2010-03-06 15:00:22

India: bloccata marcia cristiana a sostegno dei dalit


Nel Tamil Nadu, nel sud-est dell’India, è stata scandita da disordini e fermi una pacifica manifestazione organizzata ieri dai cattolici per sollevare l’attenzione dell'opinione pubblica sui dalit cristiani, i cosiddetti “fuori casta”, privati dei diritti più elementari. La polizia ha bloccato anche l’arcivescovo di Madras e Mylapore, Malayappan Chinnappa. Il servizio di Benedetta Capelli:RealAudioMP3

Doveva essere una giornata diversa, all’insegna della condivisone a sostegno della minoranza dei dalit cristiani. In centinaia si erano radunati a Chennai, capitale dello Stato meridionale del Tamil Nadu, per accogliere i cinquanta partecipanti alla “Lunga Marcia”, l’iniziativa che aveva preso il via il 10 febbraio scorso a Kanyakumari, estrema punta meridionale dell’India, per concludersi dopo 800 km proprio nella città culla della cristianità del Paese. Improvvisamente il clima della giornata è cambiato, la polizia ha proibito ai marciatori, ai religiosi e alla folla radunata – circa 15 mila persone - di entrare a Chennai; proibito anche l’incontro tra i partecipanti e le autorità civili alle quali gli organizzatori dovevano consegnare un memorandum sulla condizione dei dalit. Subito dopo, senza motivi apparenti, gli agenti hanno proceduto ad arresti indiscriminati, tra i fermati: mons. Malayappan Chinnappa, arcivescovo di Madras e Mylapore, mons. Anthonisamy Neethinathan, vescovo di Chingleput e mons. Peter Fernando, arcivescovo di Madurai. Il fermo è durato 4 ore poi gli arrestati sono stati rilasciati. Secondo il segretario della Commissione per i dalit della Conferenza episcopale cattolica indiana, padre Comon Arokiaraj, quanto accaduto è da considerarsi “repressione di Stato”. Il fatto – fanno sapere gli organizzatori – non fermerà la battaglia per l’equiparazione dei dalit cristiani a quelli di altre confessioni religiose, per mettere fine anche alla discriminazione nel campo del lavoro e dell’istruzione. Un’esclusione che collide – secondo l’arcivescovo di Chinappa – con il dettato costituzionale.
 
Sulla posizione dei vescovi indiani riguardo alle violenze anticristiane nel Paese il commento di Gerolamo Fazzini, direttore della rivista del Pime "Mondo e Missione", appena rientrato da un viaggio in India. L’intervista è di Fabio Colagrande:RealAudioMP3

R. – I vescovi da un lato esprimono allarme, preoccupazione per tutelare questa minoranza cristiana non come un "favore confessionale", ma come un riconoscimento del diritto alla libertà religiosa. Dall’altro, invitano a non farsi trascinare da un clima teso, da un clima arroventato col rischio poi di rispondere alla violenza con la violenza. E’ un clima subito avvelenato da motivazioni politiche e quindi non stiamo parlando di una guerra indù contro cristiani, ma stiamo parlando di un’esasperazione fondamentalista di alcuni settori che usano la religione induista per affermare l’idea che l’induità intesa come essenza dell’India corrisponde all’essere indù e che quindi non ci sia cittadinanza possibile per chi non fa parte della famiglia indù. Per cui c'è da lì anche quest’avversione contro i cristiani, contro gli stessi musulmani. Ripeto, però, che la percezione del clima nella gente è di tutt’altro segno, per fortuna. Il sentire comune di tanta parte della popolazione – che poi alla fine lavora insieme, cristiani, indù ed anche musulmani, perché c’è una consistente minoranza musulmana in India – lavora insieme attorno a tanti progetti concreti, a tante soluzioni concrete di problemi quotidiani.
 
D. – Quanto le persecuzioni e le discriminazioni subite dalle comunità cristiane in Iraq e in altri Paesi a maggioranza musulmana o anche in India devono, secondo lei, interrogare l’Occidente?
 
R. – Io partirei intanto da un dato, che è affermato da una fonte al di sopra di ogni sospetto, cioè l’Onu, che ha denunciato da qualche anno a questa parte proprio la discriminazione e anche la persecuzione a danno dei cristiani come minoranza più vulnerabile. I cristiani sono cioè in questo momento il vero “vaso di coccio” nel panorama internazionale. Questo appare come un dato abbastanza evidente e ripeto che lo attestano fonti insospettabili. Di fronte a questo fatto, ho la sensazione che si parli ancora troppo poco e soprattutto torno a dire che se ne parla troppo poco nei termini di un diritto fondamentale negato, un diritto umano fondamentale che viene negato. L’Occidente è molto sensibile al tema dei diritti umani ma, essendo comunque permeato di secolarismo e di una modernità che vuole fare a meno di Dio, dimentica il tema della libertà religiosa come diritto umano fondamentale. Di conseguenza, è assolutamente poco attento al tema delle persecuzioni anticristiane proprio per questa ragione di fondo, cioè di una visione che dimentica la questione della libertà religiosa come un tema cruciale.







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