Il Papa all'Angelus: "Gettiamoci tra le braccia di Dio e lasciamoci rigenerare dal
suo amore misericordioso"
Dio è fedele all’uomo anche quando quest'ultimo si allontana da Lui. In Gesù Cristo
Dio dona la riconciliazione. Se accettiamo questo dono possiamo diffondere l’amore
di Dio nel mondo. E’ quanto ha detto il Papa all'Angelus soffermandosi sul Vangelo
di oggi, che in questa quarta domenica di Quaresima propone la parabola del padre
e dei due figli, nota come parabola del “figlio prodigo”. Il servizio di Amedeo
Lomonaco:
Questa pagina
di San Luca – ha detto il Papa - costituisce un vertice della spiritualità e della
letteratura di tutti i tempi. Infatti – si domanda il Santo Padre – cosa sarebbero
la nostra cultura, l’arte, e più in generale la nostra civiltà senza questa rivelazione
di un Dio Padre pieno di misericordia? Questa parabola – ha affermato il Pontefice
- è per ogni uomo, per ogni figlio, un’esortazione ad affidarsi alla misericordia
del Padre:
“Rispecchiamoci nei due figli, e soprattutto
contempliamo il cuore del Padre. Gettiamoci tra le sue braccia e lasciamoci rigenerare
dal suo amore misericordioso”. La parabola del “figlio prodigo”
- ha aggiunto il Papa - “non smette mai di commuoverci e ogni volta che l’ascoltiamo
o la leggiamo è in grado di suggerirci sempre nuovi significati”:
“Soprattutto,
questo testo evangelico ha il potere di parlarci di Dio, di farci conoscere il suo
volto, meglio ancora, il suo cuore. Dopo che Gesù ci ha raccontato del Padre misericordioso,
le cose non sono più come prima, adesso Dio lo conosciamo: Egli è il nostro Padre,
che per amore ci ha creati liberi e dotati di coscienza, che soffre se ci perdiamo
e che fa festa se ritorniamo”. La
relazione con Dio è quella tra il figlio e il Padre e ripercorre tappe presenti anche
nel rapporto tra figli e genitori:
“Per questo
la relazione con Lui si costruisce attraverso una storia, analogamente a quanto accade
ad ogni figlio con i propri genitori: all’inizio dipende da loro; poi rivendica la
propria autonomia; e infine – se vi è un positivo sviluppo – arriva ad un rapporto
maturo, basato sulla riconoscenza e sull’amore autentico”. Vi
può essere una fase che è come l’infanzia: una religione mossa dal bisogno, dalla
dipendenza. Via via che l’uomo cresce e si emancipa, "vuole affrancarsi da questa
sottomissione e diventare libero, adulto, capace di regolarsi da solo e di fare le
proprie scelte in modo autonomo, pensando anche di poter fare a meno di Dio".
"Questa
fase, appunto, è delicata, può portare all’ateismo, ma anche questo, non di rado,
nasconde l’esigenza di scoprire il vero volto di Dio. Per nostra fortuna, Dio non
viene mai meno alla sua fedeltà e, anche se noi ci allontaniamo e ci perdiamo, continua
a seguirci col suo amore, perdonando i nostri errori e parlando interiormente alla
nostra coscienza per richiamarci a sé". Nella parabola del
“figlio prodigo” – ha poi ricordato il Santo Padre – i due figli si comportano in
maniera opposta: il minore se ne va e cade sempre più in basso, mentre il maggiore
rimane a casa, ma anche egli ha una relazione immatura con il Padre. I due figli rappresentano
due modi immaturi di rapportarsi con Dio: “la ribellione e l’obbedienza infantile”.
Entrambe queste forme – ha concluso il Papa – si superano attraverso l’esperienza
della misericordia:
“Solo sperimentando il perdono,
riconoscendosi amati di un amore gratuito, più grande della nostra miseria, ma anche
della nostra giustizia, entriamo finalmente in un rapporto veramente filiale e libero
con Dio”.