un figlio. Significa
cancellare completamente, annullare del tutto, negare quello che è il diritto all’unicità,
all’originalità dell’essere umano e, quindi, anche di un figlio. Un figlio non più
come la dimensione propria di essere soggetto ma tradurlo e quindi usarlo appunto
nella dimensione dell’oggetto.
D. – Ci troviamo di
fronte, di fatto, a derive eugenetiche?
R. – Senza
dubbio. La stessa società europea di embriologia della riproduzione umana in un documento
di alcuni anni fa riportava appunto quella che è la presa di posizione di alcuni embriologi,
di alcuni genetisti e di alcuni ginecologi, i quali propendono anche alla determinazione
del sesso, per esempio, per ragioni non mediche; alla predeterminazione di caratteri
che possono essere confacenti in ragione dei bisogni della cosiddetta “coppia committente”.
E’ aberrante del tutto perché può significare selezionare e selezionare significa
definire a priori una dignità e una qualità di vita che nessuno può segnare ad un
soggetto in maniera soggettiva.
D. - Un ovulo che
viene messo all’asta come se fosse un qualsiasi oggetto…
R.
- Commercializzazione non solo per quanto riguarda i propri organi ed apparati come
qualcuno inizia già a preventivare ma addirittura mettere in commercio quelle che
sono cellule deputate alla riproduzione - nel caso specifico ovuli e spermatozoi in
altri casi – e che significa quindi la commercializzazione della vita.
D.
– Una china aberrante e che a volte però non viene neanche percepita come tale…
R.
– Giocando con la vita evidentemente si incunea poco per volta in un sentire comune,
una certezza che in quanto è possibile fare determinate cose, secondo un principio
di autodeterminazione, ne viene di conseguenza che si possono fare e in quanto si
possono fare potrebbero rientrare in criteri di liceità. Questo è il piano scivoloso
lungo il quale dobbiamo porre un argine.
D. - Forte
il dibattito anche nella comunità scientifica. Qual è il suo auspicio?
R.
– Una posizione di condivisione a livello di società scientifica e non solo ma una
posizione di assunzione di responsabilità sotto il profilo antropologico ed etico.
Quindi una lettura della ricerca scientifica che non deve essere assolutizzata senza
alcuna riflessione sulla norma morale ma il richiamo di nuovo ai diritti fondamentali
dell’uomo, il primo dei quali è sicuramente quello di non essere selezionato in ragione
delle proprie caratteristiche, della preordinazione. Questa è la mancanza assoluta
di un fondamento di una società, a livello internazionale, che possa essere definita
civile e rispettosa dei profondi valori di ogni essere umano.