2010-02-16 13:19:30

O l'economia è aperta alla persona o diventa disumana: una riflessione sulle parole del Papa all'ostello della Caritas di Roma


Riscoprire nella carità "la forza propulsiva dello sviluppo". L'invito di Benedetto XVI, lanciato domenica scorsa durante la sua visita all'ostello Caritas della Stazione Termini di Roma, hanno avuto un'eco persistente. Tuttavia, riuscire a coniugare questa indicazione del Pontefice con i criteri che regolano l'economia è possibile solo se - come ripete spesso il Papa - è la persona umana e non l'interesse ad essere posta al centro dei mercati e della finanza. Una convinzione che il prof. Luigino Bruni, docente di Economia politica all'Università di Milano-Bicocca, ribadisce al microfono di Fabio Colagrande:RealAudioMP3

R. – E’ nella persona che agisce, la carità. E’ nella persona, non è nelle strutture. Quindi, l’idea che se l’economia dimentica che l’elemento propulsore - ciò che cambia, ciò che innova e ciò che quindi diventa la misura della verità e della giustizia di un sistema economico - è la persona umana e non sono i capitali, non sono le istituzioni, non sono la finanza, eccetera, questa economia alla lunga esce dall’umano, non è più umana. Quindi, io credo che questo richiamo del Papa sia un appello che richiama l’economia al suo umanesimo, cioè: o l’economia è aperta alla carità, cioè all’amore pieno, totale, che ha portato il cristianesimo, oppure l’economia non va semplicemente in crisi: diventa disumana. E il Papa ci ricorda: si esce da questa crisi, da ogni crisi, con la carità, che è l’eccedente, che è il di più, che è la persona capace di andare oltre il dovuto per aprirsi alla gratuità.

 
D. – Citando il secondo capitolo della Caritas in veritate, il Papa ha ricordato: “La carità è il principio non solo delle micro-relazioni, ma anche delle macro-relazioni: rapporti sociali, economici, politici”. E’ una frase, questa, che è anche un appello alle istituzioni …

 
R. – Sicuramente. E’ un appello alle istituzioni ed è un appello alle persone che operano nelle istituzioni, perché se le macro-relazioni non sono aperte alla carità, sono semplicemente aperte a qualcosa che è contro di essa. In altre parole: non c’è nulla di neutro in economia. Se l’economia è luogo di vita umana, non è possibile immaginare un ambito dove si possa agire in modo neutrale dal punto di vista etico. O si è per la persona, o si è per la giustizia, o si è per l’ingiustizia e, ovviamente, per i soprusi. Quindi, questo invito che le macro-relazioni o sono improntate alla giustizia e alla carità o lo sono al non-amore e all’ingiustizia, è un messaggio di grande rilevanza per l’oggi.

 
D. – Professor Bruni, il Papa ha invitato a riscoprire le dimensioni del dono e della gratuità in un mondo nel quale sembra prevalere la logica del profitto e della ricerca del proprio interesse. Ma la logica del profitto è di per sé negativa, sempre?

 
R. – Assolutamente no. Intanto, va inteso bene che cos’è la gratuità, perché noi lo confondiamo oggi con “gratis”. La gratuità è un prezzo infinito, non è un prezzo zero, è qualcosa che ha un valore talmente alto che non può essere pagato con denaro, e quindi solo il dono può essere una risposta. La gratuità è un "come si agisce" in economia e nella vita, non un "che cosa si fa". E' il modo in cui vivo la vita economica che mi dice la gratuità e quindi non è da associare al regalo, non è da associare – dicevo prima – al termine “gratis”. Allora, non è vero che esiste una opposizione tra profitto e gratuità. Ovviamente, se il profitto viene inteso come il fine dell’economia, come lo scopo dell’azione economica, allora c’è un’opposizione, perché il profitto è un indicatore di efficienza, è un segnale di ricchezza prodotta, ma non può essere lo scopo ultimo. Se invece il profitto è una delle tante variabili dell’economia, è un indicatore di efficienza, allora perché no? Anzi: senza profitto c’è perdita, e un’economia che non crei profitti alla lunga distrugge la ricchezza e non penso che nessuno di noi voglia un’economia che distrugge ricchezza invece di crearla. Quindi, la gratuità è compatibile con il profitto, purché il profitto non sia l’unico fine dell’azione economica e sia un indicatore di qualcosa di più ampio che si chiama – appunto – “valore aggiunto”, “ricchezza”, “efficienza”. (Montaggio a cura di Maria Brigini)







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