2010-03-15 06:38:50

Riflessione sulla Quaresima del vescovo di Rimini, Francesco Lambiasi: i cristiani rinneghino il male e aiutino la gente a volare alto


Stare in guardia dalle “tossine dell’ipocrisia” che potrebbero corrompere la purezza delle pratiche dell’elemosina, della preghiera e del digiuno. E’ il monito che mons. Francesco Lambiasi, vescovo di Rimini, ha scritto nel messaggio quaresimale rivolto ai fedeli della sua diocesi. Fabio Colagrande ha domandato al presule il significato di questa sua esortazione:RealAudioMP3



R. – Gesù dice testualmente secondo il Vangelo di San Matteo, che segna l’inizio della Quaresima: “State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro”. State attenti a non praticare la vostra giustizia, a cercare di essere giusti davanti agli uomini, perché la giustizia è la giustizia davanti a Dio. Voler essere giusti davanti agli uomini: è questo che spiega l’ipocrisia. L’ipocrisia è il ridurre la religione, la pratica della giustizia, ad un palcoscenico; è ammalarsi di protagonismo e dunque non mettersi in contatto con Dio ma rimanere intrappolati nel circolo vizioso del proprio io.

 

D. – Lei ha usato una metafora originale proprio rivolgendosi ai fedeli della diocesi di Rimini: “Dobbiamo accendere nel nostro cuore due falò in questo tempo forte di Quaresima: il falò dei pensieri cattivi e il falò delle cattive parole”. A cosa alludeva con questa immagine del falò?

 

R. – L’immagine del falò richiama una pia pratica degli antichi quaresimali: durante la Quaresima si svolgevano le missioni popolari e uno dei momenti più coinvolgenti era quando i missionari chiedevano alla gente di portare via da casa le riviste scandalose o i libri contro la fede cattolica. Si faceva un mucchio di questa cartaccia che si accendeva nella piazzetta davanti alla Chiesa. Il grande falò voleva esprimere la ferma volontà di distruggere quelle pubblicazioni contro la fede e contro la morale. Nello stesso tempo aveva il fermo proposito di non procurarsene più. Questa è l’immagine. Il primo falò che ci tocca fare è quello dei pensieri cattivi e l’altro è quello delle cattive parole.

 

D. – Innanzitutto, quindi, abituarsi a non giudicare i nostri fratelli…

 

R. – Voler giudicare i movimenti del cuore altrui è come “sparare nel mucchio”, senza sapere dove si andrà a colpire. Noi non possiamo scendere nei sotterranei della coscienza altrui. Lì ci può arrivare solo il raggio onnisciente che scruta tutto e tutto conosce, il raggio misericordioso della sapienza e della misericordia di Dio.

 

D. – Lei ricorda che per fare la comunione pasquale, quindi per fare comunione tra di noi, dobbiamo impegnarci, volerci sinceramente bene gli uni con gli altri, e ricorda che ciò va fatto a livello ecclesiale – e spesso non è così facile e scontato – ma anche ad un altro livello molto più soggetto alla conflittualità: quello tra i cattolici impegnati nei vari schieramenti politici. Perché ha voluto fare questa sottolineatura?

 

R. – Perché non possiamo far finta di niente. Mi sembra che in questo momento, tra i più non esaltanti della nostra storia, bisogna che i cattolici aiutino un po’ tutto il Paese a volare più alto. Ce lo ricorda il Papa, ce lo ricordano i vescovi e allora i cattolici devono cominciare a rinunciare a questo “sport dell’insulto”, che trasforma tutta l’arena politica in un ring, e ad mostrare reciprocamente non solo civiltà e buona educazione, ma anche vera carità.

 

D. – Anche a livello parrocchiale, tra diverse aggregazioni ecclesiali, tra vicini di casa, è però necessario ritrovare questa comunione in vista della Pasqua…

 

R. – San Paolo, quando ci incoraggia ad una carità non ipocrita, aggiunge subito: “Amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno e gareggiate nello stimarvi a vicenda”. Questa è l’unica competizione lecita e doverosa tra di noi, l’unica gara che ci può essere nella comunità cristiana: fare a gara nello stimarsi a vicenda. (Montaggio a cura di Maria Brigini)








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