Commento di mons. Marchetto alla sentenza della Cassazione italiana sull'espulsione
degli immigrati irregolari pur con figli a scuola
Non si spengono le polemiche in Italia all’indomani della sentenza della Cassazione
che prevede l’espulsione degli immigrati irregolari anche se i loro figli frequentano
la scuola. Un pronunciamento che pone in primo piano l’esigenza di legalità rispetto
al diritto allo studio. Preoccupazione è stata espressa da numerose associazioni che
si occupano di immigrazione, mentre esponenti del governo ritengono che sia stato
ristabilito lo stato di diritto. Benedetta Capelli ha chiesto un commento sulla
sentenza a mons. Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio della
Pastorale per i Migranti e gli Itineranti:
R. – Purtroppo,
dimostra ancora che in molte legislazioni e decisioni non si tiene conto di quello
che io chiamo – e lo fa anche la Dottrina sociale della Chiesa – il bene comune universale.
Certo, bisogna parlare e pensare anche ad un bene comune nazionale, ma credo che tutti
dobbiamo incamminarci verso una visione universale del bene comune, come del resto
è evidente nell’Enciclica del Santo Padre Caritas in veritate. Mi pare che
in questo modo non si faccia onore ad un umanesimo di cui l’Italia si è fatta sempre
propugnatrice, ad un umanesimo che io dico “cristiano” e che altri potrebbero qualificare
in altro modo, ma che di umanesimo si tratta. In fondo, sono i diritti fondamentali
dell’uomo in cui risulta evidente che è importante la formazione, l’istruzione, l’educazione
e la scuola per le giovani generazioni. Sono loro la nostra speranza. In questo modo,
mi pare che questo progetto che guarda alla gioventù del futuro sia certamente monco,
che gli siano state tarpate le ali. Ricordo - e potrei anche citare casi concreti
- che anche in Francia un’interpretazione simile ha creato dei grossi movimenti di
opinione pubblica, perché anche i compagni di scuola dei ragazzi che per analoghe
ragioni avrebbero dovuto andarsene hanno levato la voce, insieme con le loro famiglie,
proprio per dimostrare e sottolineare l’aspetto umano della situazione. Credo che
ciò sia molto importante. E posso anche ricordare che i vescovi degli Stati Uniti
d’America - in questi progetti che hanno fatto per quanto riguarda una nuova legislazione
globale nei riguardi dei migranti irregolari negli Stati Uniti - chiedono che anche
gli studenti irregolari, se sono tali, possano concludere i loro studi in pace.
D.
– Tra l’altro, qualche tempo fa, il Pontificio Consiglio per la Pastorale per i Migranti
e gli Itineranti aveva sottolineato l’importanza della scolarizzazione per l’integrazione
delle stesse famiglie...
R. – Sì, la questione è
sempre un po’ la stessa: finché si punta solamente ad una sicurezza - e purtroppo
questa è stata la legge sulla sicurezza - si perde di vista quello che è fondamentale,
e cioè l’accoglienza. E' un binomio che deve restare unito: sicurezza e accoglienza.
Fondamentale per l’accoglienza è l’integrazione e per l’integrazione è fondamentale
che ci sia questa educazione, formazione.
D. – Può
questo tipo di sentenza in certo modo condizionare anche il comune sentimento della
famiglia?
R. – Non c’è dubbio che sia così. Uno dei
punti che erano stati da noi sottolineati è questo retrocedere per quanto riguarda
la visione dell’unità familiare, della famiglia. Bene, se c’è una sensibilità, credo,
particolare oltre alla dignità della persona umana da parte della Chiesa è la dignità
della famiglia, l’unità della famiglia, che è poi fattore di integrazione e mezzo
per aiutare a non essere cedere al crimine, perché tutti sappiamo che la famiglia
è un fattore di equilibrio sociale, quindi è una conferma di quanto si diceva. Non
è una questione, dunque, di partiti, non una questione ideologica, è questione di
umanesimo, è questione di bene comune universale, è questione di cristianesimo.