2010-03-10 14:56:38

Udienza generale: appello per la fine delle violenze in Nigeria. La catechesi: la Chiesa non è utopismo anarchico, è fatta di peccatori ma è luogo di grazia


All’udienza generale in Aula Paolo VI, gremita di fedeli, il Papa ha levato un accorato appello per la fine delle violenze in Nigeria ed ha esortato tutti a lavorare per la riconciliazione. Quindi, ha espresso vicinanza alle vittime del recente terremoto in Turchia. Nella catechesi, il Pontefice si è soffermato sull’opera e la dottrina di San Bonaventura di Bagnoregio. Una meditazione che lo ha condotto a ribadire che nella Chiesa vanno rifiutate visioni utopistiche e anarchiche, come è successo anche dopo il Concilio Vaticano II. Prima dell’udienza, il Papa ha salutato, nella Basilica Vaticana, i pellegrini della Fondazione Don Carlo Gnocchi, ricordando la luminosa figura del sacerdote milanese, beatificato l’anno scorso. Il servizio di Alessandro Gisotti:RealAudioMP3

La violenza non è mai la via giusta per risolvere i conflitti: Benedetto XVI torna a ribadirlo con forza rivolgendo il pensiero alle tragiche notizie provenienti dalla Nigeria, dove centinaia di civili inermi, soprattutto cristiani, sono stati uccisi in scontri interetnici. Il Papa parla di “atroce violenza”, che “non ha risparmiato nemmeno i bambini indifesi”:

 
“Ancora una volta ripeto con animo accorato che la violenza non risolve i conflitti, ma soltanto ne accresce le tragiche conseguenze. Faccio appello a quanti nel Paese hanno responsabilità civili e religiose, affinché si adoperino per la sicurezza e la pacifica convivenza di tutta la popolazione. Esprimo, infine, la mia vicinanza ai Pastori e ai fedeli nigeriani e prego perché, forti e saldi nella speranza, siano autentici testimoni di riconciliazione”.

 
Il Papa ha anche espresso profonda vicinanza alle persone colpite dal recente sisma in Turchia che ha causato oltre 50 morti:

 
“A ciascuno assicuro la mia preghiera, mentre chiedo alla comunità internazionale di contribuire con prontezza e generosità ai soccorsi”.

 
Prima degli appelli sulla Nigeria e la Turchia, il Papa ha dedicato la sua catechesi all’opera letteraria e alla dottrina di San Bonaventura di Bagnoregio, dopo aver parlato mercoledì scorso della sua vita. Il "Dottore Serafico", ha sottolineato, ha avuto il merito di interpretare “autenticamente e fedelmente la figura di San Francesco d’Assisi”. In particolare, ha rammentato, San Bonaventura ebbe a che fare con i “Francescani Spirituali”, i quali rifacendosi a Gioacchino da Fiore, affermavano che “la Chiesa aveva ormai esaurito il proprio ruolo storico, e al suo posto subentrava una comunità carismatica di uomini liberi guidati interiormente dallo Spirito”:

 
“Vi era dunque il rischio di un gravissimo fraintendimento del messaggio di san Francesco, della sua umile fedeltà al Vangelo e alla Chiesa, e tale equivoco comportava una visione erronea del Cristianesimo nel suo insieme”.

 
Bonaventura espone dunque una “giusta visione della teologia della storia”, rilevando che “con la concezione spiritualistica”, l’Ordine francescano “non era governabile, ma andava logicamente verso l’anarchia”. Quindi, a braccio, ha aggiunto una riflessione sulla Chiesa del dopo Concilio:

 
“Sappiamo, infatti, come dopo il Concilio Vaticano II alcuni erano convinti che tutto fosse nuovo, che ci fosse un’altra Chiesa, che la Chiesa pre-conciliare fosse finita e ne avremmo avuta un’altra, totalmente 'altra'. Un utopismo anarchico! E grazie a Dio i timonieri saggi della barca di Pietro, Papa Paolo VI e Papa Giovanni Paolo II, da una parte hanno difeso la novità del Concilio e dall’altra, nello stesso tempo, hanno difeso l’unicità e la continuità della Chiesa, che è sempre Chiesa di peccatori e sempre luogo di Grazia".

 
San Bonaventura, ha soggiunto il Papa, respinge l’idea del ritmo trinitario della storia. “Dio è uno per tutta la storia e non si divide in tre divinità. La storia è una, anche se è un cammino”, “un cammino di progresso”:

 
“Non c’è un altro Vangelo più alto, non c’è un'altra Chiesa da aspettare. Perciò anche l’Ordine di san Francesco deve inserirsi in questa Chiesa, nella sua fede, nel suo ordinamento gerarchico. Questo non significa che la Chiesa sia immobile, fissa nel passato e non possa esserci novità in essa”.

 
San Bonaventura formula, quindi, esplicitamente l’idea del progresso e questa è una novità in confronto ai Padri della Chiesa:

 
“Anche san Bonaventura riconosce i Padri come maestri per sempre, ma il fenomeno di san Francesco gli dà la certezza che la ricchezza della parola di Cristo è inesauribile e che anche nelle nuove generazioni possono apparire nuove luci. L’unicità di Cristo garantisce anche novità e rinnovamento in tutti i periodi della storia”.

 
Il Papa non ha mancato di offrire una riflessione sull’“Itinerarium mentis in Deum”, l’opera più nota di San Bonaventura, vero “manuale di contemplazione mistica” che, è stata la sua esortazione, va approfondito in particolare dai direttori spirituali. San Bonaventura, ha detto, ci rammenta che questo itinerario di comunione mistica con Dio richiede da parte nostra una disciplina interiore fatta di giustizia, carità, preghiera e meditazione. Al momento dei saluti, parlando ai pellegrini di lingua inglese, il Papa ha definito “segni promettenti di pace” i recenti sviluppi nell’Irlanda del Nord. Ed ha assicurato le sue preghiere affinché si consolidi la pace desiderata da tutti. Parlando in italiano, il Pontefice ha rivolto un pensiero speciale ai fedeli che portano la Fiaccola Benedettina della pace, proveniente quest’anno da Colonia, dove è stata accesa dal cardinale Joachim Meisner. “Come simbolo di profondi valori umani e cristiani – ha rilevato il Papa – essa sosta oggi presso le tombe degli Apostoli per proseguire per Norcia”. Tale manifestazione, è stato il suo auspicio, “susciti in tutti un generoso impegno di solidarietà e di pace”.

 
(Canti)

 
Prima dell’udienza generale in Aula Paolo VI, il Papa aveva incontrato nella Basilica Vaticana i fedeli che partecipano al pellegrinaggio promosso dalla “Fondazione Don Carlo Gnocchi”. Il Papa si è soffermato sulla figura luminosa del sacerdote, “apostolo dei tempi moderni e genio della carità cristiana”, che si dedicò “con ogni premura ai piccoli mutilati, vittime della guerra nei quali scorgeva il volto di Dio”:

 
“In questo Anno sacerdotale, ancora una volta la Chiesa guarda a lui come a un modello da imitare. Il suo fulgido esempio sostenga l’impegno di quanti si dedicano al servizio dei più deboli e susciti nei sacerdoti il vivo desiderio di riscoprire e rinvigorire la consapevolezza dello straordinario dono di Grazia che il ministero ordinato rappresenta per chi lo ha ricevuto, per la Chiesa intera e per il mondo”.







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