2010-02-27 09:52:18

Mons. Marchetto: la Chiesa dalla parte degli zingari contro razzismo e discriminazioni


“Sollecitudine della Chiesa verso gli Zingari: situazione e prospettive”: è il tema dell’Incontro dei direttori nazionali della Pastorale degli zingari in Europa che si terrà a Roma, a Palazzo San Calisto, dal 2 al 4 marzo prossimi. Per una riflessione sugli obiettivi che ci si prefigge con questo incontro, Fabio Colagrande ha intervistato l'arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti:RealAudioMP3

R. - Innanzitutto vorrei sottolineare la situazione di estrema povertà in cui versano milioni di Zingari in Europa, che è aggravata anche dal clima di tensione e di ostilità che esiste nei loro confronti. Certo, non in tutti i Paesi espressioni di antiziganismo, razzismo e xenofobia si registrano con la stessa forza, tuttavia persistono dappertutto. Ebbene la Chiesa ha l’obbligo di adoperarsi per la difesa della loro dignità e dei loro diritti, rammentando nel contempo agli Zingari i loro doveri civili. In questa riunione esamineremo la situazione dei vari Paesi anche dal punto di vista pastorale, sottolineandone sfide e opportunità. Si cercherà poi di evidenziare le priorità e formulare proposte per un lavoro più efficace e coordinato tra le Chiese locali europee e i vari Organismi ecclesiali, e non, che si prodigano a favore degli Zingari. Inoltre cercheremo approcci idonei per far sì che la Chiesa sia meglio accolta dalle loro comunità.

 
D. - Il tema della Riunione è “Sollecitudine della Chiesa verso gli Zingari: situazione e prospettive”. In che modo la Chiesa mostra per loro attenzione particolare?

 
R. - La Chiesa si fa presente tra gli Zingari con una pastorale specifica, che tiene conto delle loro peculiarità culturali e rispetta la loro identità e diversità, come richiesto dal Concilio Ecumenico Vaticano II. In quasi tutti i Paesi europei esistono apposite strutture e uffici, ove operano sacerdoti e agenti pastorali per assicurare un’efficace e adeguata assistenza spirituale. Il loro numero varia da Paese a Paese. In Francia, per esempio, che ha una storia antica di tale pastorale, ci sono oltre 100 operatori, tra cui due sacerdoti, diaconi permanenti, accoliti e lettori di etnia Manouche. Molti di essi condividono il modo di vivere degli Zingari, accettando di risiedere nei campi e nelle roulotte, e creando le cosiddette “comunità-ponte”. Così si è partecipi delle sofferenze e preoccupazioni quotidiane degli Zingari, creandosi legami di solidarietà e comunione fraterna. Un’altra espressione concreta dell’attenzione ecclesiale per gli Zingari sono le numerose Congregazioni e gli Istituti religiosi impegnati nell’evangelizzazione e in attività volte al loro sviluppo integrale. Risulta efficace anche l’opera dei sacerdoti, religiosi, religiose e diaconi (sono oltre cento nel mondo) che provengono da etnie zingare. C’è da ricordare che esistono pure Organizzazioni internazionali che si schierano a fianco degli Zingari nella difesa dei loro diritti e nella loro promozione sociale, culturale e religiosa.

 
D. - Il fatto che il 2010 sia stato proclamato “L’Anno europeo della lotta alla povertà e all’esclusione sociale”, secondo Lei, che cosa potrebbe rappresentare per la vita di Rom, Sinti e altri gruppi zingari?

 
R. - Il numero degli Zingari in Europa si aggira attorno ai 12 - 14 milioni. Di questi la maggioranza vive - come ho già detto - in condizioni di grande povertà, non avendo accesso a fondamentali risorse quali l’acqua potabile, il nutrimento, l’alloggio e l’assistenza sanitaria. La povertà e la discriminazione a loro volta fanno sì che moltissimi Zingari siano esclusi dagli ambiti del lavoro e della politica, dai sistemi educativi e dai processi decisionali anche per ciò che li riguarda. Molte azioni e progetti da parte degli Stati sono già in corso e altri speriamo saranno avviati per farli uscire da questo isolamento, di cui anch’essi sono responsabili. È necessario comunque tener presente quanto ci chiede Papa Benedetto XVI nell’enciclica “Caritas in veritate”, e cioè di essere attenti che le azioni, i progetti e le iniziative non umilino i poveri, in questo caso gli zingari. Poiché spesso ci si dimentica che sono persone come noi, con la loro dignità. Occorrono gesti di carità e cammini di apertura reciproca. Auspico che tutte le iniziative a favore di Rom, Sinti e altri gruppi zingari siano a ‘lungo termine’, cioè non cessino con la chiusura dell’Anno europeo, ma continuino fino all’effettiva loro inclusione nella vita sociale e civile.

 
D. - Il programma prevede un dibattito sulle “proposte per incrementare dialogo e collaborazione intra ed extra ecclesiali”. Perché si dà tanta importanza a questo aspetto?

 
R. - Dialogo e collaborazione sono due pilastri a sostegno di ogni azione d’insieme e quindi sono molto importanti nel lavoro pastorale. Gli Zingari, per la maggior parte, sono emarginati dalla società civile e, di conseguenza, sono anche esclusi facilmente dalle comunità parrocchiali del luogo in cui si trovano. C’è bisogno dunque di una pastorale specifica. Purtroppo non tutti i Vescovi e i Parroci avvertono questa urgenza. Il nostro scopo è cercare modi e vie per favorire una maggiore disponibilità e un effettivo coinvolgimento delle Chiese locali, delle Diocesi e delle parrocchie nella pastorale degli Zingari, incoraggiando collaborazione e condivisione tra loro. Ci sono diocesi, infatti, che sono riuscite a creare commissioni composte da rappresentanti zingari ed autoctoni. Altre sono riuscite a stabilire rapporti di fraternità e a intraprendere cammini collettivi di cooperazione e di comunione. Alcune Chiese e diocesi hanno sviluppato progetti e percorsi che coinvolgono gli Zingari e ne richiedono una presa di consapevolezza e maggiore responsabilità. Una diocesi, per esempio, ha aperto uno “Sportello Rom e Sinti”, con funzione di segretariato sociale, dove si offre loro la possibilità di accedere agli sportelli del microcredito. E non si tratta di un puro assistenzialismo, ma di strategie in cui Rom e Sinti diventano protagonisti, e questo protagonismo sta nel loro DNA. Si spera che la condivisione di queste esperienze aiuti a potenziare l’impegno pastorale delle Chiese locali e dei movimenti e delle associazioni ecclesiali.

 
R. - Rientra nei compiti della Chiesa anche contrastare i pregiudizi e gli atteggiamenti xenofobi che in alcuni Paesi, compresa l’Italia, sono frequenti nei confronti di Rom e Sinti?

 
D. - Decisamente sì. La Chiesa, come ci ha ricordato anche recentemente Papa Benedetto XVI nella Caritas in veritate, “ha una missione di verità da compiere, in ogni tempo ed evenienza, in vista di una società a misura dell'uomo, della sua dignità, della sua vocazione”. I pregiudizi e gli atteggiamenti xenofobi sono contrari ai diritti umani e pregiudicano la pacifica convivenza nella società civile. Per noi cristiani inoltre manifestano mancanza di carità e di giustizia nei confronti dell’altro, pur diverso da noi e magari carente o colpevole. Queste forme di diffidenza, poi, sono sintomi di una povertà spirituale che la Chiesa cattolica deve denunciare ed aiutare a superare. Da qui l’esortazione di Papa Benedetto, e di altri Pontefici prima di lui, ad includere nella pastorale pure l’esercizio dell’advocacy in difesa dei diritti umani. A questo proposito abbiamo una dottrina sociale, che fa parte della morale cattolica, la quale è in ascolto specialmente dei più deboli e difende coloro che soffrono altresì a causa di discriminazioni e emarginazioni. Tuttavia la Chiesa ammonisce anche coloro che giustamente rivendicano i propri diritti, affinché non dimentichino pure i propri doveri, perché se così fosse si corre il pericolo di “costruire con una mano e distruggere con l’altra” (Giovanni XXIII, Pacem in terris).







All the contents on this site are copyrighted ©.