Il primo atto di giustizia è riconoscere la propria iniquità. Solo in Cristo l'uomo
torna ad essere giusto: così il Papa alla Messa per il Mercoledì delle Ceneri
“Il primo atto di giustizia è riconoscere la propria iniquità". L'uomo può tornare
ad essere giusto solo grazie alla giustizia di Dio svelata in Cristo. Così in sintesi
il Papa ieri pomeriggio durante la Messa con il rito di benedizione e imposizione
delle ceneri nella basilica di santa Sabina sull’Aventino. “Iniziando una nuova Quaresima-
ha detto - la Chiesa indica la conversione personale e comunitaria quale unica via
per formare società più giuste, dove tutti possano avere il necessario per vivere
secondo la dignità umana”. La celebrazione è stata preceduta da una processione partita
dalla Basilica di sant’Anselmo. Il servizio è di Paolo Ondarza:
Riconoscere
che l’iniquità è radicata nel cuore, nel centro stesso della persona umana. E’questo
il primo atto di giustizia. Benedetto XVI lo ha indicato celebrando il mercoledì delle
ceneri, inizio del cammino Quaresimale. Anche ai nostri giorni – ha proseguito il
Santo Padre - l’umanità ha bisogno di sperare in un mondo più giusto, di credere che
esso sia possibile, malgrado le delusioni che vengono dalle esperienze quotidiane.
“Nel sacrificio di Cristo, morto e risorto per la salvezza dell’uomo, si dischiude
la giustizia divina profondamente diversa e più grande di quella umana perché basata
sull’amore e sul perdono. “I digiuni, i pianti, i lamenti ed ogni espressione penitenziale
– ha detto il Papa - hanno valore agli occhi di Dio solo se sono segno di cuori sinceramente
pentiti”.
“La vera ‘ricompensa’ non è l’ammirazione
degli altri, ma l’amicizia con Dio e la grazia che ne deriva, una grazia che dona
pace e forza di compiere il bene, di amare anche chi non lo merita, di perdonare chi
ci ha offeso”. I quaranta giorni
vissuti da Cristo nel deserto – ha proseguito Benedetto XVI – indicano all’uomo come
vivere la Quaresima: in totale abbandono nella Volontà del Padre. “Inoltrarsi nel
deserto” infatti – ha spiegato il Papa:
“Significava
esporsi volontariamente agli assalti del nemico, il tentatore che ha fatto cadere
Adamo e per la cui invidia la morte è entrata nel mondo; significava ingaggiare con
lui la battaglia in campo aperto, sfidarlo senza altre armi che la fiducia sconfinata
nell’amore onnipotente del Padre. Mi basta il tuo amore, mi cibo della tua volontà”. “Non
fu un atto di orgoglio, un’impresa titanica – ha detto Benedetto XVI - ma una scelta
di umiltà”. Anche l’uomo è chiamato ad attraversare il deserto quaresimale per partecipare
alla Pasqua nella profonda certezza di essere stato preceduto da Cristo, vincitore
della morte. In questa ottica è possibile comprendere il segno penitenziale delle
ceneri imposte sul capo:
“E’ essenzialmente un
gesto di umiltà, che significa: mi riconosco per quello che sono, una creatura fragile,
fatta di terra e destinata alla terra, ma anche fatta ad immagine di Dio e destinata
a Lui. Polvere, sì, ma amata, plasmata dal suo amore, animata dal suo soffio vitale,
capace di riconoscere la sua voce e di rispondergli; libera e, per questo, capace
anche di disobbedirgli, cedendo alla tentazione dell’orgoglio e dell’autosufficienza.
Ecco il peccato, malattia mortale entrata ben presto ad inquinare la terra benedetta
che è l’essere umano. Creato ad immagine del Santo e del Giusto, l’uomo ha perduto
la propria innocenza ed ora può ritornare ad essere giusto solo grazie alla giustizia
di Dio”. L’uomo è chiamato a testimoniare
la giustizia di Dio, la sua indulgenza infinita, “animata da costante e universale
volontà di vita”. Perdonando l’uomo, infatti, – ha continuato il Papa – è come se
Dio dicesse: non voglio che tu muoia, ma che tu viva. Voglio sempre e soltanto il
tuo bene”.
La Quaresima – ha concluso Benedetto XVI
- allarga il nostro orizzonte, ci orienta verso la vita eterna. Ci fa capire che in
questa terra siamo pellegrini:
“Non abbiamo quaggiù
una città stabile, ma andiamo in cerca di quella futura. La Quaresima fa capire la
relatività dei beni di questa terra e così ci rende capaci per le rinunce necessarie,
liberi per fare il bene”.