2010-03-05 14:57:09

Violenza in Iraq: mille famiglie cristiane lasciano Mossul


“Oltre mille famiglie cristiane hanno lasciato Mossul negli ultimi dieci giorni, disperdendosi nel territorio circostante. Tutti questi sfollati interni è probabile che non parteciperanno alle elezioni, in quanto sono registrati a Mossul. Ma non c’è molto da fare: la gente è presa dalla paura e pensa alla sua incolumità”. E’ quanto dichiara all’agenzia Fides mons. Basile Georges Casmoussa, arcivescovo siro-cattolico di Mossul, in vista delle elezioni di domenica. L’arcivescovo spiega i motivi dell’esodo: “L’omicidio di 3 cristiani della stessa famiglia, avvenuto alcuni giorni fa (il padre e due fratelli di Mazen Ishoa, sacerdote siro cattolico di Mossul, uccisi il 23 febbraio), è stato un terribile evento in quanto i fedeli sono stati braccati e uccisi nella loro casa. L’evento ha creato scompiglio e terrore, per questo le famiglie fuggono. E' un periodo buio per noi cristiani in Iraq. I fedeli non vedono un futuro roseo. Non è ammissibile dover subire minacce ed essere costretti a lasciare le proprie case ogni volta che vi sono elezioni: così è accaduto due anni fa, così accade ora. Lo Stato dovrebbe garantire la sicurezza”. Mons. Casmoussa esprime poi la speranza “che dopo le elezioni si apra una nuova era per il Paese: che vi sia un governo nuovo in quanto a mentalità e lungimiranza, che si governi con spirito di unità e non di faziosità”. Un governo che “faccia rispettare e applicare la Costituzione, nell’osservanza della legge, garantendo lo Stato di diritto, senza discriminazioni”. “I cristiani - conclude il presule - vogliono avere una piena cittadinanza, e chiedono che siano tutelati e garantiti per tutti i cittadini iracheni i diritti umani, i diritti civili, sociali, economici e politici”. Intanto, già una parte dell’elettorato iracheno – in tutto 19 milioni di aventi diritto - ha espresso il proprio voto per le elezioni politiche. Si è trattato dei militari, degli addetti ai settori carcerario e sanitario e dei malati ricoverati negli ospedali. Oggi è la volta degli iracheni all’estero. Di Iraq oggi si è discusso anche a Londra: il premier britannico Brown ha infatti deposto davanti alla commissione d'inchiesta sulla guerra nel Paese del Golfo, difendendo la scelta di partecipare alla missione internazionale. Intanto sul terreno oggi la situazione è più tranquilla dopo l’ondata di attacchi che hanno colpito Baghdad e Baquba. Al microfono di Fabio Colagrande, Lorenzo Cremonesi, inviato speciale del Corriere della Sera, racconta quanto sta accadendo a Mossul, teatro di recenti violenze anti-cristiane:RealAudioMP3

R. – Mossul è una delle città più colpite dal terrorismo, dalla violenza, dagli attentati negli ultimi due o tre anni e tra gli obiettivi ci sono senz’altro i cristiani. C’erano 1900 famiglie cristiane ancora residenti nella città. Non dimentichiamo che l’Iraq è da anni terra di emigrazione per la comunità cristiana che vi risiede, che è poi una delle comunità cristiane più antiche se non la più antica del Medio Oriente. Loro dicono: “Noi siamo i veri iracheni, ben prima dei musulmani”. Si sentono quindi parte integrante di questo Paese, della sua identità e della sua storia e molte di queste famiglie erano fuggite da Baghdad dopo il 2003, quando nel 2004 cominciò l’ondata di attentati contro le Chiese, le istituzioni cristiane. Molti di loro erano quindi già fuggiti ed avevano trovato rifugio a Mossul, a Karakosh e ad Alkosh, tutti questi villaggi nella zona protetta di Ninive, che è storicamente una delle culle del cristianesimo della regione. Negli ultimi dieci giorni c’è stata una nuova ondata di attacchi e questo ha scatenato una nuova fuga, proprio recentissima. Quindi, alla storia di fuga e di paura che già c’era a Mossul se ne è innescata una nuova dovuta a vari fattori, tra i quali il più importante direi che è l’approssimarsi delle elezioni politiche. Mi dicevano che di queste 1800 famiglie residenti ne sarebbero scappate circa un migliaio, alcune pensando di rientrare ma molte addirittura determinate a non tornare più a Mossul.

 
D. – Anche perché le autorità civili locali sembrano del tutto incapaci di tutelare la sicurezza dei cristiani...

 
R. – Questa è una delle accuse che i leader cristiani membri del Parlamento – ce ne sono due per la comunità cristiana – e naturalmente i membri del clero fanno all’autorità irachena e alla polizia: membri dei gruppi terroristici, dei gruppi estremisti riescono a farsi arruolare nei ranghi della polizia e quindi usano poi la loro autorità per attaccare i cristiani.

 
D. – Le violenze divampano in questa vigilia elettorale...

 
R. – Questo è un copione ben previsto del vice ministro degli Interni, che dopo l’attentato di Baquba lo ha ripetuto: con l’approssimarsi delle elezioni questi gruppi che si oppongono alla presenza occidentale, alla democrazia e al processo democratico – e lo dicono anche apertamente – colpiscono Baghdad che è la capitale, colpiscono dove possono, hanno colpito Adiala che è una delle regioni, con Mossul, più destabilizzate e lo faranno ancora. Io insisto su questo elemento anche positivo: in qualche modo qui c’è un processo democratico visibile, più visibile che non il voto del 2005. (Montaggio a cura di Maria Brigini)







All the contents on this site are copyrighted ©.