Rispetto e valorizzazione delle badanti: intervista con mons. Perego
Recentemente la Caritas Internationalis ha definito “schiave moderne” le assistenti
familiari, le cosiddette badanti, lanciando un appello alla comunità internazionale
a proteggere i loro diritti. Spesso sono sfruttate e vengono loro negati i diritti
dei quali godono gli altri lavoratori: non hanno assicurazioni sociali, sono sottoposte
a orari massacranti e sottopagate. Ma qual è la situazione delle badanti in Italia?
Fabio Colagrande lo ha chiesto mons. Giancarlo Perego, direttore generale
della Fondazione Migrantes:
R. – E’ un
tema che interessa sostanzialmente un milione di famiglie in Italia. Quindi, si tratta
di una persona nuova che è entrata in famiglia e sta cambiando anche la vita della
famiglia. E’ una risorsa in più, che ha bisogno, da una parte, di essere valorizzata,
ma dall’altra anche di essere accompagnata, proprio perché è all’interno di una situazione
di precarietà, essendo la persona che assiste una persona molto anziana. D.
– La scarsa considerazione sociale di cui gode questo lavoro, quello delle badanti,
è spesso un argomento di cui queste lavoratrici straniere si lamentano... R.
– C’è un primo tema che è molto importante, che è quello di giustizia retributiva.
Un secondo tema importante è quello che prevede la tutela di tutti quei tempi, che
sono i tempi di passaggio da un lavoro all’altro. Essendo un lavoro precario, alla
morte della persona anziana, tante volte la badante rimane senza casa oltre che senza
lavoro. Quindi, si tratta di costruire attorno alla persona badante un sistema di
protezione sociale, di accompagnamento, che possa tutelare i tempi morti, che diventino
tempi di formazione e di passaggio ad un altro lavoro. D. -
Alcuni enti locali, in collaborazione proprio con le diocesi, stanno creando dei corsi
di formazione. Ci si è resi conto che non è un lavoro che si può improvvisare assolutamente... R.
– Certamente, sono diversi gli aspetti di questa formazione necessaria: da una parte,
una formazione linguistica, che è un primo elemento importante per valorizzare questo
incontro fra una persona anziana, un disabile, e un’assistente familiare. Un secondo
elemento importante riguarda anche un’attenzione sul piano professionale a questo
tipo di lavoro, che chiede alcune competenze. Ma una terza attenzione importante è
anche quella di valorizzare molto alcuni aspetti sul piano culturale e sul piano religioso.
Molte badanti provengono dai Paesi dell’Est e sono di tradizione ortodossa e quindi
c’è una tradizione di preghiera che può essere valorizzata insieme fra una badante
e una persona anziana, quelle preghiere che da mille anni sono patrimonio comune. D.
– Quindi anche un’interessante possibilità in chiave ecumenica? R.
– Certamente, la famiglia sta diventando una famiglia dove si incontrano una badante
e un’anziana e un luogo quotidiano di ecumenismo, dove l’ecumenismo si costruisce
a partire soprattutto dalle relazioni, da un rispetto, da una capacità di cura, che
diventa veramente il valore aggiunto in questo incontro, che è un incontro tra esperienze
di vita ed esperienze religiose. D. – E di questa cura dal punto
di vista pastorale delle badanti, si occupano i 700 centri etnici che seguono pastoralmente
le singole comunità etniche, cattoliche e non solo, presenti in Italia. Un lavoro
di circa mille sacerdoti, responsabili di questi 700 centri etnici, che forse non
è abbastanza conosciuto a livello ecclesiale, ma è importantissimo... R.
– E’ importantissimo perché sono dei luoghi attraverso i quali si crea una nuova esperienza
di Chiesa, che valorizza la diversità e, al tempo stesso, questi centri diventano
anche luoghi di accompagnamento, di cura, di comunità cristiane, che diventano esperienze
importanti, che dalla famiglia cambiano anche la nostra Chiesa. (Montaggio
a cura di Maria Brigini)