Subito i negoziati in Medio Oriente: così Biden dopo le reazioni negative del mondo
arabo all’annuncio dei nuovi insediamenti ebraici
I negoziati tra Israele e palestinesi "devono andare avanti subito": è quanto ha sottolineato
il vicepresidente degli Stati Uniti, Joe Biden, intervenendo questa mattina all'Università
di Tel Aviv. Israele e Stati Uniti mantengono relazioni “uniche” nel loro genere,
e tale legame “non può essere rotto”, quali che siano le sfide da affrontare. Così,
Joe Biden ha cercato di superare le difficoltà creatasi ieri all’annuncio di nuovi
insediamenti ebraici a Gerusalemme est, proprio durante la sua visita in Medio Oriente.
L’annuncio ha immediatamente provocato l’interruzione dei contatti indiretti tra l’Autorità
nazionale palestinese (Anp), e il governo israeliano. Sul futuro dei negoziati israelo-palestinesi,
Stefano Leszczynski ha intervistato Maria Grazia Enardu, docente di
Storia delle relazioni internazionali presso l’Università di Firenze:
R. – Immaginare
un futuro di colloqui è quasi impossibile sia per quello che è avvenuto negli ultimi
giorni, sia perché i palestinesi non hanno in questo momento un governo in grado di
negoziare davvero e sono in attesa di elezioni che si terranno in giugno.
D.
– Il governo israeliano, in questo modo, si addossa le responsabilità del fallimento
della mediazione americana...
R. – D’altra parte,
questo governo non può rinunciare ad un concreto piano di insediamenti o di rafforzamento
di quelli esistenti senza saltare letteralmente in aria. I rapporti con gli americani
hanno subìto un brutto colpo, che danneggia Israele a vari livelli. Ma soprattutto,
Israele sta subendo in queste ore un colpo ancora più duro per la catena di reazioni
negative, anche da parte dell’Europa, che questo doppio evento – visita di Biden e
annuncio di ulteriori insediamenti – ha creato.
D.
– Dall’altra parte, si ha l’impressione che l’Autorità nazionale palestinese guadagni
invece punti di fronte alla comunità internazionale, sia a livello di immagine, sia
a livello di politica...
R. – La leadership palestinese
ha davvero guadagnato punti con la visita del presidente Biden, che si dice sia rimasto
ben impressionato da quanto si sta facendo nei Territori a livello politico, economico
e di riforma amministrativa. Quello che i palestinesi stanno facendo è una pratica
cessazione della violenza, anche da parte di Hamas. In tutti questi giorni, il soggetto
che non si è sentito è Hamas e questo indica che Hamas in qualche modo partecipa a
questo sforzo di ripresentarsi sulla scena internazionale in modo nuovo.
Iraq,
attesa per i risultati elettorali, scarsa partecipazione dei cristiani Saranno
annunciati oggi gli attesi risultati preliminari delle elezioni legislative irachene,
tenutesi domenica scorsa. Lo ha detto ieri il rappresentante speciale dell'Onu in
Iraq. Proiezioni indicano la lista del premier uscente, Nuri al Maliki, vincente nelle
regioni a maggioranza sciite e quella dell'ex premier, Iyad Allawi, in quelle sunnite
centro-settentrionali. Emerge intanto, secondo il sito Ankawa.com, che la partecipazione
al voto dei cristiani è stata scarsa: non ha superato il 40%, mentre il dato nazionale
di affluenza è stato di oltre il 62%. I motivi sono soprattutto legati alla sicurezza:
specialmente a Mossul, le continue minacce e violenze a cristiani hanno scoraggiato
molti a recarsi alle urne, mentre altri sono fuggiti da Mossul prima ancora della
iscrizione nelle liste dei votanti.
Ordigni talebani uccidono altri bambini
in Afghanistan L'esercito afghano e la Forza internazionale di assistenza alla
sicurezza (Isaf) hanno denunciato che un ordigno piazzato da talebani ha ucciso quattro
bambini ferendone altri tre nella provincia nordorientale di Kapisa. Lo ha reso noto
l'Isaf a Kabul, sottolineando che è la seconda volta in due giorni che gli insorti
afghani feriscono od uccidono dei bambini. Intanto, i presidenti di Pakistan ed Afghanistan,
Asif Ali Zardari e Hamid Karzai, si sono accordati per rilanciare il processo di una
Grande Jirga (Assemblea) congiunta per appoggiare il processo di pace e riconciliazione
proposto da governo afghano. I due capi di Stato si sono incontrati ieri sera a Islamabad
per esaminare il contenzioso bilaterale e per fare il punto sull'attività antiterroristica
alla frontiera comune, dove operano quasi indisturbati molti gruppi di talebani, anche
legati ad al Qaeda. Al termine dell'incontro nella capitale pakistana, è stata stabilità
una sorta di "road map" secondo la quale dapprima si terrà una Jirgagai (piccola assemblea),
successivamente alla Jirga annunciata a Kabul da Karzai per il 29 aprile. Quello in
corso, sottolinea Dawn News Tv, è un tentativo per rilanciare la Grande Jirga avviata
fra i due Paesi nel 2007 per ridurre le divergenze fra i governi e per studiare il
ruolo che le tribù pashtun residenti sulla frontiera comune possono svolgere
nell'arginare i talebani e al Qaeda.
Anche oggi in Grecia sfilano manifestanti
contro il piano anticrisi del governo Il presidente dell'Eurogruppo, Jean-Claude
Juncker, ha elogiato oggi la politica di risparmi annunciata dalla Grecia per riportare
i propri conti in ordine. Juncker è poi tornato a esprimersi a favore di un Fondo
monetario europeo (Fmi). Tuttavia, ha precisato, “un simile fondo non può risolvere
tutti i problemi”. Intanto, la Grecia vive oggi l’ennesimo sciopero generale, per
dire "no" al piano anticrisi del governo. Oltre un milione le persone scese in piazza
ad Atene, Salonicco e nelle altre principali città elleniche. Ad Atene, ai margini
della manifestazione, alcune centinaia di anarchici hanno messo di nuovo a ferro e
fuoco il centro cittadino, scontrandosi ripetutamente con la polizia. Il servizio
di Salvatore Sabatino:
Ancora una
giornata di paralisi e scontri ad Atene, dove decine di giovani col volto coperto
si sono infiltrati in una protesta dei sindacati nei pressi del Politecnico e hanno
gettato una bomba incendiaria ed altri oggetti contro la polizia, che ha risposto
con lanci di gas lacrimogeno. Ma il peggio potrebbe ancora avvenire, perché migliaia
di persone stanno marciando verso il Parlamento, dove si temono tafferugli. È il secondo
sciopero generale in pochi giorni. Chiusi ospedali, uffici pubblici,
aeroporti, banche, scuole, musei. Niente giornali, mentre restano fermi navi, bus
e tram. Un Paese, insomma, compatto nella protesta, che guarda con sospetto al piano
anticrisi del governo guidato da Papandreu: piano che prevede tagli sulla spesa pubblica
e l’aumento delle tasse per ridurre il deficit. Certo è che il Paese si trova a fare
i conti con un debito pubblico di quasi 300 miliardi euro, mentre il tour diplomatico
del premier, prima in Europa, poi negli Stati Uniti, sembra non aver sortito gli effetti
desiderati: solo appoggi politici ma niente aiuti monetari, mentre il caso ellenico
ha smosso le più alte istituzioni economiche del Vecchio continente, che nei giorni
scorsi hanno iniziato a parlare della creazione di un Fondo monetario europeo. Ipotesi,
quest'ultima, in parte bocciata questa mattina dalla cancelliera tedesca Angela Merkel,
che ha auspicato da parte dei Paesi della zona euro l’adozione di un sistema di sanzioni
più incisivo per prevenire in futuro eventuali casi come questo. Papandreu, comunque,
al suo ritorno, si è detto comunque soddisfatto, parlando di una “missione che ha
cambiato completamente in meglio l'immagine internazionale del Paese”: dichiarazione
che non ha fermato il milione di persone scese in piazza oggi, ma che ha sortito un
effetto positivo sulla Borsa di Atene, che a metà mattinata segnava un aumento dello
0.40%.
Italia, il premier Berlusconi nega responsabilità
del Pdl sul caos liste Giornata politica intensa quella di ieri in Italia,
caratterizzata dal botta e risposta tra il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi,
ed il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, sul caos delle liste per le elezioni regionali.
Il presidente del Consiglio ha negato la responsabilità del Pdl in merito all’esclusione
nel Lazio e ha accusato invece radicali e magistratura di voler fermare la democrazia.
Ricostruzione fantasiosa, ha detto Bersani, che dal canto suo ha proposto di bloccare
i ricorsi in tribunale e di riportare al centro del dibattito i temi della campagna
elettorale. Il clima di grande tensione si è riverberato ieri anche al Senato, che
ha dato ieri sera il via libera definitivo al disegno di legge sul legittimo impedimento.
Servizio di Giampiero Guadagni:
Una legge-ponte
che salva il premier e i ministri dai processi per 18 mesi, in attesa dell’approvazione
di un nuovo lodo Alfano, stavolta per via costituzionale. È il testo sul legittimo
impedimento approvato ieri in via definitiva dal Senato dopo due voti di fiducia che
hanno di fatto cancellato gli emendamenti dell’opposizione. Il principio cardine è
che per il presidente del Consiglio e per i ministri chiamati a comparire in udienza
in veste di imputati costituirà, per l'appunto, un legittimo impedimento il concomitante
esercizio di attività essenziali alle funzioni di governo. L’obiettivo è garantire
al presidente del Consiglio e ai ministri il sereno svolgimento delle funzioni loro
attribuite dalla Costituzione e dalla legge. Sarà la stessa Presidenza del consiglio
ad autocertificare l’impedimento. La normativa si applica anche ai processi penali
in corso. In aula è stata bagarre: l’opposizione ha contestato duramente il provvedimento,
definito l’ennesima legge "ad personam" e i senatori dell’Italia dei valori hanno
sventolato in aula una copia della Costituzione.
Sei
anni fa a Madrid la strage dei treni provocava 192 morti e 2000 feriti La Spagna
celebra oggi il sesto anniversario delle stragi dei treni dell'11 marzo 2004, firmate
dal terrorismo islamico, che fecero a Madrid 192 morti e 2000 feriti, gli attentati
più sanguinosi perpetrati in Europa negli ultimi decenni. Diverse celebrazioni ufficiali
sono previste per tutta la giornata nella capitale. In mattinata, c'è stata una cerimonia
di ricordo in Puerta del Sol con il sindaco, Alberto Gallardon, e la presidente della
Comunità di Madrid, Esperanza Aguirre, seguito da un omaggio alle vittime alla Stazione
di Atocha. Commemorazioni sono previste anche al Congresso dei deputati, con il premier
Josè Luis Zapatero, e all'ateneo di Madrid dove saranno i sindacati a ricordare le
vittime. Juan Carlos di Borbone ha previsto di ricevere a palazzo reale i rappresentanti
delle tre principali associazioni di vittime.
Ancora combattimenti in Somalia È
di almeno 43 civili uccisi il bilancio dei violenti scontri che da ieri divampano
a Mogadiscio tra le forze filogovernative e le truppe dell'Unione Africana (Ua), da
una parte, e i miliziani di al Shabaab, dall'altra. Lo riferiscono fonti mediche della
capitale somala che parlano anche di 83 persone rimaste ferite. Il governo somalo,
assieme alle forze di pace dell’Unione Africana, sta preparando una vasta offensiva
per riprendere il controllo della capitale a di altre regioni del centro e del sud.
Nuovi
scontri in Nigeria I militari nigeriani hanno aperto il fuoco contro la folla
che si era radunata per le strade della città di Jos dopo il coprifuoco, uccidendo
due persone. Intanto, è stato rivisto al ribasso il numero dei morti delle violenze
dei giorni scorsi. Il capo della polizia dello Stato di Plateau, ha detto che sono
un centinaio le vittime e non 500 come annunciato in precedenza.
Torna in
Spagna la cooperante iberica liberata ieri Ritorno in patria per la cooperante
spagnola liberata ieri dal braccio maghrebino di al Qaeda, dopo tre mesi di detenzione
in Mali. Smentita la notizia del rilascio della moglie dell’italiano Cicala. Tutti
e due restano in mano ai terroristi dopo il rapimento avvenuto in Mauritania il 19
dicembre scorso. La Farnesina mantiene il massimo riserbo sulle trattative.
Appello
di Aung San Suu Kyi contro la nuova legge elettorale La leader dell'opposizione
birmana e premio Nobel per la pace, Aung San Suu Kyi, ha fatto appello al popolo birmano
perchè reagisca contro "una legge ingiusta", all'indomani della presentazione della
legge elettorale da parte della giunta al potere. Lo riferisce l'avvocato della leader
della Lnd. San Suu Kyi ha denunciato la legge elettorale "ingiusta" che le impedirebbe
di candidarsi nella prima consultazione democratica nel Paese dopo 20 anni. La nuova
legge elettorale, promulgata tre giorni fa dal governo militare della Birmania, obbliga
la Lega nazionale per la democrazia (Lnd) a escludere la sua presidente, Suu Kyi.
Il testo prevede, infatti, che chiunque sconti una pena detentiva non possa appartenere
ad un partito politico. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza) Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 70 E'
possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del
Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del
sito www.radiovaticana.org/italiano.