2010-03-08 15:08:50

Scontri in Nigeria: 500 morti. Mons. Onaiyekan: violenze etniche, non religiose


Un imponente schieramento di soldati presidia i villaggi dello Stato di Plateau, nella parte centro settentrionale della Nigeria, teatro nelle ultime ore di violenti scontri che hanno causato almeno 500 morti, secondo un bilancio ancora provvisorio. Le autorità locali hanno arrestato 95 persone in relazione al massacro. Secondo le ricostruzioni dei testimoni, i pastori nomadi di religione musulmana dell'etnia Fulani hanno lanciato un attacco contro i villaggi di Dogo Nahawa, Ratsat e Zot, non distanti dalla capitale dello Stato, Jos, e abitati in prevalenza da contadini di etnia Berom e di religione cristiana. Ce ne parla mons. John Olorunfemi Onaiyekan, arcivescovo di Abuja, raggiunto telefonicamente in Nigeria da Giada Aquilino:RealAudioMP3

R. – Persone armate, pastori itineranti che seguono il loro bestiame, chiamati Fulani, hanno attaccato il villaggio dell’etnia Berom, composta da agricoltori. Si tratta del classico conflitto tra pastori e agricoltori, solo che i Fulani sono tutti musulmani e i Berom sono tutti cristiani. Facilmente la stampa internazionale è portata a dire che sono i cristiani e i musulmani ad uccidersi. Ma non è questo il caso, perché non si uccide a causa della religione, ma per rivendicazioni sociali, economiche, tribali, culturali. Le vittime sono povera gente che non sa, che non ha niente a che fare con tutto questo e che non ha alcuna colpa. Dal punto di vista della Chiesa, continuiamo a lavorare per promuovere buone relazioni fra cristiani e musulmani e cerchiamo anche di metterci d’accordo nel tentare di domare la violenza e di impegnarci assieme per affrontare i problemi concreti, politici ed etnici. Ci rattrista moltissimo che il governo, che dovrebbe avere il compito di garantire la sicurezza di tutti i cittadini, sembri non avere la capacità di farlo. Non è che non abbia la volontà di farlo, ma è un governo molto debole.

 
D. – Secondo lei, perché a Jos ci sono queste continue violenze? Non è la prima volta che si verificano tali tensioni...

 
R. – Perché a Jos i due gruppi si mescolano. La rivalità su chi deve controllare il terreno è molto più forte lì che altrove. Per esempio, i Fulani, che seguono il loro bestiame, li troviamo dappertutto nella Nigeria, ma quando si trovano in altre zone non si dicono padroni della terra. A Jos, invece, pretendono di esserlo. C’è anche un altro aspetto: che i pastori musulmani Fulani sembra che abbiano sempre l’appoggio dei loro fratelli del Nord della Nigeria.

 
D. – Potrebbero esserci dei legami con il terrorismo internazionale?

 
R. – Non credo, ma può anche essere che marginalmente ci siano alcuni che hanno qualche contatto; ma in generale non credo che questa sia la realtà. La realtà certamente è che ci sono tante armi che circolano dappertutto. Non dimentichiamo che più a Nord c’è il Darfur, c’è la guerra del Ciad, il Sud Sudan. È molto facile trovare della gente che venga a combattere solo per un pugno di dollari.

 
D. – Quali sono le speranze della Chiesa?

 
R. – Preghiamo per la pace, per il buon governo, per la verità. E preghiamo anche che la gente riconosca che l’unico modo di sopravvivere in questo Paese è che ci si riconosca come fratelli e cittadini dello stesso Paese.







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