I vescovi argentini: no alla conflittualità politica permanente
Per i vescovi argentini - che ieri hanno concluso la riunione della presidenza con
la partecipazione di oltre 20 presuli - le celebrazioni del Bicentenario dell’indipendenza
“meritano un clima sociale e spirituale diverso da quello che si vive” e perciò, aggiungono,
è urgente “ricreare le condizioni politiche e istituzionali che ci consentano di superare
lo stato attuale di scontro permanente che finisce per approfondire i mali” della
nazione. Così si legge nel comunicato diffuso ieri intitolato “la Patria è un dono,
la Nazione un compito”, con il quale i vescovi desiderano manifestare le proprie preoccupazioni
e le tante speranze in un’ora difficile per il popolo argentino. “L’attuale situazione
– osservano - esige un atteggiamento di nobiltà da parte di tutti gli argentini, in
particolare dei suoi dirigenti. Anche noi, pastori, ci sentiamo interpellatati da
questa situazione e dunque non ci escludiamo dal necessario esame di coscienza”. Per
l’episcopato, il Paese vive una “situazione di sofferenza” e al riguardo - citando
documenti precedenti - i vescovi ricordano che “la qualità della vita delle persone
è un qualcosa di fortemente legato alla salute delle istituzioni, della sua Costituzione”,
poiché, spiegano “un loro mal funzionamento produce un alto costo sociale”. “La qualità
istituzionale, scrivono, è la strada più sicura per raggiungere l’integrazione sociale
di tutti nella comunità nazionale. Proprio per questo è necessario che i poteri dello
Stato, in accordo con la propria natura, agiscano rispettando la propria legittima
autonomia e collaborando nel servizio al bene comune”. Questa sofferenza del Paese
preoccupa in particolare perché, osserva l’episcopato argentino, “colpisce più duramente
i poveri” nei confronti dei quali il Paese ha già un debito sociale rilevante. “E
per questo, aggiungono i presuli, che oggi occorre sancire leggi che rispondano ai
bisogni reali del nostro popolo”, rifiutando opzioni determinate “da interessi che
non tengono in considerazione la natura della persona umana, della famiglia e della
società”. Infine, l’episcopato conclude ribadendo che “la Patria è un dono che abbiamo
ricevuto e la nazione è un compito che chiama tutti e richiede il nostro impegno.
Assumere questa missione, con spirito fraterno e solidale, è il modo migliore di celebrare
il Bicentenario”. I presuli si congedano con una preghiera al Signore: “Salva il tuo
popolo e benedici la tua eredità” e deponi nel cuore della “Nostra Madre di Luján
i nostri desideri e le nostre speranze”. (A cura di Luis Badilla)