Il vescovo di Jos sul massacro di 500 cristiani in Nigeria: "Terribile vendetta tribale"
C’è ancora tensione in Nigeria, nello stato di Plateau, teatro nei giorni scorsi di
violenze interetniche costate la vita a oltre 500 persone, in gran parte cristiani,
tra cui donne e bambini, uccisi a colpi di machete o bruciati vivi nelle loro case.
Nella zona sono intanto arrivate le truppe di Abuja con il compito di pattugliare
l’area mentre infuriano le polemiche proprio sul ritardo dei militari a intervenire.
Il vescovo di Jos, Ignatius Kaigama, che è anche co-presidente del Consiglio
nigeriano per il dialogo interreligioso - e quindi lavora a stretto contatto con i
leader musulmani del Paese - ha ribadito con forza che quanto accaduto è stata una
terribile vendetta a sfondo tribale: non ci sono dunque motivazioni religiose anche
se gli assalitori sono islamici e le vittime cristiane. Ma ascoltiamo il vescovo di
Jos al microfono di Irene Lagan:
R. – Abbiamo
una crisi terribile qui, nella periferia di Jos. E’ stata ammazzata gente inerme:
bambini, donne … è una situazione terribile! Noi stiamo facendo tutto il possibile
per ridare fiducia alla gente, per consolarli, per aiutare in qualsiasi modo. Io sto
partecipando ad una riunione convocata dal presidente della Nigeria: dobbiamo cercare
la radice di questa crisi; stiamo cercando di fare il possibile per riportare la giustizia
a Jos, una città il cui nome significa “città della pace”. Anni fa, questa era la
più bella città della Nigeria e la gente era felice. Purtroppo, con questa crisi,
le cose sono cambiate. Ma pian piano, a Dio piacendo, la pace tornerà. Sono
numerosi gli appelli alla calma lanciati dopo le violenze. L’Organizzazione della
Conferenza islamica (Oci) ha condannato quanto accaduto mentre Human Rights Watch,
organizzazione internazionale per la difesa dei diritti umani, ha chiesto massimo
impegno alla Nigeria perché i responsabili del massacro siano assicurati alla giustizia.
Una fotografia del conflitto interetnico in Nigeria viene scattata al microfono di
Fabio Colagrande da padreFranco Moretti,direttore della
rivista comboniana “Nigrizia”:
R. – Nella
fascia saheliana si scontrano due tipi di gruppi etnici: i sedentarizzati, che sono
gli agricoltori e che - con una percentuale più o meno elevata - sono diventati cristiani,
perché qui le missioni sono arrivate; e, al nord, i nomadi che tradizionalmente sono
musulmani. I nomadi si spingono sempre più verso sud in cerca di pascoli e gli agricoltori
ovviamente non vogliono che i loro campi vengano distrutti dalle grandi mandrie dei
popoli nomadi pastori. Gli scontri ci sono sempre stati. Il grave problema è che le
forze governative in questi Stati sono molto deboli e non hanno le risorse finanziarie
per poter portare avanti delle operazioni di sicurezza e, a volte, mancano anche di
personale. Il problema è, quindi, tutto lì. E’ secondario il fatto che i sedentarizzati
siano cristiani - in percentuale più o meno grande, perché non sono tutti cristiani,
ma ci sono anche i seguaci delle religioni tradizionali – e i pastori nomadi siano
musulmani. Quello religioso non è il vero motivo che porta allo scontro, ma si tratta
di questioni sociali, questioni economiche, questioni di giustizia. Questi scontri
cosiddetti etnici, e che molti giornali amano definire religiosi, avvengono - guarda
caso - sempre alla vigilia di appuntamenti elettorali. In effetti nella seconda parte
di quest’anno vedremo le elezioni locali dei governatorati, mentre all’inizio dell’anno
prossimo si terranno le elezioni presidenziali. La situazione politica della Nigeria
è molto critica. D. – Quindi, padre Moretti, un quadro politico
complicato, in cui c’è qualcuno che strumentalizza le etnie? R.
– Quando hai a disposizione masse di gente non povere ma misere, fai presto a sfruttarle
e a lanciarle l’una contro l’altra, facendo anche accadere dei massacri. Se ci fosse
più giustizia, più giusta distribuzione delle risorse… E’ la questione sociale, economica
e politica che, a volte, fa scattare queste follie che poi alcuni giornali amano presentare
come dovute alla religione.