Notte degli Oscar: miglior film "The Hurt Locker" sulla guerra in Iraq
Assegnati nella notte a Los Angeles, nel corso di una confusa cerimonia presentata
distrattamente da Steve Martin e Alec Baldwin, i Premi Oscar 2010: scelte assolutamente
non scontate che, volutamente ignorando il favorito Avatar, hanno privilegiato
la donna e la maternità, l’infanzia e la violenza, la società e la guerra. Un cinema
dai linguaggi poco convenzionali, meno soggetto al solo richiamo commerciale e più
attento ai contenuti, alla realtà, al nostro tempo. Il servizio di Luca Pellegrini:
Una notte
degli Oscar partita alla pari con nove candidature ciascuno tra il film super-campione
di spesa e d’incassi Avatar di James Cameron e The Hurt Locker, diretto dalla ex-moglie
Kathryn Bigelow, ambientato non sul lontano pianeta Pandora, ma a Baghdad, nel più
vicino Iraq. Il primo è il super grande sconfitto con soli tre Oscar nelle categorie
minori, mentre lei è la prima donna nella storia del cinema a vincere l’agognata statuetta
come regista, cui si è aggiunta anche quella per il miglior film. Una vittoria, dunque,
femminile, accolta con una standing ovation, per un film che racconta una guerra vera,
con morti veri e sangue vero, seguendo le giornate di una squadra speciale addetta
allo sminamento. Insomma, è il riconoscimento massimo per una donna di cinema che
è stata capace di raccontare la guerra con grande cura dell’analisi psicologica ed
empatia nel tratteggio emotivo. Poco amato dal grande pubblico e piuttosto ignorato
dalla critica, The Hurt Locker è stato, invece, segnalato da quella cattolica alla
Mostra del Cinema di Venezia nel 2008, dove ha ricevuto il Premio Signis e il premio
la Navicella - Venezia Cinema.
Altre violenze sono
quelle intime, nascoste e altrettanto socialmente devastanti, di Precious dell’afro-americano
Lee Daniels, titolo che ha vinto un meritato Oscar per la sceneggiatura non originale.
E’ la terribile storia di una ragazzina obesa di sedici anni violentata dal padre,
madre di un bambino down avuto da lui e sottoposta alle angherie di una madre aggressiva
e gelosa, ruolo quest’ultimo che ha fatto vincere all’attrice di colore Mo’Nique l’Oscar
come non protagonista. Un film sicuramente coraggioso e poco commerciale, come lo
è The Blinde Side con il quale Sandra Bullock ha vinto il suo primo Oscar come migliore
attrice protagonista, anche lei impegnata nel ruolo di una madre, ma questa volta
di grande caparbietà e coraggio. Qualità che non mancano al carismatico Jeff Bridges,
alla sua quinta nomination e finalmente Oscar come miglior attore protagonista per
Crazy Heart. E’ un cuore davvero pazzo quello del cantante country alcolizzato che
lui interpreta, mentre sul viale del tramonto inizia, grazie all’amore, un doloroso
e difficile percorso di redenzione.
Infine, c’è il
caso di Up della Disney che segna anch’esso una svolta. Per la prima volta, infatti,
un cartone animato affronta temi seri, ossia la sterilità di una sposa, la morte di
una persona cara, la solitudine di chi rimane. E’ un bellissimo film per l’infanzia,
che nella fantasia tridimensionale della favola pone anche ai piccoli una serie di
problemi inevitabili, quelli che punteggiano la vita man mano che si invecchia. Porta
così la filosofia nell’animazione, come ha affermato il suo creatore Pete Docter nel
prendere in mano la sua statuetta dorata, anch’essa questa volta assegnata dai membri
della famosa Academy, come tutte le altre, con una scelta singolare, per nulla scontata
e che onora il buon cinema.