2010-02-24 14:54:30

Documento Cei per un Paese solidale: spezzare il legame tra mafia e politica che paralizza il Sud


“Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno” è il documento diffuso ieri dalla Conferenza Episcopale Italiana. I vescovi passano in rassegna i problemi che affliggono il Sud a partire dalla mafia, la povertà e l’immigrazione. L’appello della Cei è di rilanciare politiche di intervento soprattutto per il Mezzogiorno attraverso un’ottica solidale, spezzando il legame tra mafia e politica. Ce ne parla Benedetta Capelli:RealAudioMP3

“Il bene comune è molto più della somma del bene delle singole parti” è da questa affermazione che i vescovi italiani rilanciano la questione meridionale che continua a perdurare nonostante siano passati 20 anni dal documento “Sviluppo nella solidarietà. Chiesa italiana e Mezzogiorno”. “La questione in sé è in realtà un modo – evidenzia il documento della Cei - per dire una parola incisiva sull’Italia di oggi” attraversata da una crisi economica che i vescovi definiscono “travagliata”. Tutti “fattori”, questi, che per la Cei “si coniugano con una trasformazione politico-istituzionale, che ha nel federalismo un punto nevralgico”. Ma attenzione, il federalismo – se non è solidale, realistico e unitario - potrebbe costituire una sconfitta per tutti perché accentuerebbe le distanze tra le diverse parti d'Italia. Urgente è l’invito a “superare le inadeguatezze presenti nelle classi dirigenti” e rilanciare “la sempre valida visione regionalistica di don Luigi Sturzo e di Aldo Moro”. Critiche arrivano dai presuli verso ogni riduzione economicistica specie se intesa unicamente come “politica delle opere pubbliche”. Di qui la necessità di “ripensare e rilanciare le politiche di intervento” a favore del Sud, per generare “iniziative di sviluppo”.

 
Il fenomeno delle “ecomafie” e la “questione ecologica”, la “fragilità del territorio” e la “massiccia immigrazione” che ne ha fatto il “primo approdo della speranza per migliaia di immigrati”: queste le “vecchie e nuove emergenze” del Mezzogiorno, che per i vescovi può diventare un “laboratorio ecclesiale” in materia di “accoglienza, soccorso e ospitalità”, ma anche di dialogo interreligioso con immigrati e profughi. La mafia è un punto nodale di questo documento, viene definita una delle “piaghe più profonde e durature” del Sud. Un vero e proprio “cancro” che ha ramificazioni in tutto il Paese. Veleno per la vita sociale, la mente e il cuore dei giovani, “struttura di peccato”. “La criminalità organizzata – il monito dei vescovi – non può e non deve dettare i tempi e i ritmi dell’economia e della politica meridionali”. "Non è possibile – aggiungono - mobilitare il Sud senza che esso si liberi da quelle catene che non gli permettono di sprigionare le proprie energie". Si denuncia così anche l’esclusione dell’autorità dello Stato e degli enti pubblici, che favoriscono l'incremento della corruzione, della collusione e della concussione e il condizionamento del mercato del lavoro. Don Pino Puglisi, don Giuseppe Diana e il giudice Rosario Livatino sono gli esempi citati dai vescovi – “luminose testimonianze” per dimostrare che una strada nuova è possibile. “Bisogna osare il coraggio della speranza!” è l’invito finale del documento, caratterizzato “nonostante tutto” da “uno sguardo fiducioso”, che sappia “ricercare il bene comune senza cedere a paure ed egoismi”.







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