2010-03-08 15:50:29

India: incontro sulle persecuzioni anticristiane


“Durante l’ultima ondata di violenza anticristiana, i fanatici indù hanno prima distrutto la chiesa del nostro villaggio, poi hanno bruciato completamente le case dei cristiani e distrutto col fuoco qualsiasi cosa ci fosse dentro. Quindi hanno iniziato a cercare noi cristiani per ucciderci. Per salvarci siamo dovuti fuggire nella foresta e fino alle colline e restare nascosti”. Lazara Digal, unico figlio del pastore cristiano Biswanath Digal del villaggio Ladapadar, nel distretto Kandhamal in Orissa, trucidato in quei giorni, ricorda l’orrore delle ultime violenze anticristiane e punta il dito contro le autorità assenti. 95 cristiani vittime di persecuzioni - riferisce l'agenzia AsiaNews - hanno partecipato la settimana scorsa al 5° Incontro sulla persecuzione nazionale, a Bangalore, organizzato dal Consiglio globale degli indiani cristiani (Gcic) con l’intervento di oltre 250 gruppi cristiani e non. Una speciale menzione è stata resa a Kaunri Digal, vedova del pastore ucciso. “Siamo rimasti nascosti per 10 giorni – prosegue Lazara Digal - senza cibo e sotto una pioggia battente. C’erano circa 20 famiglie, potevano solo piangere e pregare Dio. Dopo 10 giorni abbiamo saputo che erano arrivate le forze dell’ordine. Allora siamo tornati. La polizia ci ha assicurato che ci avrebbe protetti, se tornavamo al villaggio. Nelle case, nel villaggio non era rimasto nulla, nemmeno riso a sufficienza per sfamarci, nemmeno era possibile riprendere il normale lavoro. Così in molti abbiamo deciso di andare a Bhunaneswar o a Cuttack, per trovare lavoro e guadagnare di che vivere. Ma i nostri genitori sono rimasti al villaggio. Nel giugno scorso mio padre, il pastore Biswanath Digal, è stato attaccato da alcuni estremisti indù, colpito con bastori ed è morto dopo qualche giorno a casa di un parente perchè la nostra casa era stata distrutta nel corso delle violenze anticristiane. Per la perdita di mio padre, mia madre ha avuto una paralisi che non le permette di camminare". Sajan K. George, presidente Gcic, nel saluto ai partecipanti all’incontro di Bangalore ha ricordato come “il nostro Paese sia fondato sul riconoscimento che ogni essere umano ha diritti inalienabili per diritto di nascita. Ma le minoranze cristiane subiscono discriminazioni in ogni ambito. La Costituzione indiana garantisce la libertà religiosa. Ciò nonostante, nel 2009 ci sono state 177 brutali aggressioni contro i cristiani”. L’incontro si doveva concludere con una marcia di protesta fino al municipio di Bangalore, ma non è stata autorizzata. (R.P.)







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