Il Papa incontra i partecipanti al Corso promosso dalla Penitenzieria Apostolica.
Testo integrale del discorso
“Tornare al confessionale, come luogo nel quale celebrare il Sacramento della Riconciliazione,
ma anche come luogo in cui ‘abitare’ più spesso, perché il fedele possa trovare misericordia,
consiglio e conforto, sentirsi amato e compreso da Dio”. E’ lo scenario che Benedetto
XVI ha indicato ai sacerdoti nell’udienza concessa ai partecipanti al Corso sul Foro
interno promosso dalla Penitenzieria Apostolica. Il Papa ha invitato a mostrare “la
bellezza e la grandezza della bontà del Signore” alla gente di oggi, tentata da un
relativismo che offusca le coscienze. Ecco il testo integrale del discorso del
Papa: Cari amici, sono lieto di
incontrarvi e di rivolgere a ciascuno di voi il mio benvenuto, in occasione dell’annuale
Corso sul Foro Interno, organizzato dalla Penitenzieria Apostolica. Saluto cordialmente
Mons. Fortunato Baldelli, che, per la prima volta, come Penitenziere Maggiore, ha
guidato le vostre sessioni di studio e lo ringrazio per le parole che mi ha indirizzato.
Con lui saluto Mons. Gianfranco Girotti, Reggente, il personale della Penitenzieria
e tutti voi che, con la partecipazione a questa iniziativa, manifestate la forte esigenza
di approfondire una tematica essenziale per il ministero e la vita dei presbiteri. Il
vostro Corso si colloca, provvidenzialmente, nell’Anno Sacerdotale, che ho indetto
per il 150° anniversario della nascita al Cielo di san Giovanni Maria Vianney, il
quale ha esercitato in modo eroico e fecondo il ministero della Riconciliazione. Come
ho affermato nella Lettera d’indizione: “Tutti noi sacerdoti dovremmo sentire che
ci riguardano personalmente quelle parole che egli, [il Curato d’Ars], metteva in
bocca a Cristo: «Incaricherò i miei ministri di annunciare ai peccatori che sono sempre
pronto a riceverli, che la mia Misericordia è infinita». Dal Santo Curato d’Ars, noi
sacerdoti possiamo imparare non solo una inesauribile fiducia nel Sacramento della
Penitenza, che ci spinga a rimetterlo al centro delle nostre preoccupazioni pastorali,
ma anche il metodo del «dialogo di salvezza» che in esso si deve svolgere”. Dove affondano
le radici dell’eroicità e della fecondità, con cui San Giovanni Maria Vianney ha vissuto
il proprio ministero di confessore? Anzitutto in un’intensa dimensione penitenziale
personale. La coscienza del proprio limite ed il bisogno di ricorrere alla Misericordia
Divina per chiedere perdono, per convertire il cuore e per essere sostenuti nel cammino
di santità, sono fondamentali nella vita del sacerdote: solo chi per primo ne ha sperimentato
la grandezza può essere convinto annunciatore e amministratore della Misericordia
di Dio. Ogni sacerdote diviene ministro della Penitenza per la configurazione ontologica
a Cristo, Sommo ed Eterno Sacerdote, che riconcilia l’umanità con il Padre; tuttavia,
la fedeltà nell’amministrare il Sacramento della Riconciliazione è affidata alla responsabilità
del presbitero. Viviamo in un contesto culturale
segnato dalla mentalità edonistica e relativistica, che tende a cancellare Dio dall’orizzonte
della vita, non favorisce l’acquisizione di un quadro chiaro di valori di riferimento
e non aiuta a discernere il bene dal male e a maturare un giusto senso del peccato.
Questa situazione rende ancora più urgente il servizio di amministratori della Misericordia
Divina. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che c’è una sorta di circolo vizioso tra
l’offuscamento dell’esperienza di Dio e la perdita del senso del peccato. Tuttavia,
se guardiamo al contesto culturale in cui visse san Giovanni Maria Vianney, vediamo
che, per vari aspetti, non era così dissimile dal nostro. Anche al suo tempo, infatti,
esisteva una mentalità ostile alla fede, espressa da forze che cercavano addirittura
di impedire l’esercizio del ministero. In tali circostanze, il Santo Curato d’Ars
fece “della chiesa la sua casa”, per condurre gli uomini a Dio. Egli visse con radicalità
lo spirito di orazione, il rapporto personale ed intimo con Cristo, la celebrazione
della S. Messa, l’Adorazione eucaristica e la povertà evangelica, apparendo ai suoi
contemporanei un segno così evidente della presenza di Dio, da spingere tanti penitenti
ad accostarsi al suo confessionale. Nelle condizioni di libertà in cui oggi è possibile
esercitare il ministero sacerdotale, è necessario che i presbiteri vivano in “modo
alto” la propria risposta alla vocazione, perché soltanto chi diventa ogni giorno
presenza viva e chiara del Signore può suscitare nei fedeli il senso del peccato,
dare coraggio e far nascere il desiderio del perdono di Dio. Cari
confratelli, è necessario tornare al confessionale, come luogo nel quale celebrare
il Sacramento della Riconciliazione, ma anche come luogo in cui “abitare” più spesso,
perché il fedele possa trovare misericordia, consiglio e conforto, sentirsi amato
e compreso da Dio e sperimentare la presenza della Misericordia Divina, accanto alla
Presenza reale nell’Eucaristia. La “crisi” del Sacramento della Penitenza, di cui
spesso si parla, interpella anzitutto i sacerdoti e la loro grande responsabilità
di educare il Popolo di Dio alle radicali esigenze del Vangelo. In particolare, chiede
loro di dedicarsi generosamente all’ascolto delle confessioni sacramentali; di guidare
con coraggio il gregge, perché non si conformi alla mentalità di questo mondo (cfr.
Rm 12,2), ma sappia compiere scelte anche controcorrente, evitando accomodamenti o
compromessi. Per questo è importante che il sacerdote abbia una permanente tensione
ascetica, nutrita dalla comunione con Dio, e si dedichi ad un costante aggiornamento
nello studio della teologia morale e delle scienze umane. San Giovanni
Maria Vianney sapeva instaurare con i penitenti un vero e proprio “dialogo di salvezza”,
mostrando la bellezza e la grandezza della bontà del Signore e suscitando quel desiderio
di Dio e del Cielo, di cui i santi sono i primi portatori. Egli affermava: “Il Buon
Dio sa tutto. Prima ancora che voi vi confessiate, sa già che peccherete ancora e
tuttavia vi perdona. Come è grande l’Amore del nostro Dio, che si spinge fino a dimenticare
volontariamente l’avvenire, pur di perdonarci” (Monnin A., Il Curato d’Ars. Vita di
Gian-Battista-Maria Vianney, vol. I, Torino 1870, p. 130). E’ compito del sacerdote
favorire quell’esperienza di “dialogo di salvezza”, che, nascendo dalla certezza di
essere amati da Dio, aiuta l’uomo a riconoscere il proprio peccato e a introdursi,
progressivamente, in quella stabile dinamica di conversione del cuore, che porta alla
radicale rinuncia al male e ad una vita secondo Dio (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica,
n. 1431). Cari sacerdoti, quale straordinario
ministero il Signore ci ha affidato! Come nella Celebrazione Eucaristica Egli si pone
nelle mani del sacerdote per continuare ad essere presente in mezzo al suo Popolo,
analogamente, nel Sacramento della Riconciliazione Egli si affida al sacerdote perché
gli uomini facciano l’esperienza dell’abbraccio con cui il padre riaccoglie il figlio
prodigo, riconsegnandogli la dignità filiale e ricostituendolo pienamente erede (cfr
Lc 15,11-32). La Vergine Maria e il Santo Curato d’Ars ci aiutino a sperimentare nella
nostra vita l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità dell’Amore di Dio
(cfr Ef 3,18-19), per esserne fedeli e generosi amministratori. Vi ringrazio tutti
di cuore e volentieri vi imparto la mia Benedizione.