Benedetto XVI su San Bonaventura: la Chiesa segua il suo ideale di vita casta,
povera e obbediente. Appello in favore degli zingari
La Chiesa adotti uno stile di vita casto, povero e obbediente: è quanto affermato
da Benedetto XVI nell’udienza generale in Aula Paolo VI, davanti ad ottomila fedeli.
Il Papa ha dedicato la sua catechesi a San Bonaventura di Bagnoregio, dottore della
Chiesa, che seppe armonizzare la spiritualità francescana con la riflessione teologica.
Al momento dei saluti, il Papa ha ricordato la figura di Chopin, di cui ricorre il
bicentenario della nascita, ed ha esortato le Chiese locali ad impegnarsi con sempre
più efficacia in favore degli Zingari. Il servizio di Alessandro Gisotti:
“Uomo
buono, affabile, pio e misericordioso, colmo di virtù, amato da Dio e dagli uomini”:
Benedetto XVI prende a prestito le parole di un antico elogio pontificio per offrire
un ritratto di San Bonaventura da Bagnoregio. Un “uomo di azione e contemplazione”,
ha sottolineato il Papa, che contribuì alla composizione di un’“armonia tra fede e
cultura”. Quindi, ha ricordato il suo recente pellegrinaggio a Bagnoregio ed ha confidato
ai fedeli il suo amore per San Bonaventura, fin dagli anni giovanili:
“Vi
confido che, nel proporvi questo argomento, avverto una certa nostalgia, perché ripenso
alle ricerche che, da giovane studioso, ho condotto proprio su questo autore, a me
particolarmente caro. La sua conoscenza ha inciso non poco nella mia formazione”. Benedetto
XVI ha quindi ripercorso la straordinaria parabola umana di San Bonaventura, al secolo
Giovanni da Fidanza. Un episodio accaduto quando era ragazzo, ha rammentato il Papa,
lo segnò profondamente. In fin di vita per una grave malattia, viene salvato grazie
a San Francesco d’Assisi a cui la madre aveva chiesto un’intercessione. Giovanni si
interroga dunque sulla sua vita e “affascinato dalla testimonianza di fervore e radicalità
evangelica dei Frati Minori”, viene accolto nella grande famiglia dei discepoli di
Francesco. Il Papa ha quindi richiamato le parole dello stesso San Bonaventura sulle
ragioni della sua scelta:
“Scriveva così in una
lettera indirizzata ad un altro frate: “Confesso davanti a Dio che la ragione che
mi ha fatto amare di più la vita del beato Francesco è che essa assomiglia agli inizi
e alla crescita della Chiesa. La Chiesa cominciò con semplici pescatori, e si arricchì
in seguito di dottori molto illustri e sapienti; la religione del beato Francesco
non è stata stabilita dalla prudenza degli uomini, ma da Cristo”. Nel
1243, Giovanni veste il saio francescano e assume il nome di Bonaventura. Inizia così,
a Parigi, anche i suoi studi di teologia. Matura negli anni una “propria riflessione
personale e una sensibilità spirituale di grande valore” e, così, ha detto il Papa,
“diventa uno dei teologi più importanti della storia della Chiesa”. Sottolinea in
particolare il titolo della tesi che egli difese “per essere abilitato all’insegnamento
della teologia”: “Questioni sulla conoscenza di Cristo”:
“Questo
argomento mostra il ruolo centrale che Cristo ebbe sempre nella vita e nell’insegnamento
di Bonaventura. Possiamo dire senz’altro che tutto il suo pensiero fu profondamente
cristocentrico”. Negli anni in
cui San Bonaventura era a Parigi, ha rammentato il Papa, si contestava ai francescani
e ai domenicani di insegnare nell’università, mettendo “in dubbio persino l’autenticità
della loro vita consacrata”. In realtà, è stata la sua riflessione, i cambiamenti
introdotti dagli Ordini Mendicanti “nel modo di intendere la vita religiosa” erano
“talmente innovativi che non tutti riuscivano a comprenderli”. Si aggiungevano poi
come a volte accade, “anche tra persone sinceramente religiose, motivi di debolezza
umana come l’invidia e la gelosia”. Bonaventura si occupa della questione nell’opera
“La perfezione evangelica” in cui dimostra che gli Ordini Mendicanti, “praticando
i voti di povertà, di castità e di obbedienza, seguivano i consigli del Vangelo stesso”.
Un insegnamento sempre attuale:
“La Chiesa è resa
più luminosa e bella dalla fedeltà alla vocazione di quei suoi figli e di quelle sue
figlie che non solo mettono in pratica i precetti evangelici ma, per la grazia di
Dio, sono chiamati ad osservarne i consigli e testimoniano così, con il loro stile
di vita povero, casto e obbediente, che il Vangelo è sorgente di gioia e di perfezione”. San
Bonaventura sarà anche Ministro generale dell’Ordine dei Frati Minori per 17 anni.
Un incarico, ha affermato il Papa, svolto con “saggezza e dedizione”, intervenendo
“talvolta con una certa severità per eliminare gli abusi”. Per evitare il pericolo
di una frattura interna, fu dunque ratificato un testo di Bonaventura in cui “si unificavano
le norme che regolavano la vita quotidiana dei Frati Minori”:
“Bonaventura
intuiva, tuttavia, che le disposizioni legislative, per quanto ispirate a saggezza
e moderazione, non erano sufficienti ad assicurare la comunione dello spirito e dei
cuori. Bisognava condividere gli stessi ideali e le stesse motivazioni”. Per
questo motivo, Bonaventura volle presentare “l’autentico carisma di Francesco, la
sua vita ed il suo insegnamento”. Ascoltò con attenzione i ricordi di coloro che avevano
conosciuto direttamente Francesco e ne nacque una biografia del Santo di Assisi. Qual
è dunque l’immagine di San Francesco che “emerge dal cuore e dalla penna del suo figlio
devoto e successore, san Bonaventura?”:
“Francesco
è un alter Christus, un uomo che ha cercato appassionatamente Cristo. Nell’amore che
spinge all’imitazione, egli si è conformato interamente a Lui. Bonaventura additava
questo ideale vivo a tutti i seguaci di Francesco. Questo ideale, valido per ogni
cristiano, ieri, oggi, sempre, è stato indicato come programma anche per la Chiesa
del Terzo Millennio dal mio Venerabile Predecessore Giovanni Paolo II”. Un
programma che si incentra in Cristo stesso “da conoscere, amare, imitare, per vivere
in lui la vita trinitaria, e trasformare con lui la storia fino al suo compimento
nella Gerusalemme celeste”. Al momento dei saluti, parlando ai pellegrini venuti dalla
Polonia, il Papa ha ricordato il famosissimo compositore polacco Chopin, di cui ricorre
in questi giorni il bicentenario della sua nascita. La sua musica, “che ha portato
grande contributo alla cultura dell’Europa e del mondo”, è stato il suo auspicio,
“avvicini a Dio coloro che l’ascoltano e aiuti a scoprire la profondità dello spirito
dell’uomo”. Quindi, parlando ai pellegrini italiani, ha rivolto un saluto speciale
ai partecipanti all’Incontro in Vaticano della Pastorale degli Zingari. Dal Pontefice,
l’auspicio che “le Chiese locali sappiano operare insieme per un impegno sempre più
efficace in favore degli Zingari”.