Presidenza cilena: passaggio di consegne tra Bachelet e Piñera
''I compiti più urgenti del dopo-sisma sono già stati svolti o lo saranno quanto prima'':
lo ha sottolineato nel suo ultimo intervento dalla Moneda, Michelle Bachelet, che
oggi lascia la presidenza del Cile nelle mani di Sebastián Piñera. A circa due settimane
dal terremoto e dallo tsunami del 27 febbraio, che hanno colpito soprattutto le regioni
del Maule e del Bio Bio, con un bilancio di quasi 500 vittime, la prima carica istituzionale
del Paese sudamericano passa a Sebastián Piñera: al ballottaggio elettorale di gennaio,
egli ha convinto i cileni a dare una chance ad “una destra moderna e moderata”, dopo
vent’anni di governi di centro sinistra seguiti alla dittatura Pinochet. Sulle sfide
che il nuovo presidente cileno dovrà affrontare, Giada Aquilino ha intervistato
Stefano Femminis, direttore di ‘Popoli’, il mensile internazionale dei Gesuiti:
R. – Piñera
aveva puntato tutta la sua campagna elettorale sullo sviluppo e sull’idea di riportare
il Cile ad essere la prima nazione dell’America Latina a far parte dei Paesi più sviluppati
a tutti gli effetti, in senso economico, quindi con un certo livello di prodotto interno
lordo, con un superamento della povertà. Piñera, quindi, in campagna
elettorale aveva insistito su questi punti. Ora, ovviamente, il terremoto ha cambiato
completamente le prospettive: non si tratta tanto di partire dal buono che era stato
fatto dalla Bachelet e proseguire ulteriormente, ma si tratta di sistemare nel modo
migliore e nel più breve tempo possibile i danni che il sisma ha fatto. Secondo alcune
stime, ci vorranno almeno due o tre anni per riportare il Paese nelle condizioni precedenti
al terremoto del 27 febbraio. Quindi, è proprio cambiata la prospettiva della presidenza.
Non è mutata invece l’impostazione della politica di Piñera, che è un’impostazione
molto pragmatica, molto centrata sull’efficienza: Piñera è un imprenditore,
proprietario di una televisione, uno degli uomini più ricchi del Paese.
D.
– Ma come coniugare l’idea di una destra moderna e moderata con la devastazione del
terremoto?
R. – Nessuno si augurava una tragedia
di questo tipo, ovviamente. Ma dal punto di vista prettamente politico, è chiaro che
ciò che è avvenuto, in qualche modo, offra la sponda ad un governo che si presentava
e si presenta un po’ come un governo del fare, tutto centrato sull’efficienza, sull’aumento
delle capacità produttive del Paese, sulla privatizzazione. Se si vanno a guardare
e a leggere i discorsi che sono stati fatti in campagna elettorale, non è che Piñera
abbia proposto un cambiamento di modello politico rispetto alla Bachelet, perché di
fatto Piñera sapeva bene che la Bachelet era molto stimata e aveva raggiunto
un indice di popolarità altissimo.
D. – La Bachelet
non ha confermato una propria ricandidatura alle presidenziali del 2014, ma il dominio
www.bachelet2014.cl è già stato depositato dallo staff della presidente uscente. Che
significato ha?
R. – Questo mi sembra un indizio
sulle intenzioni dell’ex capo di Stato. D’altra parte, lei conclude il suo mandato
con l’84 per cento di consenso: un dato che è stato reso noto in questi giorni da
un istituto di sondaggi, tra l’altro di area legata al centro-destra. Ricordiamo che
la Costituzione cilena non prevede la possibilità di candidature consecutive, ma è
possibile invece per un presidente, dopo un periodo di stacco, di ricandidarsi. Quindi,
la Bachelet potrebbe appunto riproporsi nel 2014. Lei in questi giorni ha detto che
vuole continuare a servire il suo Paese, a rendersi utile, a mettere a frutto ciò
che ha imparato in questi anni, a proposito delle conoscenze della politica del Cile.
Quindi, insomma, tutto lascia pensare che poi invece tornerà in campo, anche perché
nel suo partito si è visto che non c’è una classe dirigente che offra grande leadership.