Lectio divina di padre Rupnik nella Chiesa romana di Santa Maria in Traspontina
Il Papa, oggi, nel suo discorso ai partecipanti al Corso promosso dalla Penitenzieria
Apostolica, ha fotografato la misericordia di Dio nell’abbraccio con cui il padre
riaccoglie il figlio prodigo. Proprio su questa parabola, domani sera alle 18.30,
il padre gesuita Marko Ivan Rupnik, terrà una lectio divina nella Chiesa romana
di Santa Maria in Traspontina. Sergio Centofanti lo ha intervistato:
R. – Questa
parabola è un gioiello del Vangelo. Certamente è importante il contesto in cui Cristo
la racconta: i peccatori si stanno stringendo intorno a Cristo mentre i farisei e
i cosiddetti giusti - come si ritenevano - mormorano e brontolano perché lui accetta
i peccatori. Allora da questo contesto appare che la parabola viene raccontata anche
per queste persone così dure di cuore.
D. - Che cos’è
la misericordia di Dio?
R. - La misericordia di Dio
è - in un certo senso - il nome più appropriato che noi peccatori possiamo dare a
Dio. Nella parabola, la dimensione della misericordia si esprime in diversi momenti,
per esempio, quando il padre attende il figlio e quando lo vede venire da lontano
gli corre incontro. Per me il momento più forte è quando gli si getta al collo quasi
"soffocando" quello che voleva confessare il figlio prodigo, quando dice: "non sono
degno di essere tuo figlio...". Il padre quasi lo "soffoca" con amore accogliendolo
e abbracciandolo perché, in quanto padre, non vuole avere uno schiavo, vuole avere
un figlio, anche se un figlio che ha peccato, che ha sbagliato, ma che è rientrato
in se stesso ed è tornato al padre. Dall’altro lato c’è anche la misericordia del
padre quando esce dalla casa e cerca in tutti i modi di convincere il figlio maggiore
ad entrare: anche questa è una bellissima immagine della misericordia di Dio. Questo
Dio che freme in se stesso per tutti quelli che sono fuori, per tutti quelli che sono
nell’isolamento, nella perdizione, nello smarrimento.
D.
- Come riscoprire oggi il Sacramento della riconciliazione?
R.
– Penso che nella stessa parabola ci siano alcuni elementi fondamentali per quanto
riguarda la riconciliazione. Quando il figlio prodigo fa la scelta di vivere secondo
il suo progetto autoaffermativo, comincia a vivere una serie di umiliazioni fino a
giungere alla più grande, quella di trovarsi tra i porci che per la cultura ebraica
rappresenta proprio un’umiliazione totale. In quel momento nel figlio si smuove un
ricordo molto remoto, il ricordo della casa del padre, il ricordo del padre, ed è
molto bello quando la parabola dice: “vorrebbe mangiare le carrube che mangiavano
i porci ma nessuno gliene dava”, e in lui nasce proprio una vera memoria autentica
della relazione d’amore: qualcuno che mi ama e si prende cura di me, non esiste più
nessuno intorno a me. Allora questa memoria comincia a prendere forza nel cuore del
figlio prodigo tanto che decide: "mi alzo e torno da mio padre". Io penso che nell’umanità
- anche così spensierata, come può sembrare a prima vista - sotto, sotto, giace una
memoria profonda che ha un’apertura verso lo spirituale e poiché l’uomo moderno vive
una serie di umiliazioni, anche nei suoi progetti, questo è un momento molto opportuno,
molto fecondo, per una riscoperta di Dio nel cuore dell’uomo attraverso questa memoria
che rimane viva in profondità, come il fuoco sotto le ceneri.