Udienza generale: appello per la fine delle violenze in Nigeria. La catechesi:
la Chiesa non è utopismo anarchico, è fatta di peccatori ma è luogo di grazia
All’udienza generale in Aula Paolo VI, gremita di fedeli, il Papa ha levato un accorato
appello per la fine delle violenze in Nigeria ed ha esortato tutti a lavorare per
la riconciliazione. Quindi, ha espresso vicinanza alle vittime del recente terremoto
in Turchia. Nella catechesi, il Pontefice si è soffermato sull’opera e la dottrina
di San Bonaventura di Bagnoregio. Una meditazione che lo ha condotto a ribadire che
nella Chiesa vanno rifiutate visioni utopistiche e anarchiche, come è successo anche
dopo il Concilio Vaticano II. Prima dell’udienza, il Papa ha salutato, nella Basilica
Vaticana, i pellegrini della Fondazione Don Carlo Gnocchi, ricordando la luminosa
figura del sacerdote milanese, beatificato l’anno scorso. Il servizio di Alessandro
Gisotti:
La violenza
non è mai la via giusta per risolvere i conflitti: Benedetto XVI torna a ribadirlo
con forza rivolgendo il pensiero alle tragiche notizie provenienti dalla Nigeria,
dove centinaia di civili inermi, soprattutto cristiani, sono stati uccisi in scontri
interetnici. Il Papa parla di “atroce violenza”, che “non ha risparmiato nemmeno i
bambini indifesi”:
“Ancora una volta ripeto con
animo accorato che la violenza non risolve i conflitti, ma soltanto ne accresce le
tragiche conseguenze. Faccio appello a quanti nel Paese hanno responsabilità civili
e religiose, affinché si adoperino per la sicurezza e la pacifica convivenza di tutta
la popolazione. Esprimo, infine, la mia vicinanza ai Pastori e ai fedeli nigeriani
e prego perché, forti e saldi nella speranza, siano autentici testimoni di riconciliazione”. Il
Papa ha anche espresso profonda vicinanza alle persone colpite dal recente sisma in
Turchia che ha causato oltre 50 morti:
“A ciascuno
assicuro la mia preghiera, mentre chiedo alla comunità internazionale di contribuire
con prontezza e generosità ai soccorsi”. Prima
degli appelli sulla Nigeria e la Turchia, il Papa ha dedicato la sua catechesi all’opera
letteraria e alla dottrina di San Bonaventura di Bagnoregio, dopo aver parlato mercoledì
scorso della sua vita. Il "Dottore Serafico", ha sottolineato, ha avuto il merito
di interpretare “autenticamente e fedelmente la figura di San Francesco d’Assisi”.
In particolare, ha rammentato, San Bonaventura ebbe a che fare con i “Francescani
Spirituali”, i quali rifacendosi a Gioacchino da Fiore, affermavano che “la Chiesa
aveva ormai esaurito il proprio ruolo storico, e al suo posto subentrava una comunità
carismatica di uomini liberi guidati interiormente dallo Spirito”:
“Vi
era dunque il rischio di un gravissimo fraintendimento del messaggio di san Francesco,
della sua umile fedeltà al Vangelo e alla Chiesa, e tale equivoco comportava una visione
erronea del Cristianesimo nel suo insieme”. Bonaventura
espone dunque una “giusta visione della teologia della storia”, rilevando che “con
la concezione spiritualistica”, l’Ordine francescano “non era governabile, ma andava
logicamente verso l’anarchia”. Quindi, a braccio, ha aggiunto una riflessione sulla
Chiesa del dopo Concilio:
“Sappiamo, infatti,
come dopo il Concilio Vaticano II alcuni erano convinti che tutto fosse nuovo, che
ci fosse un’altra Chiesa, che la Chiesa pre-conciliare fosse finita e ne avremmo avuta
un’altra, totalmente 'altra'. Un utopismo anarchico! E grazie a Dio i timonieri saggi
della barca di Pietro, Papa Paolo VI e Papa Giovanni Paolo II, da una parte hanno
difeso la novità del Concilio e dall’altra, nello stesso tempo, hanno difeso l’unicità
e la continuità della Chiesa, che è sempre Chiesa di peccatori e sempre luogo di Grazia". San
Bonaventura, ha soggiunto il Papa, respinge l’idea del ritmo trinitario della storia.
“Dio è uno per tutta la storia e non si divide in tre divinità. La storia è una, anche
se è un cammino”, “un cammino di progresso”:
“Non
c’è un altro Vangelo più alto, non c’è un'altra Chiesa da aspettare. Perciò anche
l’Ordine di san Francesco deve inserirsi in questa Chiesa, nella sua fede, nel suo
ordinamento gerarchico. Questo non significa che la Chiesa sia immobile, fissa nel
passato e non possa esserci novità in essa”. San
Bonaventura formula, quindi, esplicitamente l’idea del progresso e questa è una novità
in confronto ai Padri della Chiesa:
“Anche san
Bonaventura riconosce i Padri come maestri per sempre, ma il fenomeno di san Francesco
gli dà la certezza che la ricchezza della parola di Cristo è inesauribile e che anche
nelle nuove generazioni possono apparire nuove luci. L’unicità di Cristo garantisce
anche novità e rinnovamento in tutti i periodi della storia”. Il
Papa non ha mancato di offrire una riflessione sull’“Itinerarium mentis in Deum”,
l’opera più nota di San Bonaventura, vero “manuale di contemplazione mistica” che,
è stata la sua esortazione, va approfondito in particolare dai direttori spirituali.
San Bonaventura, ha detto, ci rammenta che questo itinerario di comunione mistica
con Dio richiede da parte nostra una disciplina interiore fatta di giustizia, carità,
preghiera e meditazione. Al momento dei saluti, parlando ai pellegrini di lingua inglese,
il Papa ha definito “segni promettenti di pace” i recenti sviluppi nell’Irlanda del
Nord. Ed ha assicurato le sue preghiere affinché si consolidi la pace desiderata da
tutti. Parlando in italiano, il Pontefice ha rivolto un pensiero speciale ai fedeli
che portano la Fiaccola Benedettina della pace, proveniente quest’anno da Colonia,
dove è stata accesa dal cardinale Joachim Meisner. “Come simbolo di profondi valori
umani e cristiani – ha rilevato il Papa – essa sosta oggi presso le tombe degli Apostoli
per proseguire per Norcia”. Tale manifestazione, è stato il suo auspicio, “susciti
in tutti un generoso impegno di solidarietà e di pace”.
(Canti)
Prima
dell’udienza generale in Aula Paolo VI, il Papa aveva incontrato nella Basilica Vaticana
i fedeli che partecipano al pellegrinaggio promosso dalla “Fondazione Don Carlo Gnocchi”.
Il Papa si è soffermato sulla figura luminosa del sacerdote, “apostolo dei tempi moderni
e genio della carità cristiana”, che si dedicò “con ogni premura ai piccoli mutilati,
vittime della guerra nei quali scorgeva il volto di Dio”:
“In
questo Anno sacerdotale, ancora una volta la Chiesa guarda a lui come a un modello
da imitare. Il suo fulgido esempio sostenga l’impegno di quanti si dedicano al servizio
dei più deboli e susciti nei sacerdoti il vivo desiderio di riscoprire e rinvigorire
la consapevolezza dello straordinario dono di Grazia che il ministero ordinato rappresenta
per chi lo ha ricevuto, per la Chiesa intera e per il mondo”.