Scontri in Nigeria: 500 morti. Mons. Onaiyekan: violenze etniche, non religiose
Un imponente schieramento di soldati presidia i villaggi dello Stato di Plateau, nella
parte centro settentrionale della Nigeria, teatro nelle ultime ore di violenti scontri
che hanno causato almeno 500 morti, secondo un bilancio ancora provvisorio. Le autorità
locali hanno arrestato 95 persone in relazione al massacro. Secondo le ricostruzioni
dei testimoni, i pastori nomadi di religione musulmana dell'etnia Fulani hanno lanciato
un attacco contro i villaggi di Dogo Nahawa, Ratsat e Zot, non distanti dalla capitale
dello Stato, Jos, e abitati in prevalenza da contadini di etnia Berom e di religione
cristiana. Ce ne parla mons. John Olorunfemi Onaiyekan, arcivescovo di Abuja,
raggiunto telefonicamente in Nigeria da Giada Aquilino:
R. – Persone
armate, pastori itineranti che seguono il loro bestiame, chiamati Fulani, hanno attaccato
il villaggio dell’etnia Berom, composta da agricoltori. Si tratta del classico conflitto
tra pastori e agricoltori, solo che i Fulani sono tutti musulmani e i Berom sono tutti
cristiani. Facilmente la stampa internazionale è portata a dire che sono i cristiani
e i musulmani ad uccidersi. Ma non è questo il caso, perché non si uccide a causa
della religione, ma per rivendicazioni sociali, economiche, tribali, culturali. Le
vittime sono povera gente che non sa, che non ha niente a che fare con tutto questo
e che non ha alcuna colpa. Dal punto di vista della Chiesa, continuiamo a lavorare
per promuovere buone relazioni fra cristiani e musulmani e cerchiamo anche di metterci
d’accordo nel tentare di domare la violenza e di impegnarci assieme per affrontare
i problemi concreti, politici ed etnici. Ci rattrista moltissimo che il governo, che
dovrebbe avere il compito di garantire la sicurezza di tutti i cittadini, sembri non
avere la capacità di farlo. Non è che non abbia la volontà di farlo, ma è un governo
molto debole.
D. – Secondo lei, perché a Jos ci sono
queste continue violenze? Non è la prima volta che si verificano tali tensioni...
R.
– Perché a Jos i due gruppi si mescolano. La rivalità su chi deve controllare il terreno
è molto più forte lì che altrove. Per esempio, i Fulani, che seguono il loro bestiame,
li troviamo dappertutto nella Nigeria, ma quando si trovano in altre zone non si dicono
padroni della terra. A Jos, invece, pretendono di esserlo. C’è anche un altro aspetto:
che i pastori musulmani Fulani sembra che abbiano sempre l’appoggio dei loro fratelli
del Nord della Nigeria.
D. – Potrebbero esserci dei
legami con il terrorismo internazionale?
R. – Non
credo, ma può anche essere che marginalmente ci siano alcuni che hanno qualche contatto;
ma in generale non credo che questa sia la realtà. La realtà certamente è che ci sono
tante armi che circolano dappertutto. Non dimentichiamo che più a Nord c’è il Darfur,
c’è la guerra del Ciad, il Sud Sudan. È molto facile trovare della gente che venga
a combattere solo per un pugno di dollari.
D. – Quali
sono le speranze della Chiesa?
R. – Preghiamo per
la pace, per il buon governo, per la verità. E preghiamo anche che la gente riconosca
che l’unico modo di sopravvivere in questo Paese è che ci si riconosca come fratelli
e cittadini dello stesso Paese.