Google condannata per un video: critiche da Reporter sans Frontières
Ha fatto il giro del mondo la notizia della condanna da parte dei giudici di Milano
di tre dirigenti di Google accusati di aver violato la legge sul trattamento dei dati
personali pubblicando il video di un bambino disabile oggetto di violenza. “Accuse
ridicole” si commenta dagli Usa ricordando che il video è stato immediatamente oscurato.
Critiche da Reporter sans Frontières che definisce la sentenza “un grave colpo alla
libertà di espressione”. Da più parti si sottolinea che sarebbe stato più opportuno
colpire direttamente gli autori del filmato. Ma questo è sempre possibile? Paolo
Ondarza lo ha chiesto a Paolo Mazzà, docente di diritto della comunicazione
all’Università Lumsa di Roma:
R. – Diciamo
che questa, più che un’impossibilità astratta, è semmai un’impossibilità concreta.
Cioè, ci possono essere difficoltà obiettive di individuazione del responsabile –
immaginiamo anche le varie truffe telematiche – e soprattutto di applicazioni di sanzioni
nei loro confronti. Quando il video-shock fosse arrivato da una regione sperduta del
continente, probabilmente sarebbe stato impossibile andare ad individuare chi lo aveva
immesso in rete.
D. – Si pone comunque all’attenzione
il problema dei limiti che devono essere posti ai provider, alla rete, a internet
…
R. – Nel nostro ordinamento – parlo della legge
italiana – tutte le testate giornalistiche cartacee hanno un direttore responsabile.
Il direttore responsabile è colui che deve sorvegliare sulla singola testata affinché
non vengano commessi reati a suo mezzo. Qui però si pone il problema: non possiamo
materialmente immaginare un soggetto che si svegli ogni mattina e clicchi tutte le
pagine che passano nelle maglie anche soltanto di un singolo provider.
D.
– Qualora ci fosse, questo garante, a livello nazionale, certo il suo intervento non
riguarderebbe l’ambito globale della rete, ma solo quello dell’Italia, nel caso specifico
…
R. – Non sarebbe possibile – e non sarebbe neanche
concepibile – che l’Italia dettasse regole mondiali, cioè che si applicassero fuori
dei confini nazionali; e d’altra parte, non esiste ancora oggi una autorità che possa
imporre regole che valgano per tutti i provider, indipendentemente dalla loro localizzazione.
D.
– Questa sentenza offre comunque l’occasione di ripensare, forse, la rete? C’è chi
sostiene che la rete è uno strumento eccezionale di libertà ma la rete è spesso accusata
anche di essere un far-west, perché manca una norma …
R.
– La rete è un po’ come la piazza. Io ho l’impressione che dobbiamo accontentarci
necessariamente e obbligatoriamente di quelle disposizioni che puniscono colui che
immette in rete un certo messaggio, colui che manifesta un pensiero illecito o riprovevole;
ma non pensare di chiudere la piazza, sottoporla ad una sorta di controllo di polizia
…